Abbiamo già avuto modo di parlarvi del meraviglioso Zama di Lucrecia Martel (qui la nostra recensione), la storia dell’estenuante attesa di una promozione che non arriverà mai da parte di Don Diego de Zama, funzionario della Corona Spagnola nel Paraguay del XVIII secolo.
Quel che però non vi abbiamo detto è che la 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia non solo ha ospitato la pellicola della Martel nella sezione Fuori Concorso, ma anche uno strano making of di Zama firmato da Manuel Abramovich e presentato nella sezione Venezia Classici – Documentari.
Años Luz (Light Years), questo il titolo della breve pellicola (75′), più che un making of in senso tradizionale è la storia di un processo creativo, una storia che ha per protagonista Lucrecia Martel. Il titolo del lavoro fa riferimento proprio a quanto detto dalla Martel in una delle email scambiate con Abramovich prima e durante le riprese di Zama, che diventano a loro volta parte integrante dell’opera. Nell’enunciare la sua volontà di girare nel backstage di Zama una pellicola di cui la regista fosse protagonista, la risposta che Abramovich riceveva era un garbato ma dubbioso «Sono ad anni luce dal poter essere protagonista di un film».
La realtà è che Lucrecia Martel, con la sua ricerca maniacale e a tratti ridicola (se non fosse per i risultati cui porta) della perfezione, finisce per essere veramente il fulcro del lavoro di Abramovich, che diventa una discreta finestra sull’approccio al set di una delle più importanti esponenti della corrente del Nuevo Cine Argentino.
Años Luz (Light Years) risulta involontariamente divertente, nella misura in cui dimostra l’infinita pazienza cui attori e operatori sul set sono costretti a ricorrere per assecondare le richieste a dir poco ‘estreme’ della cineasta. Sette take affinché un attore battesse la palpebra sinistra in un preciso istante e poi non chiudesse più gli occhi, nove take per concertare un accenno di sorriso con una data sillaba e con il movimento di un altro attore sullo sfondo, decine di minuti per decidere il dettaglio invisibile di una venuzza sotto il trucco dell’occhio di Lola Dueñas, e ancora l’insistenza nel pretendere che un cavallo a malapena visibile sullo sfondo avesse le zampe in una data posizione. A un certo punto vediamo addirittura la regista che – nella perplessità generale – abbandona la sua sedia per andare a disporre diversamente qualche filo di paglia in una zona a malapena visibile del set.
Il processo creativo mostrato in Años Luz (Light Years) sembra una farsa di se stesso, eppure il risultato di quel perfezionismo insano è completamente percepibile di fronte all’ammaliante bellezza di Zama. In tal senso Años Luz (Light Years) è un racconto della quintessenza del cinema: uno sforzo artistico estremo che è come un iceberg di cui ammirano solo la minuscola parte emersa.
Años Luz: nella folle e geniale mente di un perfezionista (recensione)
Manuel Abramovich firma le insostenibili pretese della regista Lucrecia Martel sul set, testimoniando il processo creativo dietro Zama.