La ricercatrice e artista visuale Alice Lenay ci porta nel lato oscuro del web, analizzando il lato tecnologico e quello umano che si nascondono dietro le videocamere dei computer. Presentato in anteprima italiana al Biografilm Festival di Bologna, nella sezione Contemporary Lives, Dear Hacker è un messaggio artistico e documentaristico verso tutti coloro che decidono di spiare consapevolmente una persona attraverso l’obiettivo di una webcam.
Cosa si nasconde nella nostra webcam?
La regista, nel suo film d’esordio, dopo aver visto lampeggiare la sua webcam senza motivo, ha iniziato a porsi numerosi interrogativi e si è lanciata in una sorta di “caccia al tesoro” per comprendere come sia possibile e cosa si possa nascondere dietro l’hardware e la programmazione del suo pc. Alice Lenay, che è un’artista visiva e ricercatrice universitaria. analizza il fatto da un punto di vista filosofico, facendo numerose ipotesi sulle motivazioni che spingono un presunto hacker ad insinuarsi nella vita di un’altra persona. Utilizzando lo stesso mezzo da cui è partita la ricerca, Lenay intervista alcuni amici ed esperti in informatica.
Dear Hacker è un’indagine filosofica sui mezzi tecnologici
Il debutto di Alice Lenay si configura come un documentario, che ha come mezzo espressivo e di indagine quello dell’intervista e della ricostruzione di un fatto realmente accaduto. La regista non vuole indagare veramente sulla persona (o l’organizzazione) che si nasconde dietro l’intrusione, ma sulle connessioni che rendono possibile tutto questo. Le interviste sono, infatti, mediate dal pc e condotte integralmente in videochat, sottolineando i problemi e le interferenze che la barriera tecnologica pone tra gli esseri umani. La stessa protagonista è sempre ripresa dalla sua webcam e il film non sembra mostrare altri punti di vista, se non quello di Lenay e dei suoi intervistati. Internet è un vero e proprio cosmo, dove luci, suoni e colori a volte si confondono e dove anche il disturbo di frequenza anima qualcosa di nuovo, diverso dall’essere umano, ma che di fatto funziona allo stesso modo. Elettricità, circuiti e obiettivi sono dunque gli stessi elementi che ritroviamo nell’occhio umano, ma che allo stesso tempo ci allontanano da esso.
Il film si pone troppe domande che non portano ad una risposta concreta
Alice Lenay compie un’indagine che parte da un fatto reale per poi disperdersi in mille teorie e ipotesi, poco vicine alla realtà. Si comprende facilmente l’intenzione della regista, che è quella di spostare l’attenzione dall’hacker che, probabilmente, ha infettato il suo pc per il solo gusto di spiarla, verso un modo alternativo di vedere le cose. Potrebbe essere stato un hacker, ma anche un fantasma, un’entità che nasce dai flussi di energia elettrica generati dal rumore, oppure possiamo dotare di vita propria le nostre macchine, attribuendogli valori aggiuntivi. I ragionamenti di Lenay sono del tutto comprensibili e condivisibili, ma quello che non è pienamente riuscito è la resa filmica, che risente della mancanza di uno script e di una linearità visiva, facendo perdere facilmente l’attenzione allo spettatore. Nonostante il ragionamento sia piuttosto astratto Dear Hacker è un documentario di sicuro interesse, che accende domande teoriche sul rapporto tra individualità e tecnologia.