Banat – Il viaggio è il primo lungometraggio di Adriano Valerio. Il film non è di facilissima lettura essenzialmente per due motivi. Il primo motivo, voluto dal regista, perché i dialoghi sono ridotti all’osso e solo una grande Piera degli Esposti consente allo spettatore di uscire di tanto in tanto da una sorta di apnea visiva. Il secondo motivo, presumibilmente non voluto, è un disorientamento narrativo che rende la storia troppo fragile. Eppure nella struttura dello script c’erano tutti gli ingredienti per poter approfondire la natura dei protagonisti, i flussi sociali ed economici che regolano il racconto e i personaggi con cui le figure principali vengono a contatto. Soltanto la solita Piera degli Esposti emerge nonostante questi limiti, ma la sua bravura interpretativa e la sua presenza scenica sono sempre una garanzia.
Ivo e Clara sono due trentenni che vivono a Bari. Le loro vite si incrociano per una notte ma da allora saranno destinate a non perdersi di vista. Ivo è un agronomo disoccupato che sta partendo per seguire un progetto in Romania in una sorta di ‘emigrazione al contrario‘, precisamente nella regione del Banat, dove ha trovato un’opportunità per la sua professione. Clara invece è una restauratrice di barche che il giorno seguente il loro incontro sarà licenziata.
Quella di Valerio è una pellicola sul coraggio di vivere, anche a costo di cercare altrove le proprie radici e perfino a costo di ripartire quando il futuro va in fiamme. Nel suo incipit il film omaggia Bari con lo strepitoso gol del diciassettenne Antonio Cassano che con un “tacco a seguire” arrivò ad infilare la porta dell’inter. Era il 18 dicembre del 1999. A Bari tutti aspettavano la neve ma dopo quel gol tutti aspettarono la successiva partita di Cassano. Il giorno dopo sarebbe invece iniziata l’avventura di Ivo in Romania. Ma il calcio nel film fa capolino nel finale anche sul versante rumeno dove le prodezze sportive si misurano con i capricci del potere.
Edoardo Gabbriellini ed Elena Radonicich, i due protagonisti, sembrano molto a loro agio, ma forse è Gabriellini a soffrire di più della scarsità di dialoghi. La Radonicich dà una prova molto corporea del suo personaggio e, considerando la bravura e l’avvenenza, se la cava egregiamente. È già un quasi cult la sua performance psichedelica di “Scusa se t’amo t’amo” cantata sopra la voce e le note di Rosanna Fratello davanti alla faccia divertita di Ivo. La scena non rimarrà scolpita nella roccia come quella di “Nove settimane e mezzo” con Kim Basinger e Mickey Rourke ma ad averceli momenti così spiazzanti nel cinema italiano.
Adriano Valerio, che con il suo Banat – Il viaggio è in nomination nei David di Donatello nella categoria “miglior regista esordiente”, dimostra una grande padronanza della macchina da presa. Nella sua opera prima c’è forse un abuso dei campi lunghi, in verità molto suggestivi ma probabilmente funzionali ad una storia poco ‘indagata’, e la sensazione è che abbia ancora molto da dire. Banat è stato realizzato grazie una produzione italiana, rumena, bulgara e macedone. Per vedere le doti di Valerio occorrerà quindi, probabilmente, aspettare, augurandogliela, una produzione che gli metta a disposizione più mezzi e risorse per esprimere il suo talento.
Con Banat inizia il viaggio di Adriano Valerio
In un interessante debutto, il regista italiano racconta una storia di 'emigrazione al contrario'. Il linguaggio filmico è però migliorabile.