Regista e attore dalla carriera sessantennale, Andrej Smirnov è un autore apprezzato in Russia (nel 2003 gli è stato anche riconosciuto il titolo di Artista del Popolo Russo). Il suo ultimo lungometraggio A Frenchman (titolo originale Francuz, scritto anche Frantsuz), in concorso al Trieste Film Festival 2021 dopo il debutto internazionale al Festival di Rotterdam, tratta un periodo particolare della storia dell’Unione Sovietica.
A FRENCHMAN (FRANCUZ) RACCONTA LA STORIA DI UN FRANCESE NELLA MOSCA DEGLI ANNI CINQUANTA
Pierre Durand (Anton Rival) è uno studente francese che nel 1957 ha la possibilità, grazie ad un tirocinio all’Università di Stato, di partire per Mosca. Nella capitale russa il giovane fa la conoscenza della ballerina Kira Galkina (Evgenija Obraztsova) e del fotografo Valera Uspenskij (Evgenij Tkačuk), i quali lo portano a scoprire una città che, nonostante il regime sovietico, non è impermeabile all’influenza culturale dell’Occidente. Tuttavia A Frenchman (Francuz) ci mostra che il nostro protagonista, comunista dalla madre russa, ha voluto fare questo viaggio anche per altri motivi, in primis la ricerca delle proprie radici.
TRA OMAGGI AL CINEMA EUROPEO ED ESPERIENZE PERSONALI, A FRENCHMAN (FRANTSUZ) È L’ELEGANTE AFFRESCO DI UNA GENERAZIONE IN BILICO
Smirnov, autore dalla filmografia non particolarmente nutrita (per ben trent’anni è rimasto fermo per evitare la censura di Stato sovietica), con A Frenchman (Frantsuz) realizza un ritratto accurato e raffinato di un’epoca, a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, in cui nell’URSS c’era un clima di relativa libertà (nonostante, ad esempio, non fosse ufficialmente permesso suonare nei locali il jazz era comunque tollerato negli ambienti underground), a patto che non venisse messo in discussione il marxismo (un altro film che tratta una tematica simile è Summer di Kirill Serebrennikov).
Attraverso gli occhi di un personaggio non cresciuto in un paese dal governo totalitario, ci rendiamo conto, soprattutto nella seconda parte di lungometraggio, di come in realtà la presenza oppressiva dello Stato abbia pesantemente condizionato la vita di tutti i russi; mescolando storia d’amore e dramma familiare (la trama è ispirata a storie personali realmente accadute), A Frenchman (Frantsuz) però vuole lanciare allo spettatore un messaggio di speranza e di resistenza ad ogni tipo di sopruso politico e culturale (il film è dedicato alla memoria di Aleksandr Ginzburg, uno dei primi dissidenti della dittatura sovietica).
Esteticamente la pellicola, girata in bianco e nero, è un grande omaggio non solo alla Nouvelle Vague francese degli anni Sessanta ma anche al cinema italiano di quegli anni (un’operazione che a tratti riecheggia quella che fece nel 2018 Pawel Pawlikowski con il suo Cold War); a parte qualche lungaggine di troppo il film ha il ritmo giusto e la costruzione delle dinamiche tra i personaggi non appare mai forzata, merito anche dell’ottimo lavoro svolto da tutti i membri del cast (in particolare Anton Rival, attore dalla presenza fisica che ricorda i protagonisti maschili di alcune delle opere di Godard o Truffaut).
Tra nostalgia e critica sociale, A Frenchman (Francuz) è uno splendido affresco che non solo ci riporta ad una stagione quasi irripetibile ma che ci mette in guardia contro i pericoli di una società in cui qualsiasi espressione della natura umana è soffocata in nome di un regime feroce e spietato.