C’è un’aria di spensieratezza, di sicurezza al limite della spavalderia che aleggia ne Il Sorpasso, un’aria che non investe solamente il personaggio di Bruno Cortona (Vittorio Gassman) ma che si insinua nelle pieghe della società e di qualsiasi rapporto interpersonale. È un’Italia rilassata quella che vediamo dipinta sullo schermo, un’Italia conscia di essere vincente e senza nessuna paura di mostrarlo al mondo. Gli anni sono quelli del cosiddetto miracolo economico, quando l’economia italiana dopo la Seconda Guerra Mondiale non aveva solamente ingranato, ma aveva portato il Paese a diventare una potenza mondiale.
Se da una parte quindi l’Italia sembra non essere mai stata così lontana da come siamo abituati a viverla oggi, allo stesso tempo, in controluce, si possono riconoscere gli stessi strali di quel razzismo e omofobia che ancora tanta parte giocano nel Belpaese di oggi, quasi sessant’anni più tardi. Dove nel film certi atteggiamenti possono essere sì ricondotti alla sfrontatezza di Bruno e a quel suo desiderio di affermare il proprio vigore, consciamente o meno, per mezzo della denigrazione altrui, al contrario la rappresentazione macchiettistica di Occhiofino trascende questa visione per farsi specchio di un costume italico incancrenito in certi stereotipi. Ma se oggi non è possibile transigere su certe cadute di stile, quando siamo di fronte a un documento storico della portata de Il Sorpasso è solo naturale che, come spettatori, ci ritroviamo tutto sommato a chiudere un occhio.
IL SORPASSO DI DINO RISI, IL PRIMO ROAD MOVIE È UN CAPOLAVORO CHE HA SEGNATO LA STORIA DEL CINEMA
Considerato il primo, vero road movie della storia del cinema sia da parte di molta critica che da registi come Martin Scorsese o Dennis Hopper, non è però possibile ridurre Il Sorpasso a quelli che sono i limiti imposti da questa etichetta. Allo stesso tempo però, il film di Dino Risi viene spesso indicato come uno dei capisaldi della commedia all’italiana. Se è vero che, in larga parte, la pellicola risponde indubbiamente ai dettami del genere, allo stesso tempo questa si costruisce su una ricca serie di livelli di lettura che contribuiscono a rendere il film uno degli affreschi più vividi e sfaccettati della società italiana del tempo. Laddove le scene più iconiche sono quelle che vedono Bruno al volante della sua Aurelia Sport accompagnato dal giovane studente Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant), conosciuto solo quella mattina stessa, non dobbiamo però dimenticarci di quei seppur fugaci spaccati dal taglio quasi documentaristico con cui Risi arricchisce il suo film – come la festa paesana nel grossetano, o l’assalto alla corriera per Roma a Civitavecchia – che strizzano l’occhio a quel cinema neorealista dei due decenni precedenti.
LA TRAMA DE IL SORPASSO: UN VIAGGIO VERSO IL DESTINO
La trama è nota a tutti. La mattina di Ferragosto del 1962, una macchina sola si aggira per le strade di una Roma deserta. Al volante, scopriremo presto, c’è Bruno Cortona, un uomo sulla quarantina aitante e di bell’aspetto alla ricerca di un pacchetto di sigarette e di un telefono per mettersi in contatto con alcuni suoi amici. Non riuscendo a trovare né l’uno né l’altro, lo vediamo continuare a vagare per la città finché, per puro caso, non scorge alla finestra del suo appartamento, il giovane e dimesso studente Roberto Mariani che verrà ben presto convinto da Bruno a lasciare i libri a casa e ad accompagnarlo nelle sue scorrazzate. I due finiranno per lasciarsi la capitale alle spalle e imbarcarsi in un viaggio che, tra varie fermate, li porterà a un epilogo a dir poco inaspettato.
