Malmkrog è il film di Cristi Puiu, vincitore del premio Encounters Award – Miglior Regista al Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2020 e presentato al Trieste Film Festival 2021.
LO SCRIPT DEL NUOVO FILM DI PUIU SI REGGE INTERAMENTE SULLA SPECULAZIONE FILOSOFICA
Malmkrog assume lo sfondo storico di un tardo ottocento est-europeo. Qui, snoda tematiche differenziate restituite nella densità dei dialoghi fra i personaggi. Così, posizioni filosofiche, teologiche, visioni del mondo e della storia si intrecciano in modo originale. La dinamica dialogica che sorregge l’intera struttura dello script è affidata all’arguzia argomentativa di cinque nobili che si riuniscono in una tenuta di campagna. Questa si trova proprio a Malmkrog, villaggio della Transilvania.
MALMKROG, IL FILM BASATO SULLE OPERE FILOSOFICHE DI SOLOV’ËV
Il film di Puiu è costruito sulle opere filosofiche di Vladimir Solov’ëv. Lunghe trattazioni che si combinano con una regia che usa spesso la continuità del piano-sequenza. Questa articolazione di linguaggi, cinematografico, speculativo, dialogico è una delle cifre più interessanti di Malmkrog. I dialoghi sono resi in un francese storpiato dal russo, il che genera un’ulteriore stratificazione linguistica. L’immagine, che usa l’impressione immediata, qui trova nuova collocazione. Viene allungata, diluita nell’insieme della riflessione sistematica di stampo filosofico.
IL FILM DEL REGISTA RUMENO COME CRITICA STORICO-SOCIALE
L’utilizzo di argomentazioni tanto esplicite, di lunghi ragionamenti, diventano il mezzo tramite cui Malmkrog parla della Romania odierna. In questo vasto campo della parola, poco spazio viene lasciato al non-detto. Il silenzio è una presenza assente, un’immagine opposta e speculare al discorso. La parola, spesso confusa, spesso fallace – e più volte citata partendo dallo stesso vangelo di Giovanni – trova la sua centralità ma viene anche destituita dal bisogno del silenzio. Per questo, la mano della regia si muove anche nelle periferie della servitù dove ha luogo il non-detto. Questo conferisce spazio all’azione, all’immediatezza dell’immagine contro la pedanteria esplicita del discorso.
MALMKROG DI PUIU COME TRATTATO DI FILOSOFIA DELLA STORIA
Sull’oscillazione fra la filosofia e l’anti-filosofia, fra il pensiero e l’azione si pone la strutturazione sociale aristocrazia-servitù. Un’articolazione necessaria che implica un meccanismo di autocoscienza storica e che non solo richiama Hegel – tanto ottocentesco quanto Solov’ev – quanto più in generale certe precise dinamiche sociali. L’Anticristo tanto professato in Malmkrog, così, diventa un tema sociale e storico che vede nella speculazione e nella differenziazione sociale una philosophia perennis. Allo stesso modo, il lavoro di Puiu, diventa una serrata critica alla supremazia dell’Occidente. Un’opposizione a quella tendenza atavica, hegeliana, pseudo-razzista nel vedere lo spostamento e l’evoluzione della storia come un percorso eliodromico che lascia indietro l’oriente e si sposta sempre di più verso l’occidente.
IN MALMKROG LA POTENZA DELL’ARGOMENTAZIONE CONTRO LO SLOGAN
Su queste linee intrecciate di antropologia, filosofia e teologia si costruisce la narrazione di Malmkrog. Un lavoro ai limiti dell’estenuante per lo spettatore che non parta con la migliore delle predisposizioni, ma anche una spinta oltre il limite della sceneggiatura. In questa filosofia della storia costruita da Puiu non esiste l’immediatezza dell’immagine. Le inquadrature, i piani sequenza, le scene non lasciano intendere, ma obbligano all’ascolto prolungato. Malmkrog non fa altro che raggirare la grammatica del cinema centrata sull’immagine. La utilizza, non la scarta, ma la obbliga a porsi sullo sfondo rispetto alla potenza del dialogo. Questo, di fatto, dipende anche dall’ottima prova attoriale dei cinque conviviali.
IL PENSIERO E L’AZIONE NEL FILM CRISI PUIU
La filosofia, arma retorica dell’aristocratico benestante, viene però distrutta dall’interno, nel momento in cui irrompe l’azione. Lo sconvolgimento narrativo che arriva solo nella seconda metà del film non rappresenta altro che la decostruzione del discorso filosofico. I voli pindarici della riflessione sull’ontogenesi della guerra, della vita e della morte sono posti di fronte al realismo dell’atto. L’azione manda avanti la storia che, nella forma più esasperata, diviene guerra come conquista e supremazia ideologica. La filosofia si limita a interpretare, confinata al ruolo di nottola di Minerva.
MALMKROG E L’ORIGINE DE LA GUERRE
Puiu costruisce una visione logo-centrica mediante la narrazione, per poi metterla in crisi e destrutturarla. A vincere, di fatto, è la potenza inconscia rimossa, come sopravvivenza e guerra. L’azione come impulso vince di fronte all’illusione della sua negazione con il mezzo speculativo. La guerra e l’azione, di fatto, costituiscono la continuità della pulsione naturale come inesauribilità del desiderio. Bene lo mostra l’Origine de la guerre di Orlan. Così Malmkrog racconta la sua verità, quella in cui la lentezza e l’illusione del pensiero soccombono all’immediatezza e alla volontà dell’azione, quella in cui la realtà vince sulle sue rappresentazioni, la Storia sulle speculazioni.