Mother Lode è il film di Matteo Tortone presentato alla Settimana Internazionale della Critica di Venezia 78. Il regista, già vincitore del premio per la giuria al Kazan Film Festival per la co-direzione di White Men (2011), nel 2018 è direttore della fotografia per Traverser/After di Crossing presentato in anteprima alla Berlinale, sezione Panorama.
Di cosa parla Mother Lode? La trama del film
Jorge (José Luis Nazario) vive a Lima e lavora come guidatore di un moto-taxi malconcio. Un po’ per intraprendenza, un po’ per sfuggire ai ritmi della propria vita, decide di addentrarsi nelle miniere andine. Questa scelta lo porterà presso La Rinconada, speranza di riscatto per molti lavoratori. In un paese silenzioso, freddo e vagamente mistico, l’immaginazione, il crudo realismo e le leggende popolari sfumeranno irrimediabilmente i propri confini.
Mother Lode: il film in bianco e nero che è quasi un documentario
La prima sequenza in slow motion che ci presenta Mother Lode è quella di una lotta fra galli. Seguono inquadrature strette e fisse di Jorge nel suo moto-taxi. Tutto filtrato attraverso la lente del bianco e nero, che di fronte al caos dell’iper-modernità vuole offrire uno spaccato di arretratezza e così produrre spaesamento. La scala dei grigi diventa un espediente estetico per trascendere la collocazione temporale e astrarre il racconto. Mother Lode, così, arriva a paradossalmente però anche a sfiorare la documentaristica: di fatto, mentre l’intreccio procede a fatica, a costruire una storia nella storia sono una manciata di dialoghi e voci fuoricampo.
Tortone e il gioco sulla doppia temporalità
Tortone conduce lo spettatore in un mondo sospeso. Una cultura che vive una propria temporalità, lenta, inesauribile. I rumori sordi, le inquadrature delle strade in percorrenza, la voce fuori campo che racconta di miti e leggende sul soprannaturale conferiscono a Mother Lode un tono poetico. C’è il tempo della miniera – dice Jorge – e il tempo esterno. L’uno passa lentamente, il secondo con estrema velocità. Questo doppio movimento temporale è un tema essenziale del film di Tortone. La regia si vi si appella, intessendo la descrizione complessiva di due dimensioni ben distinte fra loro: quella che conosciamo e quella che dovremmo conoscere. Mother Lode così, pur profondamente radicato in un tono realistico, assume tratti quasi esoterici e inizia il pubblico a una catabasi che ricorda il celebre ‘sogno della casa’ che portò Jung a ragionare di archetipi.
Timore e tremore in Mother Lode
Mother Lode porta con sé una sorta di fatalismo sopito. Lo stesso che Jorge si trascina dietro spostandosi verso le Ande, sovrastimolato da voci, storie e leggende, di persone che lo mettono in guardia. L’elemento a-storico è indotto da quelle voci popolane, portatrici di prudenza ma anche di paura. Tortone sceglie di offrire spazio al timore religioso, alla venerazione omertosa e alla paura superstiziosa. Questo tratto emerge dall’impressione realista offerta dalle sequenze di Mother Lode: montagne, contadini, campi da coltivare, cene frugali. In quadro naturalistico che è protagonista assoluto – come già visto nella trilogia di Guzmán Nostalgia della luce (2010), La memoria dell’acqua (2015), La cordigliera dei sogni (2019) – si stagliano le rappresentazioni antropologiche del bene e del male.
Quando l’oro appartiene al diavolo: Mother Lode e la Gold Rush dei vinti
In Mother Lode è proprio la paura ancestrale di una natura impervia che origina il timore reverenziale per la figura del diavolo. L’azzardo del popolano che aspira alla ricchezza ha il tono di una colpa morale, di una tracotanza che lo mette a rischio. L’oscurità delle miniere e le dure condizioni di vita custodiscono il sapore di un racconto verista, contestualizzato al presente. L’idea registica, che riesce nell’intento, è dunque quella di dipingere la persistenza dello status dei vinti. Nel frattempo, il male subito dall’uomo, nelle intemperie di una natura sempre dominante, è associato ai fenomeni paranormali. Seguendo le due tracce della lotta ciclica e dell’esorcizzazione simbolica del male (basti guardare alle sequenze sulle frenetiche mascherate da festività popolari) il tema ritorna tragicamente sul bisogno primario di ricerca di senso.