IL SORPASSO E LA SUA STRUTTURA IN QUATTRO PARTI
Persino a una prima visione non è difficile rendersi conto della struttura narrativa del film. Diviso in quattro parti – che corrispondono ai quattro luoghi in cui Bruno e Roberto soggiornano per periodi più o meno brevi – legate a loro volta da importanti segmenti narrativi che vedono per lo più i due conversare in automobile durante gli spostamenti, Il Sorpasso potrebbe anche essere visto come un racconto di formazione per quanto riguarda il personaggio di Roberto, studente universitario di legge, timido e riservato, la cui realizzazione massima sarebbe seguire le orme del cugino Alfredo, avvocato in uno studio privato a Rieti, una moglie sì di bell’aspetto ma sottomessa e una Fiat 1500, simbolo quest’ultima di un’affermazione sociale e lavorativa. A fargli da contraltare è Bruno, un carismatico, eterno bambino che vive alla giornata, amante della velocità e del progresso rampante, apparentemente privo di legami che lo costringono in un solo luogo. È inevitabile, dunque, che quest’incarnazione dello spirito del Futurismo – si pensi alla sua prestanza fisica e agli innumerevoli sforzi ginnici di cui siamo testimoni, al suo amore per la velocità, al disprezzo per il ciclismo visto come mero “sforzo antiestetico”, al rifiuto del vecchio sia nella forma di siti archeologici che di norme di diritto risalenti a migliaia di anni prima – non riesca piano piano ad affascinare Roberto – simbolo, invece, di una casta sociale alto-borghese, e di quell’Italia che fu, che deve ora essere superata e sradicata per continuare senza indugio sulla strada del progresso – per poi condurlo al necessario annientamento.
LA SPIEGAZIONE DE IL SORPASSO, UN VIAGGIO SENZA META CHE È UNO SPACCATO DELLA SOCIETÀ ITALIANA
Come si diceva, Il Sorpasso è anche un importante documento storico e sociale soprattutto per quanto riguarda la rappresentazione delle varie classi sociali che popolano l’Italia del tempo. Così, allo squattrinato Bruno che si muove sull’onda dell’occasione per cercare di piazzare i suoi affari, vediamo contrapporsi quella medio-alta borghesia incarnata dagli zii di Roberto, raccolti nel loro palazzotto di campagna, e dal cugino Alfredo il cui spazio scenico è tutto dedicato ai suoi attacchi contro la classe contadina, ma anche la nuova borghesia imprenditoriale dell’uomo che si è fatto da solo, unico che possa garantire un futuro a Lilli (Catherine Spaak), figlia di Bruno e della moglie Gianna (Luciana Angiolillo), donna indipendente impiegata nel settore pubblicitario. Oltre a questi c’è tutto un ventaglio di esponenti della classe proletaria, di quelle “belle famiglie italiane” che Bruno e Roberto incontrano più di una volta durante i loro spostamenti.
IL SIGNIFICATO FINALE DE IL SORPASSO STA NELL’INTROSPEZIONE
Ma Il Sorpasso è anche un film di introspezione. Se da una parte, l’intero viaggio servirà a Roberto per mettere in discussione e ripensare la propria vita – e Risi arriva qua a ricorrere intelligentemente all’io pensante del ragazzo come voce fuori campo per mettere completamente a nudo alcune sue elucubrazioni – anche Bruno non sarà immune da riflessioni su certe sue scelte o, più in generale, sul modo in cui conduce anch’egli la propria vita, arrivando persino a riconoscere nella compitezza e pacatezza di Roberto un modo migliore di approcciarsi al vivere. Ad aggiungere pennellate malinconiche al racconto sarà poi la breve parentesi grossetana durante la visita agli zii, con il tuffo nei ricordi d’infanzia di Roberto mentre si aggira, in un limbo di voluptas dolendi, tra le stanze della magione riportando alla memoria stille di quel passato ancora più dolce proprio perché non più raggiungibile. A questo però, non mancherà di fare da contraltare, per l’ennesima volta, Bruno per cui l’età più bella è quella che stiamo vivendo, in un guizzo di esaltazione massima dell’ora e dello sforzo individuale a rinnegare il passato tenendo gli occhi fissi sul futuro.
È in questa tensione continua tra gli opposti che si misura la grandezza di un film che ha saputo catturare con lucidità e garbo la dualità di un paese come l’Italia, in continua lotta con se stesso in una corsa sfrenata verso quel futuro che deve essere necessariamente migliore perché costruito sul rinnegamento delle proprie radici e sul sacrificio degli altri.