Se Twin Peaks ha appassionato negli anni milioni di persone in tutto mondo, generando negli ultimi mesi uno dei più grandi hype della storia della televisione per la sua terza stagione, gran parte lo si deve alla capacità di aver fondato un vero e proprio immaginario mitologico; David Lynch e Mark Frost sono stati capaci di scrivere e mettere in scena una delle narrazioni più enigmatiche e misteriose di sempre, infarcita di riferimenti filosofici, metafisici e simbolici. Proviamo ad analizzare quelli più importanti, tenendo conto di come spesso alcuni di questi concetti siano rintracciabili nella poetica, cinematografica e artistica, di David Lynch.
L’impianto onirico di Twin Peaks
“Era un sogno. Viviamo dentro un sogno.” Quando in Fire Walk With Me, il film prequel di Twin Peaks, l’agente dell’FBI Phillip Jeffries (David Bowie) pronuncia queste parole qualcuno avrà pensato di trovarsi di fronte all’ennesimo nonsense lynchiano. In realtà quelle parole svelano molto di più sull’essenza dell’universo di Twin Peaks, cominciando dal concetto di sogno e di viaggio onirico che spesso rappresentano, durante la narrazione, veri e propri portali necessari per quanto riguarda l’avanzamento del plot (senza i quali la storia non procederebbe). Il sogno per David Lynch è un elemento costante che ritroviamo in numerosi lavori del regista, dal suo cortometraggio The Grandmother fino al suo capolavoro per eccellenza, Mulholland Drive, dove realtà e inconscio finiscono per intrecciarsi inesorabilmente. “Vedo sempre più i film come separati da qualunque tipo di realtà. Sono piuttosto simili a fiabe o a sogni” dice Lynch in un’intervista. E aggiunge: “per me, non sono un modo per fare politica o un modo per insegnare qualcosa. Sono solo cose. È un altro mondo in cui scegli di entrare, se lo vuoi”.
La tranquilla (e illusoria) cittadina di Twin Peaks
Twin Peaks, dopotutto, è un sogno in cui abbiamo scelto di entrare, esattamente come abbiamo scelto di entrare all’interno dell’orecchio mozzato che Lynch ci fa vedere nella provincia americana di Velluto Blu. E’ una terra di passaggio, una proiezione ideale e metaforica. E coloro che ci vivono, nessuno escluso, sono involucri mascherati da esseri umani. Non a caso David Lynch e Mark Frost hanno caratterizzato i personaggi di Twin Peaks in maniera assurda e grottesca e, soprattutto nella prima stagione, sono come affetti da una schizofrenia molto ironica e a tratti indecifrabile. Si innamorano e si odiano, ridono e piangono, passano dal dramma alla commedia pura. E, oltre a questo, seguono appassionatamente in televisione Invito all’amore, una soap opera creata parallelamente dagli stessi autori che mostra, in modo caricaturale, i sentimenti purificati dalla messa in onda televisiva. Una serie nella serie, nient’altro che l’estrema presa di coscienza da parte degli stessi characters di Twin Peaks di vivere un’esistenza di falsa autenticità. Sono schiavi di desideri tanto puri e assoluti quanto posticci, sono vittime di una deresponsabilizzazione totale delle loro azioni. Il fatto che alcuni di loro, spesso e senza alcun motivo, comincino a danzare e a cantare i tormentoni dei musical anni ‘40 è un altro segno della loro totale natura di marionette, di corpi posseduti i cui fili sono mossi da deus ex machina. E’ anche un modo per dire allo spettatore che ciò che sta ammirando è una realtà filtrata che depista le vere intenzioni di chi la vive (ma anche di chi la guarda), un’illusione utile non tanto al racconto quanto alla trasfigurazione di esso.
Giganti e nani: la fenomenologia degli spiriti
Il mondo di Twin Peaks è dunque un palcoscenico di corpi svuotati, ma questo a Lynch non basta perché, per animare quei corpi, c’è bisogno di qualcosa di metafisico e di ultraterreno. Ed ecco che la fenomenologia degli spiriti entra nel grande scacchiere dei personaggi di Twin Peaks. Il nano, il gigante, la signora Tremond, suo nipote Pierre, l’uomo senza un braccio, BOB. Gli spiriti di Twin Peaks varcano il loro mondo ultraterreno per muovere i fili delle marionette-uomini. Passeggiano nel loro “negozio di convenienza” per scegliere il prodotto, impossessarsene e cibarsi della paura delle loro vittime simboleggiata dalla garmonbozia, una crema di mais che rappresenta il cibo degli dei (o dei demoni). E’ un universo, il loro, capace di dettare leggi totalmente diverse rispetto a quelle del mondo terreno. Innanzitutto deformano il concetto di tempo e di spazio e sanno utilizzare alcuni degli elementi della vita reale come mezzo di trasporto per viaggiare nel mondo degli esseri umani. L’elettricità è uno di questi elementi: pali della luce, semafori, ventole, lampadine intermittenti. Twin Peaks è uno show pieno zeppo di inquadrature in cui il flusso energetico in generale diventa a volte l’unico protagonista, veicolando una presenza che è si immateriale ma è sempre tangibile. Dice ancora Lynch: “stare vicino al fuoco è ipnotico. Magico. Provo le stesse sensazioni con l’elettricità. Il fumo. Le luci tremolanti.”
