Alan Clay (Tom Hanks) è un uomo d’affari divorziato e sull’orlo della bancarotta. Dopo aver disastrosamente ceduto la sua company ai cinesi, si dirige per conto di un’altra importante società informatica in Arabia Saudita, dove cercherà di ottenere un incontro con il re in persona e chiudere il contratto che potrebbe cambiargli la vita e finalmente permettergli di pagare le tasse universitarie della figlia. I continui mancati incontri con gli uomini del re lo porteranno in giro per il paese, accompagnato dallo scapestrato autista Yousef (Alexander Black), permettendogli di scoprire un mondo tanto lontano da suo quanto vicino al desiderio di ricominciare da capo.
In Aspettando il Re (A Hologram For the King), Tom Tykwer torna a dirigere Tom Hanks dopo Cloud Atlas, film del 2012 che vedeva tornare alla regia anche le sorelle Wachowski. Se la prima volta il risultato era un film strabordante di storie e elementi, questa volta invece si pecca di semplicità.
Da un incipit interessante in cui non mancano spunti anche estetici (sebbene non perfetti), il film procede con qualche episodio comico in grado di alleggerire il percorso, ma nonostante spunti interessanti sembra mancare la solidità che sarebbe lecito aspettarsi da una pellicola con l’attore statunitense. La crisi economica americana, che ha costretto Alan a rinunciare alla sua società licenziando centinaia di dipendenti e aprendo la strada al libero mercato cinese, la globalizzazione feroce che priva ogni cultura della propria individualità, le sofferenze private di uomo preoccupato da talmente tanto tempo da non riuscirne neanche a farne a meno, sono solo lo sfondo dato per scontato, e non la benzina che avrebbe potuto alimentare il fuoco. Alan è un uomo adulto che si ritrova a dover affrontare il mondo da capo, ma con tutto il peso che grava sulla sua età. La sua giornata si divide tra rassicurare i propri superiori dell’imminente quanto misterioso arrivo del re a cui presentare il progetto, feste clandestine nelle ambasciate, viaggi in macchina, ospedali e scambi di e-mail con la figlia alla quale cerca a fatica di porgere scuse per il suo fallimento di padre. Ma per quanto l’interpretazione di Tom Hanks sia, come sempre, sopra alle aspettative, il suo Alan si dimena troppo in una sceneggiatura che lo vuole sempre in movimento, cercando paradossalmente di spazzare via la polvere dal deserto. Allora non è un caso che nel film sia tanto presente anche l’elemento dell’acqua: nelle mille docce che Alan si concede, nelle bottigliette di acqua che tutti continuano ad offrirgli, nel bagno purificatore in quel mare cristallino dove (spoiler) troverà anche l’amore.
Tykwer non rinuncia ai simbolismi che tanto arricchiscono le pellicole di significato, ma il risultato non è chiaro e lo spettatore si perde nelle lunghe vedute di paesaggi ora incontaminati, ora pieni di edifici nuovi di zecca.
Allo stesso modo anche la valenza politica che si sarebbe potuta dare al film, nel pieno rispetto del genere della commedia cui dovrebbe appartenere, non trova modo di concretizzarsi: l’incontro tra mondo arabo e mondo occidentale, tanto caro a questo periodo storico, perde di forza e trova una soluzione scontata e banale. Manca, cioè, la drammaticità adatta a risollevare la storia che si accontenta di soddisfare l’antieroe Alan, ma nega al film la nobiltà che si aspetterebbe da un personaggio di questo tipo. Aspettando il Re arriva nelle sale italiane il 15 giugno distribuito da Lucky Red.
Aspettando il Re: Tom Hanks businessman allo sbando (recensione)
Di Elena Pisa
Tom Hanks è un uomo d'affari che, in una fase complicata della sua carriera, si trova a viaggiare senza meta in Arabia Saudita.