A Cooler Climate è l’ultimo lavoro di James Ivory, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022, dove è stato insignito del premio alla carriera. Un film di formazione, girato nei primi anni ’60 e mai terminato, che oggi vede la luce grazie allo stesso regista, che a 94 anni ha deciso di completare il documentario in forma di autobiografia, con la collaborazione alla regia di Giles Gardner e le musiche di Alexandre Desplat.
A Cooler Climate rappresenta l’inizio della brillante carriera del premio Oscar James Ivory
A Cooler Climate è un docufilm sorprendente per la sua compostezza ed essenzialità, quanto per la profondità dei temi trattati. Lo script è in forma di documentario e allo stesso tempo biografia e si snoda su questi due aspetti principali. Da un lato la visione lucida dell’Afghanistan degli anni ’60, attraversato con il piglio di un esordiente curioso e appassionato, dall’altro l’autobiografia del regista, che cercando il girato incompiuto apre agli spettatori le porte del suo studio e della sua casa, raccontandosi apertamente.
In A Cooler Climate la narrazione del sé e il racconto dell’altro
A Cooler Climate rappresenta l’occasione per il regista 94enne di completare un percorso iniziato nel 1957. Da grande appassionato di arte, Ivory inizia la sua carriera proprio come documentarista, con un film su Venezia, che lo porta successivamente a spingersi verso l’Asia, per filmare la sua grande passione per la cultura indiana nel corto-documentario The Sword and the Flute.
Il regista, premio Oscar nel 2018 per la sceneggiatura non originale di Chiamami col Tuo Nome diretto da Luca Guadagnino, decide di far rivivere un girato rimasto chiuso in una scatola per 60 anni, riprendendo le bobine del suo secondo corto-documentario, mai terminato per una serie di eventi che successivamente hanno spostato la sua attenzione verso le opere di finzione.
La carriera di Ivory è infatti decollata nel 1963 con il primo lungometraggio Il Capofamiglia, tratto dal libro di Ruth Prawer Jhabvala, scrittrice con cui ha successivamente iniziato un sodalizio durato oltre 30 anni, insieme al produttore Ismail Merchant. Merchant e Ivory, in poco tempo hanno lanciato la loro casa di produzione, che ha prodotto i più grandi successi del regista, da Camera con Vista a Mr & Mrs Bridge, da Casa Howard a Quel Che Resta del Giorno.
A Cooler Climate, la ricerca del clima ideale come motivazione per l’avventura
Il documentario di Ivory, che oggi vede la sua conclusione con le considerazioni di un regista che ha fatto la storia del cinema indipendente, parte dalla ricerca di un luogo in Asia climaticamente più accettabile rispetto all’India. Il clima diventa dunque il pretesto per documentare l’Afghanistan, un paese su cui in occidente, aleggiava un alone di mistero.
Non ancora territorio di contesa tra URSS e USA, Ivory trova un pease ancorato a tradizioni ancestrali, fermo al 13esimo secolo. Ciò non impedisce al giovane regista di sfidare se stesso, soprattutto quando si rende conto che in quel paese, dominato per secoli da una moltitudine di etnie e casate che ne hanno segnato irrimediabilmente l’identità, mancano totalmente i riferimenti all’arte, che Ivory aveva immaginato.
Nessuna moschea, castello o qualsivoglia monumento a documentare il passato e il presente di Kabul e dell’Afghanistan, solo montagne e polvere. A rendere ancora più nostalgico il documentario è il filmato dei Buddha senza volto, unico residuo culturale del paese, fatto esplodere dai talebani negli anni ‘2000.