Dalle serie TV agli stand-up comedy; dai film (presentati anche al festival di Cannes) fino alle serie anime. Ormai l’offerta originale di Netflix spazia quasi in ogni genere dell’audiovisivo, tanto più da quando il web service ha deciso di arrivare a un catalogo fatto per il 50% di proprie produzioni. L’ultima sfida del content provider, ormai divenuto anche una delle più importanti case di produzione televisiva e cinematografica, s’intitola Blame! ed è un film animato proveniente dal Giappone realizzato in 3D e renderizzato in 2D con la tecnica del cell shading.
Con questo lungometraggio Netflix aggiunge un altro tassello all’elenco dei generi prodotti internamente e conferma la sua volontà di catturare l’attenzione anche degli appassionati di manga e anime non solo nel ramo delle serie TV, ma anche di quello cinematografico.
L’aggiunta nel catalogo del portale VOD del film Gantz:O (di cui abbiamo recensito l’anteprima a Venezia 73) poteva essere considerata come una “prova” di feedback da parte degli abbonati riguardo ai film anime di fantascienza in 3D, un genere trattato solo recentemente in Sol Levante. Con Blame! continua la stretta collaborazione non solo tra Netflix e la Polygon Pictures (Ajin, Knights of Sidonia), ma anche tra il mangaka Tsutomu Nihei e Netflix stessa, essendo lui non solo l’autore del manga omonimo su cui è basato questo lungometraggio, ma anche quello su cui si basa Knights of Sidonia.
Nei primi fotogrammi già si nota una forte somiglianza nel character design dei due prodotti , e nonostante il manga di Knights of Sidonia sia stato pubblicato successivamente a Blame!, e il tocco della Polygon Pictures è evidente, soprattutto nel 3D “al rallentatore” che potrebbe però dare fastidio a qualche spettatore.
In un futuro distopico un gruppo di umani sono costretti in una enorme città dominata dalle macchine a vivere confinati in un piccolo perimetro, protetti da uno scudo che impedisce ai safe-guards (guardiani cyborg sterminatori degli umani) di annientarli. Per sopperire alla mancanza di cibo i superstiti sono costretti ad andare a “caccia” fuori dai confini, ma all’inizio del film vengono intercettati dai safe-guards. I pescatori degli elettrosilos (così vengono chiamati nel lungometraggio) vengono fortunatamente salvati da Killy, un umano in possesso di una potentissima arma che riesce ad annientare senza problemi gli sterminatori cyborg. Killy ammette di essere alla ricerca del “gene terminale della rete”, di cui tutti gli umani prima del “contagio” erano in possesso e che permetteva di controllare le macchine: in mancanza di esso, le macchine hanno iniziato a identificarli come intrusi, e quindi a sterminarli. I protagonisti ritrovano così i resti di Shibo, una scienziata cyborg che confida loro di essere riuscita a simulare il comportamento del “gene terminale della rete”, e di poter riuscire a far accedere agli umani alla “fabbrica delle automazioni”, dove è possibile poter produrre di tutto e di più, anche derrate alimentari. Non solo i normali safe-guard impediscono agli umani di poter sfruttare questo vantaggio, ma Sanakan, una safe-guard particolarmente avanzata (rappresentata come una donna cyborg), riesce addirittura a infiltrarsi nel perimetro camuffandosi da umana e a creare il panico nella cittadina protetta dagli esseri umani.
Oltre alle enormi somiglianze con Knights of Sidonia (sia come ambientazione che come produzione vera e propria), Blame! riporta alla mente molte opere cinematografiche di fantascienza più o meno recenti, da Blade Runner a Matrix, passando per la prima versione animata di Ghost in the Shell e ricordando anche lavori come Mad Max: Fury Road, con cui ha in comune la necessità di trasportare risorse da un luogo all’altro.
Anche se basato su un manga pubblicato 20 anni fa, il film sicuramente pecca di poca originalità, considerato che le tematiche che propone sono ormai state esplorate in modo più che brillante da lavori ben più famosi e che la regia (di Hiroyuki Seshita) e il character design in comune con Knights of Sidonia contribuiscono a una sensazione di déjà vu.
Non propriamente originali sono anche la fotografia e la scelta della visuale in prima persona, soluzione sfruttata in molti videogiochi FPS e che già ritrovavamo proprio in Gantz:O. Rispetto alla struttura elementare e quasi videoludica dell’anime presentato a Venezia, però, la trama di Blame! offre molti più spunti di riflessione: il ruolo delle macchine e della IA è infatti un argomento di grande interesse, specie in un momento storico in cui persino le auto riescono a essere guidate da sole e si ha la paura (fondata) che un giorno la tecnologia possa sottrarsi autonomamente al controllo dell’uomo.
Pubblicato su Netflix anche col doppiaggio italiano, Blame! arriva in un momento in cui la fantascienza, specie quella distopica, sta vivendo una fase particolarmente fortunata al cinema e nelle serie TV. Impossibile non pensare che ci sia un collegamento tra l’immaginario collettivo e una fase storica particolarmente turbolenta, e probabilmente, pur senza eccellere, Blame! cerca proprio di esplorare le nostre paure. D’altronde la proporzionalità diretta tra impoverimento delle masse e progresso tecnologico del settore secondario è uno dei temi di maggiore attualità.