Writers Guild Italia e Anonima Cinefili intervistano Francesca Marciano e Valia Santella, che firmano insieme alla regista e con la collaborazione di Walter Siti la sceneggiatura dell’ultimo film di Valeria Golino, Euforia, presentato nella sezione Un Certain Regard all’ultimo Festival di Cannes.
È nostra prassi iniziare sempre un’intervista chiedendo un breve pitch dell’opera. Ci raccontate Euforia?
Francesca Marciano: Matteo ha successo, è spregiudicato, eccessivo, incapace di stare da solo, abituato a spendere e spendersi; Ettore ha una natura più torpida, sente il peso del proprio fallimento e inizialmente giudica il mondo del fratello con un certo disprezzo. Sottilmente prova l’invidia di chi non ha avuto coraggio di fare delle scelte, di chi si è tirato sempre indietro e ha perso delle occasioni.
Valia Santella: Euforia è la storia di una relazione interrotta tra due fratelli che si ricompone grazie ad un trauma. L’essenza di questa storia sta, per me, nel racconto del superamento della rimozione.
Com’è nata l’idea? E come si è sviluppato il lavoro di conseguenza?
Marciano: È stato un processo complesso, la storia si è definita lentamente. La sceneggiatura di questo film è il risultato di un lavoro diverso da quello che avevamo fatto su Miele. Quella storia poneva immediatamente un interrogativo molto chiaro e molto forte, aveva insomma un meccanismo che ci portava a dover dare una risposta e, perciò, aveva una direzione obbligata. Qui invece abbiamo un intreccio più largo, dove i movimenti sono accennati, la vicenda si muove per piccole anse, per digressioni. È una trama che si compone via via, come una polaroid che si sviluppa lentamente.
Santella: Dopo Miele, Valeria, Francesca ed io abbiamo iniziato a ragionare su diverse idee. Alcune tematiche tornavano, molti spunti erano interessanti ma era evidente che Valeria non aveva ancora incontrato la storia che voleva raccontare. Poi, prendendo spunto da una vicenda realmente accaduta ad una persona a lei cara, ha capito che era questo il film che voleva fare. A quel punto abbiamo iniziato a immaginare i nostri protagonisti, la loro relazione e la storia ha preso corpo.
Qual è questa euforia di cui si parla nel titolo?
Marciano: L’euforia non è uno stato gioioso ma una specie di frenesia, di agitazione che tende a coprire qualcosa di più oscuro. Il film è percorso da questo stato elettrico, vitale solo in apparenza.
Santella: Euforia è il voler affermare la vita a ogni costo. È un sentimento estremo, non pacificato. Eppure Matteo (il personaggio interpretato da Riccardo Scamarcio) con la sua disperata euforia riesce a riconnettere se stesso e il fratello con il sentimento profondo e primario che li unisce.
Avete scelto di raccontare questa storia dal punto di vista di due fratelli, uomini, diversi l’uno dall’altro. Una scelta ben precisa. Qual è stata la necessità narrativa che vi ha spinto a preferire queste due figure piuttosto che altre?
Marciano: Ci interessava raccontare due personaggi che non hanno nulla di eroico, pieni di difetti, di mancanze, ai quali però il pubblico si possa affezionare proprio per questa loro umanità. Abbiamo lavorato con i chiaroscuri, senza mai idealizzarli. Eppure ci sembra che, a modo loro, Ettore e Matteo riflettano il tempo in cui viviamo. Così pieno di incertezze e di promesse non mantenute.
Santella: Matteo ed Ettore incarnano sicuramente due tipologie umane. Volendo schematizzare: alla bulimia affettiva di Matteo si oppone il rigore di Ettore che a tratti rischia di trasformarsi in aridità. Consapevoli di muoverci in queste caratterizzazioni vicine ad essere degli archetipi, abbiamo lavorato sui personaggi cercando di evidenziare le contraddizioni e il dolore dell’uno e dell’altro.
Ci sono delle scene in particolare che, secondo voi, incarnano più di altre lo spirito e il tono del film? Ce le raccontate, soprattutto in rapporto a quello che poi è stato il vostro approccio nello scriverle?