Il buon Dale, il Tibet e la meditazione trascendentale
Allo stesso modo Dale Cooper questa magia negli elementi e negli oggetti di Twin Peaks inizia a percepirla già nei primi episodi. Cooper non è un’agente dell’FBI qualsiasi, Cooper è un “eletto” capace di oltrepassare la soglia fra i due mondi, il terreno e l’ultraterreno. Per questo l’indagine sull’omicidio di Laura Palmer perde quasi subito il suo carattere convenzionale: se gli abitanti di Twin Peaks sono corpi senza coscienza e senza consapevolezza della propria responsabilità non possono essere colpevoli di nessun crimine, anche se, di fatto, lo sono. Ecco allora che l’unica via possibile non è indagare l’esteriore ma l’interiore. La lezione tibetana, la filosofia buddista e la meditazione trascendentale (di cui Lynch è avido praticante e promotore) diventano gli unici metodi per avvicinarsi alla verità e alla scoperta dell’assassino. Alcuni spiriti diventano ispiratori di indizi e guidano Cooper alla risoluzione degli enigmi ma alcuni di questi in realtà restano per buona parte incomprensibili: come nella filosofia buddista, ogni segreto è privo di contenuto. Dall’altra parte il cinema di David Lynch tende ad una verità che è innanzitutto ineffabile. La trascendenza può portarci a una simulazione del reale, ad aprire il sipario ed entrare in una stanza rossa dove tutto è rappresentato da immagini e suoni ma niente di ciò che vediamo può essere davvero compreso. Il solo tentativo porta solo alla propria autodistruzione (quella di Cooper certo ma anche quella di Windom Earle).
I gufi e gli alberi
Ma l’immaginario di Twin Peaks non si riduce all’onirico e alla trascendenza, perché Lynch ci mostra un paesaggio strabordante di natura, di flora e di fauna. Gli alberi ad esempio hanno un ruolo principale in quanto portatori di entità maligne: il legno non a caso è vettore del fuoco (“fuoco cammina con me”). Le stesse tende della stanza rossa sono rappresentate quasi come fossero tronchi di alberi che ardono mentre, viceversa, la foresta attorno a Twin Peaks pare uno sconfinato drappeggio di tende che si possono varcare. E poi ci sono i gufi che “non sono ciò che sembrano” e che fanno più volte capolino: sono loro ad abitare sugli alberi, come gli spiriti abitano nei corpi dei personaggi. Gli stessi oggetti hanno la capacità di assorbire entità, come spesso accade nella cinematografia di Lynch (si pensi ancora a Mulholland Drive): e così i tappeti di casa Palmer, gli occhiali da sole di Laura e la sua catenella con il cuore spezzato diventano essi stessi involucri delle tracce che le forze soprannaturali hanno lasciato dietro di sé. C’è anche un anello di colore verde, assente dalla serie ma centrale nel film e nella mitologia di Twin Peaks, che racchiude in sé il pegno da pagare per passare dal mondo reale a quello ultraterreno e rappresenta appunto la morte, la propria dissoluzione.
La loggia nera, la loggia bianca i doppelgänger
Tutto questo armamentario di simboli e fenomenologie in realtà si bipolarizza in modo quasi schematico nella visione lynchiana del mondo di Twin Peaks. Alle base di tutto ci sono infatti due luoghi: la Loggia Bianca e la Loggia Nera; nel primo si entra attraverso l’amore, nel secondo attraverso la paura. Ma Loggia Bianca e Nera in realtà si riuniscono in modo simbiotico, come lo yin e yang e il bianco e nero ripreso dal pavimento a zig-zag della stanza dalle tende rosse è probabilmente la stanza di attesa per il passaggio in uno dei due luoghi. La doppiezza in un unico elemento è ripresa dal concetto dei doppelganger che albergano nella stanza rossa, ovvero gli aspetti “malvagi” delle persone: identici alla loro controparte nel mondo reale, con la sola eccezione degli occhi vitrei. Il tema del doppio è un altro chiodo fisso di Lynch ed è visibilissimo, oltre che in Mulholland Drive, anche in Strade Perdute dove il protagonista rivive un’esperienza simile a quella di Dale Cooper nell’ultima puntata di Twin Peaks: uno sdoppiamento della personalità con la parte malvagia che ne prende il sopravvento.
Da questo snodo narrativo riprenderà probabilmente la terza ed attesissima stagione di Twin Peaks il 21 maggio prossimo, riproponendo vecchi e nuovi enigmi. Proprio come disse uno spirito della serie, “quella gomma che ti piace tanto sta tornando di moda”.