La coproduzione georgiano-britannica Bebia, à mon seul désir (Bebia, al mio solo desiderio), debutto al lungometraggio della regista Jujia Dobrachkous, è stato presentato in anteprima italiana al Trieste Film Festival 2022 dopo la presentazione nel concorso principale del festival internazionale di Rotterdam.
DI COSA PARLA BEBIA, À MON SEUL DÉSIR? LA TRAMA DEL FILM
Ariadna (Anastasia Davidson) torna in Georgia per seppellire la nonna secondo l’usanza del suo paese. Il rito prevede un lungo percorso a piedi attraverso campagne selvagge, per collegare con un filo il luogo della morte con la casa della nonna affinché corpo e anima si ricongiungano. Il percorso sarà motivo di meditazione per la ragazza, che si confronterà con il duro ricordo della nonna materna.
BEBIA, À MON SEUL DÉSIR METTE AL CENTRO DIFFICILI RELAZIONI FAMILIARI
La Dobrachkous in Bebia, à mon seul désir dirige il proprio sguardo sul tema complesso della famiglia disfunzionale. La protagonista è infatti schiacciata da una doppia influenza intra-familiare: la prima deriva dal presente e da un ambiente domestico difficile, la seconda è radicata nel passato e nell’influenza esercitata dalla nonna materna.
IL BIANCO E NERO IN BEBIA, À MON SEUL DÉSIR
Al fine di destoricizzare il tema, in Bebia, à mon seul désir la regista sceglie una fotografia in bianco e nero che diluisce in un’unica temporalità passato e presente, memoria e attualità. Il peso di questa ripetizione, della sofferenza insita nella cura della famiglia, è il punto di congiunzione fra i due tempi narrativi.
Ariadna diventa l’anello della catena che mette insieme i due flussi temporali, ma anche le due generazioni (quella della madre e quella della nonna). Questo fa sempre di più avvertire il senso di soffocamento inter-generazionale della protagonista.
Avvertiamo facilmente in Bebia, à mon seul désir un senso di estraneità e, al contempo, un bisogno di normalità. Una serenità che la protagonista reclama nella sua apatia. Per svegliarsi da questa condizione, la Dobrachkous decide di tracciare per lei le linee classiche del percorso dell’eroe. E in questo arco di costruzione di sé, passato e futuro sono destinati a intrecciarsi con le pene del presente.
IL PESO DELLA NONNA: BEBIA E LA SOFFERENZA EREDITARIA
Oltre il tema stringente dei complessi rapporti intra-familiari, proprio la narrazione diacronica ci permette di vagliare due momenti esistenziali che sono anche due tradizioni diverse. La nonna, matriarca dura e inflessibile, aspra e realista, esercita un’influenza destinata a trasmettersi di madre in figlia. Di questo modello educativo deviato, gli eredi ne portano irrimediabilmente il peso.
Per rendere questo intreccio di temi e tempi, Bebia, à mon seul désir ci mostra un mondo estremamente reale, ai limiti del docu-film. Costumi rigorosi, ritualità georgiane sulla morte che richiamano le prefiche del mondo antico. Le loro urla di fronte alla morte sono il segno di un mondo oscuro, pesante che trascina i propri effetti fino al presente.
IL MITO DI ARIANNA RIATTUALIZZATO IN BEBIA, À MON SEUL DÉSIR
Proprio la morte della matriarca apre uno spaccato antropologico fortissimo che Bebia, à mon seul désir sviscera con intensità. Dobrachkous ci introduce in un mondo misterico che, ancora di più, si lega al passato e all’età arcaica.
Camminando per le campagne (qui è da sottolineare l’ottima fotografia), compiendo il suo viaggio di ricerca , la giovane Ariadna porta con sé un filo – proprio come il mito greco del labirinto e del Minotauro. Quel filo dovrà distenderlo, per collegare anima e corpo della nonna essendo responsabile di questa ricongiunzione. In questo non fatichiamo a cogliere il profondo rigetto.
IL FILM DELLA DOBRACHKOUS TENTA DI TENERE INSIEME TROPPE COSE
Bebia, à mon seul désir non è un film semplice. Il tema è chiaro sin dall’inizio, ma possiamo facilmente accorgerci dello sforzo della Dobrachkous di voler tenere insieme molte influenze che compromettono la linearità del flusso narrativo. Le influenze del passato, la ricerca di senso, la vita e la morte, la sofferenza e la colpa, la superstizione e l’indigenza stanno insieme in un quadro dai toni naturalisti. Tuttavia, rimane su un livello descrittivo senza una chiara offerta di soluzioni (o non soluzioni) al conflitto.
Mettendo in scena una sofferenza strutturale dell’uomo, Bebia, à mon seul désir interpreta la tensione di tutti tra responsabilità, “karma familiare” e necessità di emancipazione. Il film, così, diventa insieme espressione biografica e possibilità di catarsi.