Mai prima d’ora stiamo assistendo a un’osmosi sempre più fruttuosa tra televisione e cinema: se da una parte sul grande schermo la serializzazione è ormai una formula quasi sempre vincente (i franchise, le saghe o i cosiddetti universi cinematografici ne sono un chiaro esempio), dall’altra gli showrunner delle serie TV utilizzano le regole della settima arte per concepire opere di grande qualità.
La miniserie televisiva rappresenta al meglio il punto di incontro tra questi due mondi: pur risentendo della necessità di introdurre sapientemente gli elementi narrativi in funzione della suddivisione in un numero limitato episodi (in genere una decina), avendo un minutaggio complessivo più generoso rispetto a un film, permette agli sceneggiatori maggiori possibilità in termini di sviluppo delle dinamiche e dei personaggi.
Il format, complicato da sviluppare, non ha tuttavia scoraggiato decine di filmmaker negli ultimi anni, riuscendo a coinvolgere personalità illustri provenienti dal cinema grazie proprio alla natura ibrida di questi prodotti: si pensi a Frances McDormand e Richard Jenkins in Olive Kitteridge o a Nicole Kidman e Reese Witherspoon nel più recente Big Little Lies.
Collateral, produzione inglese in 4 episodi, può contare su un cast composto non solo da star della tv britannica (tra cui Billie Piper di Doctor Who e Penny Dreadful) ma anche da un’attrice cinematografica affermata come Carey Mulligan (An Education, Il Grande Gatsby, Mudbound).
Ideata da David Hare, sceneggiatore di The Hours e The Reader – A Voce Alta, e diretta da S.J. Clarkson (Dexter, Jessica Jones, The Defenders), la miniserie, dopo essere andata in onda su BBC Two, ha fatto il suo debutto in Italia su Netflix a partire dal 9 marzo.
UN OMICIDIO SENZA COLPEVOLE SCONVOLGE LA ZONA SUD DI LONDRA
È una sera come tante al Regal Pizza, nel sud di Londra: il clima è frenetico e, tra squilli del telefono e lamentele della clientela, i pony pizza aspettano il loro turno per le consegne. Proprio quando sembra arrivare il turno di Mickey (Brian Vernel), una telefonata cambia i suoi piani e Laurie (Hayley Squires), la responsabile della pizzeria, decide di affidare all’ultimo minuto la consegna ad Abdullah. Dopo aver consegnato la pizza a Karen (Billie Piper), una madre trasandata per nulla contenta di vedere la faccia di Abdullah anziché quella di Mickey, il fattorino sta per fare ritorno alla pizzeria quando viene freddato da alcuni colpi di pistola davanti all’ingresso dell’appartamento. La detective di Scotland Yard Kip Glapsie (Carey Mulligan) è chiamata a risolvere un crimine che nasconde un groviglio di relazioni, coinvolgendo non solo i colleghi di Abdullah e la stessa Karen ma anche l’unica testimone oculare dell’omicidio, Linh (Kae Alexander), nonché la sacerdotessa anglicana Jane (Nicola Walker) e David (John Simm), ex marito di Karen e parlamentare laburista insoddisfatto dalla politica inglese.
UN CRIME/THRILLER DALL’ANIMA BRITISH
Un cast corale, una trama costruita su più livelli e quattro episodi che coprono i quattro giorni d’indagine necessari per risolvere l’omicidio: questi sono gli elementi che compongono la struttura di Collateral.
Sono numerosi i dettagli degni di nota di questa nuova miniserie, ma ciò che colpisce di più è l’assenza di un vero e proprio protagonista. Nessun personaggio prevale sugli altri e tutti (o quasi) contribuiscono in egual misura alla risoluzione del caso che, pur essendo l’espediente narrativo che mette in moto la narrazione, non rappresenta il fulcro della storia. Collateral infatti non vuole essere solo puro intrattenimento, perché si pone l’obiettivo di offrire uno spaccato della società britannica, affrontando tematiche di grande attualità. L’omicidio di un rifugiato irregolare porta a galla un celato odio razziale, ma sullo schermo viene rappresentata anche la crisi del partito laburista, lo spaccio di droga, il sessismo all’interno delle forze dell’ordine, il rapporto della Chiesa anglicana con l’omosessualità e, soprattutto, l’immigrazione e il traffico di esseri umani favorito (e nascosto) da cittadini rispettabili.
La sceneggiatura di David Hare utilizza quindi le premesse del più classico crime – reso originale da alcune scelte inusuali che permettono allo spettatore di capire l’indagine non grazie al lavoro della polizia ma osservando le vite e i segreti delle persone implicate nella vicenda – per denunciare un fenomeno più ampio. Un lavoro senz’altro ambizioso, sorretto anche da una regia incalzante in tutti gli episodi e da ottime interpretazioni, in particolare quelle femminili (Carey Mulligan eccelle in un ruolo insolito rispetto alla sua carriera cinematografica).
Tuttavia, al termine della visione Collateral soddisfa ma al contempo risente di una certa sensazione di incompletezza e il coinvolgimento emotivo risulta inferiore alle aspettative. Forse perché alcuni personaggi non sono indispensabili ai fini della trama, forse perché i colpevoli sono collocati eccessivamente in secondo piano (nonostante le loro azioni ignobili non appaiono troppo sgradevoli agli occhi di chi guarda) o, più semplicemente, perché le dinamiche messe in moto sono troppe e il ritmo frenetico non permette di creare pathos. Collateral rimane comunque un prodotto godibilissimo che, unendo il poliziesco ad un’analisi sulla crisi di valori nel Regno Unito, mostra un quadro socio-politico estremamente interessante. La serialità britannica, però, ci ha abituato a qualcosa di più.