Nella periferia di Napoli, esattamente nel comune di Sant’Anastasia, il santuario della Madonna dell’Arco è meta ogni anno di migliaia di pellegrini, fedeli e devoti che si rivolgono all’immagine mariana per invocare un miracolo. Il culto della Madonna dell’Arco è molto diffuso in tutta la Campania, in particolare nel capoluogo, dove si celebrano processioni e da cui partono i cosiddetti “fujenti” o “battenti” i quali, una volta raggiunto il luogo sacro, “strisciano” letteralmente nel pavimento del santuario fino a raggiungere la statua della Madonna alla quale affidano un’intercessione.
Anatomia del miracolo, il nuovo documentario di Alessandra Celesia, segue tre donne, diversissime tra loro ma accomunate dalla loro relazione con la fede, in particolare con il culto della “Madonna con il livido”, chiamata così perché secondo la tradizione nel XV secolo la statua fu presa a calci da un uomo che tornava a casa bestemmiando perché aveva perso al gioco. In seguito alle percosse sul viso della Vergine rimase un livido che venne, e viene ancora, interpretato come un segno divino. Ma anche dal forte significato mistico per chi le attribuisce la “potenza” per alleviare o togliere i lividi e le cicatrici che ognuno porta nel corpo e nell’anima.
La prima donna è Giusy Orbinato, una giovane ipovedente che vive in carrozzina fina dalla nascita, autrice di una tesi universitaria sui culti mariani. Giusy non ha fede ma abita a pochi metri dal santuario, così ogni mattina e ogni sera dà il buongiorno e la buonanotte alla Madonna. È una donna razionale e pragmatica, non chiede miracoli ma nonostante ciò tutti i giorni si chiede perché sia capitato proprio a lei. Una domanda destinata ovviamente a non avere risposte, tranne che non si prenda per buona la spiegazione di un’altra donna incontrata durante la sua indagine e che vive la sua stessa condizione fisica: “Se non sei disperata e non hai la forza di chiedere qualcosa significa che stai bene così”. Poi c’è Fabiana, una trans napoletana che vive la sua indipendenza con una libertà disincantata, ai limiti dell’ingenuità e della ‘purezza’. Fabiana ha un rapporto speciale con la nipotina e nelle processioni porta a spalla la statua della Madonna dell’Arco. Infine la dolcissima e delicata Sue, un’artista coreana che vive la sua fede attraverso la musica, perché “è il linguaggio di Dio, e l’uomo è l’unica creatura che non conosce il suo canto”. Sue chiede alla Vergine di poter diventare madre.
Storie e persone molto diverse tra loro, intorno alle quali ruota un’intera umanità ma in cui al centro c’è la Madonna dell’Arco che fa sentire sempre la sua presenza, così come sempre presente è Napoli, la sua gente, le sue strade, i suoi personaggi, siano essi scugnizzi, neomelodici, artisti veri o presunti, o suore interessate a lavorare con vecchie macchine da cucire o, le più giovani, a catturare il canto degli uccelli con lo smartphone. «È la magia di Napoli, bellezza», si direbbe, peraltro già celebrata in varie forme e in tanta cinematografia. Il docufilm di Alessandra Celesia, con la collaborazione di Elisabetta Moro, docente universitaria di antropologia culturale, si inserisce a pieno titolo su questo filone. La regista di Aosta conduce il lavoro con mano sicura sia dal punto di vista tecnico che attraverso uno script coerente e lineare, pur rappresentando aspetti vari e profondi dell’animo umano che però mai sembrano sovrapporsi, confondersi o essere superflui.
Il suo più grande merito è quello di aver diretto un film incentrato sulle persone. Sono infatti loro che, attraverso primi piani e inquadrature sempre molto attente, definiscono il contesto e il territorio in cui vivono, ora esaltandolo ora mostrandone limiti e problematiche. La costruzione cinematografica è veramente curata per gli interi ottantatre minuti di film, ma in qualche passaggio purtroppo ciò non basta per ergersi a novità assoluta, o a scivolare, come nella scena finale, in qualcosa di emotivamente e visivamente molto forte ma altrettanto debole come valore aggiunto del lavoro, che però lo spettacolarizza. E’ forse per questo, come già sta avvenendo in Francia e Svizzera, che il film sarà particolarmente apprezzato anche all’estero, dove una certa realtà italiana fatta di tradizioni tra fede, misticismo e superstizione hanno forse un appeal maggiore che in madre patria.
Anatomia del Miracolo ha ottenuto il prestigioso riconoscimento Les Etoile de la Scam ed è stato presentato al Festival di Locarno. In Italia è stato proiettato al Festival dei Popoli di Firenze, dedicato ai documentari, dove peraltro la regista si era già distinta vincendo la 54° edizione. Anatomia del Miracolo forse è un titolo un po’ ambizioso, tuttavia è senz’altro un miracolo che la squadra che trasporta in processione la statua della Madonna dell’Arco non sia composta come ci si aspetterebbe solo da uomini ma anche da donne e da transgender. Miracoli napoletani.
Anatomia del Miracolo sarà in sala dal 13 novembre con una circuitazione atipica: inizierà il suo tour da Milano, per poi proseguire in molte altre città. All’elenco date si aggiungeranno a brevissimo la data di Bologna e quelle di Lecce, Bari e Foggia.
13/11 Beltrade Milano
14/11 Nuovo Cinema Aquila Roma
15/ 11 Nuova Luce Urbino
19/11 Cinema Don Bosco Genova
20/11 Cinema Massimo Torino
20/ 11 Cinema Il Piccolo Matera
21/11 Cinema Verdi a Candelo (Biella)
22/11 Cinema Sereno Brescia
22/11 Associazione Tralaltro Padova
23/11 Arci Movie Napoli