La regista Sarah Marx ha debuttato al lungometraggio con L’Enkas (Truk), una storia ambientata in Francia sulla riabilitazione problematica degli ex detenuti, da lei scritta insieme ai rapper Ekoué Labitey e Hamé Bourokba (fondatori del gruppo La Rumeur), e da questi prodotta con Dominique Lancelot. Il film è stato presentato alla 75. Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti.
Partendo dagli inizi, come avete iniziato la vostra carriera nel cinema?
S. Marx: In realtà ho iniziato studiando storia e geopolitica all’università a Parigi. È stato li che ho incontrato Hamé ed Ekoué, diciotto anni fa. Questo succedeva negli anni novanta in cui la cultura hip hop era molto sentita nella cultura popolare e infatti iniziai facendo videoclip, video a concerti e interviste in quel settore. In seguito sono entrata nel mondo dei documentari e ho passato 18 mesi in carcere seguendo le vite di otto detenuti. Di fatto è stato come è nata l’idea per il nostro film; le esperienze che ho vissuto osservando la loro permanenza in cella e la loro successiva riabilitazione con tutte le conseguenze logiche che apportava sono stati gli elementi di base per il nostro film. A me interessa principalmente testimoniare la realtà per raccontare storie di persone reali in modo tale da trasmettere le loro esperienze.
Ekoué: Sono una persona che adora la competizione, ho sempre cercato di dimostrare di essere il migliore nella scena rap e adesso nel cinema. Volevamo dare una voce a chi non viene rappresentato nel cinema ed è quello che abbiamo fatto con il nostro film.
Infatti una delle cose che ci ha colpiti del vostro film è stata l’immagine molto vivida e ‘vissuta’ della prigione che è stato in grado di trasmettere nella parte iniziale.
S.Marx: Sì infatti sono scene a cui ho assistito personalmente durante le riprese del documentario. La scena del sorriso del protagonista è stata scritta appunto per mostrare come in carcere il sorriso venga usato come smorfia per mascherare le proprie emozioni. La scena in cui dei prigionieri parlano dal cortile agli attori in cella è stata improvvisata dagli attori, dato che i prigionieri credevano fossero veramente dei detenuti. Tutte le riprese e gli scenari sono stati scelti per essere il più evocativi possibile di situazioni reali. Quando abbiamo scritto la sceneggiatura di l’enkas abbiamo passato moltissimo tempo a curare i dialoghi e ad assicurarci che fossero coerenti con la realtà che conosciamo.
Per voi è essenziale immergervi completamente nell’ambiente di cui volete scrivere?
Hamé: Penso che confrontare le nostre esperienze ci abbia assolutamente aiutato ad ancorare i personaggi alla vita reale e a veicolare la vera essenza delle persone da cui abbiamo tratto la nostra storia.
S. Marx: è qualcosa che ci ha permesso di tagliare tutto ciò che non fosse essenziale, abbattere qualsiasi ostacolo tra la realtà e lo spettatore. In questo è stato anche molto utile il rapporto che ho con Hamé e Ekoué; dato che ci conoscevamo già da diciotto anni mentre scrivevamo la sceneggiatura riuscivamo a individuare immediatamente quando qualcosa sembrava fuori posto, non coerente con la persona che lo stava scrivendo. Nel processo creativo non voglio essere io al centro di tutto ma voglio condividere il più possibile con i miei collaboratori.
Quindi, Sarah, non progetti di scrivere o dirigere qualcosa da sola?
S. Marx: Al momento non è una priorità, preferisco trovare qualcuno con cui condivido una visione e cercare di trasmettere la nostra visione del mondo. Facendo un esempio de l’enkas il dottore all’interno del film ha avuto un grandissimo impatto sulla sceneggiatura. È un vero dottore che ho seguito durante le visite che faceva e grazie ai suoi input hanno preso forma i personaggi del dottore, di Gabriel e soprattutto della madre di Gabriel. Per me è fondamentale durante il processo di scrittura “cogliere” qualcosa da una persona reale e lavorare con altre persone facilita questo processo.
Ekoué e Hamé, avete sia scritto che prodotto questo film, e Sarah oltre a sceneggiarlo lo ha anche diretto. Com’è stata la vostra esperienza sul set?
Ekoué: La nostra relazione sul set è stata aiutata tantissimo dalla nostra amicizia di lunga data, avevamo una idea chiara di quello che volevamo girare e sul set la divisione delle responsabilità è avvenuta in maniera naturale, abbiamo potuto comunicare sempre in maniera libera e non dovendo mai preoccuparci di fraintendimenti.
Spesso nel cinema gli sceneggiatori sono molto distaccati dalla realizzazione vera e propria del film, ma nel vostro caso non è così. Pensate sia importante che gli sceneggiatori siano più presenti?
S. Marx: Mia madre è stata una delle fondatrici della writers guild francese ed è diventata produttrice proprio per potere seguire meglio le proprie sceneggiature ed assicurarsi che siano il più fedeli possibili alla visione originale. Penso che gli sceneggiatori dovrebbero sempre essere coinvolti in qualche maniera durante la realizzazione di una sceneggiatura ed è un peccato che spesso non sia il caso.
Ekoué: Nella scena Hip Hop avevamo sempre un’energia centrale che trascinava tutti, penso che sia necessaria anche nel cinema e che tutti siano focalizzati nella stessa direzione e che lavorino insieme come una singola unità.
Avete una scena del film che vi è piaciuto maggiormente scrivere?
Hamué: Beh, molte delle scene hanno subito grandi cambiamenti durante il processo di scrittura, ma la scena in cui la madre spruzza ossessivamente l’anti-odore per casa è stata l’unica a non essere mai toccata dal principio alla fine della sceneggiatura, quindi se ne dovessi sceglierne solo una sceglierei quella.
Durante la presentazione alla stampa di Venezia 75 Alberto Barbera ha parlato di come il passato della settima arte abbia influenzato il cinema di oggi e di come le nuove tecnologie – come la realtà virtuale – potrebbero segnarne il futuro. Come vi ritrovate in questo quadro ?
S. Marx: Penso che le nuove tecnologie siano interessanti perché potrebbero permettere una maggiore vicinanza al personaggio che stiamo mostrando.
Ekoué: Noi siamo molto interessati a mostrare gli aspetti della società che non si vedono spesso nel cinema moderno e mettere in evidenza una parte della realtà spesso messa in secondo piano.
Hamué: Anche se a noi interessa più mostrare le difficoltà che le persone devono affrontare ogni giorno e in ciò realismo e realtà non vanno necessariamente mano nella mano.
(intervista a cura di Marco Riggio)