Il film di Jim Jarmusch, per assonanza di titolo e affinità tematica e di genere, si trova a fare necessariamente i conti con il più grande documentario musicale (e non solo) di tutti i tempi. Gimme shelter, 1970, l’opera dei fratelli Maysles (Albert e David) che racconta il più incredibile concerto di tutti i tempi: nel ’69, ad Altamont, gli Stones diedero un concerto gratuito al quale si presentarono più di trecentomila persone e che culminò, come scrisse la stampa, “con quattro morti e quattro nascite”. Gimme danger è un’altra cosa. È un incontro fra un regista “rock” come Jim Jarmusch e la band più scandalosamente selvaggia della storia, Iggy Pop and the Stooges. Il risultato, purtroppo, è un documentario classico e un po’ fiacco.
Perché oltre a qualche bellissima sequenza animata, frutto del genio di Jarmusch, il resto della pellicola scorre come un documentario normale. Iggy seduto che racconta degli stooges, i membri ancora vivi della band che seduti parlano con il regista e un po’ di immagini e filmati di repertorio che scorrono sullo schermo. Iggy racconta la follia che ha animato la nascita e la breve vita della sua band, evidenziando certi particolari come il fatto che a volte avessero solo la musica e non le parole oppure solo quattro canzoni per l’uscita del primo album. Oltre alla storia principale della band, vengono accennati diversi episodi che sarebbero potuti essere incredibilmente interessanti: l’incontro con Nico, l’amicizia e la collaborazione con David Bowie e Brian Eno, il comportamento folle sul palco di Iggy. Niente di tutto questo ha una lo spazio che merita, al contrario, viene sempre schiacciato per fare posto alla meno interessante storia di una band che è durata solo qualche anno.
Ci saremmo aspettati qualche invenzione o qualche strappo alla regola in più. Soprattutto, in quanto il genere del regista americano non è il documentario, si sente l’incapacità di costruirne uno in modo corretto. Gli anni vengono descritti poco chiaramente e seguire un qualche filo logico diventa un’impresa per la maggior parte del film. Non sentiamo praticamente mai la voce di Jarmusch e quella di Iggy è, sorprendentemente, calma. Iggy è calmo. Sembra una favola, ma è così. Non commenta il suo passato o non racconta molti degli episodi che lo hanno fatto entrare nella leggenda, come quando si ferì col coltello sul palco, sanguinando copiosamente per tutto il concerto.
Gimme Danger, in conclusione, rimane una pellicola onesta, ma non all’altezza del duo che ne è protagonista. Dal regista di Dead man ci aspettiamo e vogliamo di più. In concomitanza alla scomparsa di Bowie e alla recente scomparsa di Reed, sarebbe stato doveroso includerli nel documentario. Anche perché, gli anni migliori di Iggy, quelli che gli hanno davvero salvato la vita, sono stati quelli della grande amicizia con il Duca bianco, Lou Reed e Brian Eno; gli ultimi anni ’70, nei quali ha prodotto i leggendari The idiot e Lust for life. Nota positiva: La musica non manca.
Gimme Danger – in anteprima le recensione del doc di Jarmusch su Iggy Pop
Arriva in sala per una release limitata, il 21 e 22 febbraio, il documentario di Jim Jarmusch sull'icona rock Iggy Pop e sui suoi anni con gli Stooges.