Considerato uno dei poeti più elitari del Novecento, Fernando Pessoa è sbarcato alla 75. Mostra del Cinema di Venezia grazie a Giulio Base, che ha presentato nella sezione Sconfini il suo Il Banchiere Anarchico. Tratto dall’omonimo racconto-pamphlet dello scrittore portoghese, il film narra l’acceso confronto tra un potentissimo banchiere (Giulio Base) e l’unico commensale (Paolo Fosso), forse il suo unico amico, al termine di una cena organizzata per festeggiare il suo cinquantesimo compleanno. Tema di dibattito l’ascesa verso l’enorme ricchezza del banchiere, che sostiene sia il frutto di una lotta sociale evoluta. Una battaglia da portare avanti in solitudine, a differenza di quanto sostenuto dagli anarchici duri e puri. Per condurre una vita rivoluzionaria – sostiene il tenebroso protagonista – c’è un unico modo: isolarsi dal resto del mondo ed allontanarsi dalle «puttane della dottrina libertaria». E il denaro accumulato serve per raggiungere un unico scopo: la libertà…
IL DENARO È PIÙ FORTE DI TUTTO
Smoking, baffi e capelli impomatati: così si presenta il banchiere anarchico di Giulio Base, che si è triplicato nelle vesti di regista, sceneggiatore e attore. Il protagonista stordisce il commensale con una esposizione sofistica, ricca di invettive contro le ingiustizie della borghesia e del veleno mortale che mina la libertà dell’uomo, ovvero il denaro. Una ricchezza raggiunta senza scrupoli e senza regole: il denaro è più forte di tutto ed è l’egoismo la pulsione più potente di ogni essere umano.
I temi trattati nel corso degli 82′ di metraggio sono diversi quanto terribilmente attuali: la borghesia, la lotta di classe, le finzioni sociali. Argomenti scottanti e affrontati senza satira, con denunce feroci che fanno infervorare il banchiere, incalzato dal commensale alla ricerca di una spiegazione circa la sua anarchia.
Un’opera estremamente ambiziosa, con Giulio Base che porta sul grande schermo un cinema colto, con riflessioni filosofiche ma anche personali: il banchiere si interroga e prova a criticare obiettivamente le ingiustizie verso se stesso e verso i suoi ex amici e compagni. E c’è un dettaglio particolarmente interessante e originale: il ricco non è raffigurato con particolari connotazioni negative, ma è una persona affascinante e colta. L’incarnazione del potere e la sua stessa spiegazione: il denaro come simbolo di libertà, l’individualismo come unica strada per portare avanti una rivoluzione anarchica. E un pensiero ben chiaro: non devono esistere disparità o disuguaglianze, se non quelle naturali.
UN’OPERA AMBIZIOSA DALLA FORTE IMPRONTA TEATRALE
Il regista opta per un’impostazione teatrale: messinscena spoglia, solo due personaggi e un interessante gioco di luci ed ombre che sembrano voler comunicare allo spettatore lo stato emotivo del banchiere. Particolarmente accattivanti le panoramiche circolari e la scelta di affidare frequentemente il racconto dei protagonisti a primi e primissimi piani, con Giulio Base che cura con attenzione particolarmente semiotica il dettaglio e il particolare. Infine, una menzione per l’ottimo commento sonoro di Pietro Freddi.
Il Banchiere Anarchico è una produzione decisamente inusuale per il mercato italiano, girata con evidente passione, confezionata con cura e costruita su una solidissima base culturale e con grandissimo rispetto per le pagine di Pessoa: tutte caratteristiche che ne fanno un film a tratti sorprendente, che vi consigliamo di recuperare non appena verrà distribuito.