Un tripudio di pubblico e giornalisti accoglie il cineasta canadese Xavier Dolan, vincitore del Premio della Giuria a Cannes 67 con Mommy e due anni dopo del Grand Prix con È Solo la Fine del Mondo. Ventotto anni, un incredibile carisma unito all’umiltà di chi ha iniziato dal basso e il coraggio di raccontare storie di un’innata sensibilità, spesso scaturite dal bisogno di imprimere sullo schermo le più recondite sofferenze, esteriorizzate in immagini.
I FILM PREFERITI DI XAVIER DOLAN
Gli incontri si confermano tra gli appuntamenti più interessanti della Festa del cinema di Roma. Anche quest’anno è il direttore artistico Antonio Monda, ai vertici della Festa del Cinema per la terza volta, a presentare l’evento che ormai è divenuto un vero e proprio format, con una formula che intervalla sequenze tratte dai film dell’autore ad un’intervista informale.
Arrivato sul red carpet con i capelli biondi, come il protagonista di uno dei suoi lavori più interessanti Tom à la Ferme, in cui è regista ed attore, Dolan appare al pubblico in tutta la sua complicata semplicità, non lesinando abbracci e autografi e mostrando la risolutezza che ha portato un ragazzino di Montreal a dimostrare al mondo che realizzare i propri sogni è possibile.
L’incontro parte con la proiezione di J’ai tué ma mère (2009) primo film scritto, diretto ed interpretato da un diciannovenne Xavier Dolan nato dal bisogno di raccontare i suoi tormenti adolescenziali (in parte è autobiografico) dall’omosessualità al controverso rapporto genitori figli, ma anche dall’esigenza di dover trovare un lavoro come attore: “Non avevo mai girato un corto o frequentato una scuola di cinema e visto che ero disoccupato ho deciso di raccontare una parte di me volendo lavorare come attore. Nessuno credeva potesse essere possibile che un film così uscisse in sala, volevo fare la vita del cineasta e siccome nessuno lo permetteva l’ho fatto solo”.
Apertamente autodidatta, Dolan continua la sua lunga chiacchierata con Antonio Monda e il numeroso pubblico presente in sala, con la visione del suo secondo film Les Amours imaginaires (2010) e una discussione aperta sull’utilizzo dei piani sequenza:
“Amo i piani sequenza nei film e i registi a volte li preferiscono perché è tutto dedicato a quella scena dagli attori ai costumisti, ma non devono mai prendere il sopravvento mettendo a rischio la melodia del film. La storia viene per prima, sempre”.
L’IMPATTO DI TITANIC SULL’IMMAGINARIO DEL PICCOLO XAVIER DOLAN
Ispirato da Wong Kar-wai, il regista cinese di In The Mood for Love e da film come Titanic di James Cameron e Lezioni di Piano di Jane Campion, il regista canadese dichiara la sua passione per i film che lasciano qualcosa nel cuore, che non necessariamente sono perfetti da un punto di vista tecnico ma che comunicano qualcosa di grande, come il sogno e la passione: “Un film come Titanic insegna che sognare è sempre qualcosa di bello. Io guardo i film con il cuore e Titanic mi ha ispirato dicendo di volare e che fare qualcosa di grande è possibile”.
Il cineasta canadese, interrogato su quando abbia deciso di diventare regista, ha ancora una volta citato il film di James Cameron: “Non so, forse proprio quando ho visto Titanic per la prima volta: sicuramente ha lasciato un segno indelebile in me. Ricordo che, appena uscito dalla sala, dissi a mia madre di voler scrivere una letterina a Leonardo Di Caprio! Avevo solo otto anni!”
Nel terzo film presentato da Antonio Monda, Laurence Anyways e il desiderio di una donna… (vincitore nel 2012 della Queer Palm di Cannes) il regista pone l’accento sui personaggi che ama descrivere nei suoi film, persone autentiche che devono lottare per affermarsi nella società: “In molti film c’è la dicotomia tra essere e diventare, persone che non hanno speranza nè fortuna, non lottano neanche oppure lottano ma gli va tutto contro, alcuni sono film che sono definiti come una sorta di pornografia dei poveri. Io amo i combattenti, chi ha nel cuore la speranza per lottare ed essere chi si è veramente. Quando però si è autentici e veri la società spesso si ritrae e si rivela per tutta la sua falsità. Il desiderio di combattere i miei personaggi se lo portano dentro, i miei film saranno sempre sulle persone che cercano di trovare uno spazio”.
DOLAN COMMENTA IL FILM DI GUADAGNINO
L’incontro prosegue con la proiezione dei suoi ultimi film Tom à la ferme del 2013, definito da Dolan come un “thriller psicologico”, Mommy del 2014 e il pluripremiato È Solo la Fine del Mondo (2016), che chiude la carrellata e introduce le ultime domande sui film più amati dal regista tra cui, con un po’ di stupore, il nuovo film di Luca Guadagnino Chiamami con il Tuo Nome “L’ho visto due settimane fa” dichiara Dolan e continua “È molto profondo, tenero e cambia il modo di vedere l’amore e la sofferenza, non penso siano molti i film che hanno questa forza. Alcuni dicono di certi film che sono deprimenti, ma è una scelta celebrare la bellezza del dolore e non la gioia. Molti miei film sono nati sui cuori spezzati e dalla sofferenza che ne deriva”.
In chiusura i film scelti dal regista, Birth – Io sono Sean di Jonathan Glazer, scelto per la prova d’attrice di Nicole Kidman e l’estetica che caratterizza tutta la pellicola e Mysterious Skin di Gregg Araki.
Molto amato dagli ‘young adult’ e accolto come una star, Xavier Dolan si è mostrato apertamente per quello che è, un ragazzo con delle idee forti e coraggiose, che dopo le sperimentazioni cinematografiche e autoriali sta creando un linguaggio proprio. Un artista che brilla nel panorama dello star system, diventando fonte di ispirazione per le nuove generazioni.