Marciano: Ettore si trasferisce temporaneamente a Roma a casa di Matteo per via della terapia che deve fare. Per lui questa convivenza è la scoperta del mondo di un fratello che non ha più frequentato, del suo lusso, della sua vorticosa vita sociale. Dunque è la prima volta che i due si ritrovano vicini nella loro vita adulta. C’è una scena in particolare, quando Ettore si spinge a fare delle domande molto dettagliate sulla vita sessuale di Matteo (che è gay), che è un misto di humour, imbarazzo, curiosità e distanza. Sono le manovre di avvicinamento tra due uomini che devono conoscersi di nuovo dopo troppi anni di lontananza.
Santella: Non riesco a pensare ad una scena in particolare, mi vengono più in mente dei dettagli all’interno delle scene, degli sguardi tra Ettore e Matteo. Per me un momento che incarna lo spirito del film è sicuramente quando, durante una discussione che i due fratelli stanno avendo in terrazza, casca un pesce in testa a Matteo, perso da un gabbiano in volo. In quella scena c’è il conflitto tra fratelli, la commedia, l’assurdità della vita e la tragedia. E l’idea di quella scena è nata dal racconto di un episodio realmente accaduto a Francesca. Ecco, in qualche modo è anche esemplificativa del nostro modo di lavorare.
Dopo Miele, continua il vostro sodalizio nei film diretti da Valeria Golino. E dopo Miele si parla ancora di morte, in maniera preponderante se non particolare e caratterizzante come nel primo film. C’è un collegamento fra le due opere, secondo voi? Cosa c’è dell’uno nell’altro, e viceversa?
Marciano: Come ha già detto Valeria in varie interviste, questo tema è quello che sempre ci insegue e ci riguarda tutti. Se in Miele il personaggio di Carlo Cecchi aveva la certezza di voler farla finita, e la sua richiesta era quella di avere diritto ad una morte dignitosa, per Matteo il problema è spostare la morte del fratello sempre un po’ più in là, guadagnare tempo. Ettore lo lascia fare e si accomoda in questa rimozione, perché anche lui preferisce non affrontarla. In entrambi i casi, sia in Miele che in Euforia, lo sguardo di Valeria riesce a trovare quel difficile equilibrio tra leggerezza e profondità, che le permette di affrontare senza paura anche un argomento così enorme.
Santella: Per noi tre scrivere insieme è come continuare un discorso mai interrotto. Anche quando non stiamo lavorando insieme, tra di noi c’è un rimando continuo di suggestioni, pensieri, immagini, personaggi che ci colpiscono. Questo confronto costante ci permette di lavorare con grande libertà, di esporre le nostre idee senza pudori. Valeria, inoltre, ci conosce molto bene e sa chi delle due risponde a certe sollecitazioni e chi ad altre. Per quanto riguarda il tema del film, sia in Miele che in Euforia la relazione che si esplora è quella tra due persone, e cosa succede a queste due persone di fronte all’idea del fine vita. In fondo è quello che facciamo tutti ogni giorno.
Concludiamo con una domanda generica, di attualità. Possiamo dire che Euforia è un film “al femminile” dal punto di vista autoriale e sempre più si parla del ruolo delle donne nel mondo del cinema. Anche a Cannes. Qual è il vostro pensiero?
Marciano: Direi che non si può definire un film “femminile” solo perché lo hanno scritto e diretto delle donne (allora varrebbe anche il contrario e la stessa domanda andrebbe posta agli sceneggiatori). Quello che è successo quest’anno, dal caso Weinstein in poi, ha prodotto un enorme cambiamento nella percezione dei rapporti di potere tra uomini e donne in tutto il mondo. Anche noi, con la lettera di Dissenso Comune, abbiamo chiarito la nostra posizione in modo netto e andremo avanti nel richiedere spazi di lavoro protetti, per evitare abusi di potere, e parità di rappresentazione nella nostra industria. Ma questa battaglia non riguarda solo le donne, questo è un lavoro che dobbiamo fare insieme – uomini e donne – perché si tratta di una questione di civiltà che ci riguarda tutti.
Santella: Il mondo del cinema in questo ultimo anno ha fatto sì che si riaprisse un discorso che riguarda la società tutta. Quando si parla di abuso di potere o di disparità di salario, si parla di un problema che coinvolge tutti, in tutti gli ambienti di lavoro. Questo stato di cose va denunciato e combattuto e il pensiero che c’è dietro va completamente scardinato.
(intervista a cura di Lorenzo Righi)