In questa edizione della Mostra del Cinema di Venezia sono stati presentati in concorso e fuori-concorso moltissimi generi cinematografici: dal biopic (The Bleeder, Jackie), alla fantascienza (Arrival), dal mélo (The Light Between Oceans) al documentario (American Anarchist), dalla commedia per adolescenti (Piuma) fino a quella più “impegnata” (El Ciudadano Ilustre), dal musical (La La Land) fino alla spy story (The Age Of Shadows); un altro genere presente quest’anno, abbastanza snobbato in passato dal festival e riscoperto di recente, è quello dei cosiddetti “anime” (l’animazione giapponese).
Il 2005 è stato l’anno della consacrazione degli anime nel mondo del cinema d’autore, grazie all’assegnazione del Leone d’Oro alla carriera ad Hayao Miyazaki, mentre nel 2013 la Mostra presentò addirittura due film animati provenienti dal Sol Levante: uno fuori concorso (Capitan Harlock 3D) e uno in concorso, ovvero l’ultimo capolavoro di Miyazaki (Si alza il vento); già Capitan Harlock fu un anime abbastanza inusuale per il Giappone, essendo stato prodotto completamente usando l’animazione tridimensionale, una tecnica poco usata dagli animatori giapponesi, nonostante negli ultimi anni viene usata sempre di più come supporto alla produzione di alcuni anime serializzati in TV (già Cowboy Bebop ne faceva parecchio uso negli anni ‘90).
Quest’anno a Venezia è stato presentato, fuori concorso, un anime che farà molto parlare di sé in Estremo Oriente, Gantz:O, anch’esso completamente prodotto in 3D; come la stragrande maggioranza della produzione animata giapponese (cinematografica e non), anche questo film, opera prima di Yasushi Kawamura (in passato produttore di videogiochi), è basato da un manga (Gantz) creato da Hiroya Oku, da cui è già stato tratto in passato una serie animata omonima; le versioni manga e anime serializzate furono già atipiche quando vennero rilasciate in Giappone, essendo entrambe prodotte sfruttando pesantamente la computer grafica 3D, e non poteva essere altrimenti la sua ultima versione cinematografica.
Ambientato in Giappone, il film tratta di uno studente liceale, Masaru Kato, che dopo la sua morte si ritrova, in compagnia di altre persone, in una stanza contenente al suo interno una strana sfera nera, chiamata Gantz. Lo studente sarà costretto a partecipare a un “gioco” in cui, dopo essere teletrasportato fuori da quella stanza, dovrà uccidere degli alieni con delle strane armi (che assomigliano a pistole giocattolo) e protetto da una tuta che dovrebbe garantire l’incolumità (fino ad un certo punto) da parte degli attacchi dei mostri; se riuscirà a totalizzare almeno 100 punti avrà tre possibilità: quella di effettuare un upgrade delle armi, quella di resuscitare un ex giocatore morto oppure quella di essere libero da Gantz, non dovendo più giocare di nuovo. Il tutto si svolge nella realtà, in mezzo a città vere ed a passanti veri (vittime di questa situazione), col rischio di morire sul serio: l’unica regola è quella di avere la possibilità di “rimettere a posto” un arto o un pezzo di corpo nel caso si vincesse la partita.
Questa versione cinematografica tratta solo una parte dell’intero manga, cioè i capitoli centrali il cui gioco avviene ad Osaka (mentre i capitoli iniziali del fumetto sono ambientati a Tokyo), con un grande lavoro degli sceneggiatori costretti a modificare alcune parti della trama presenti nel manga per far sì che lo spettatore possa comprendere fin da subito l’ambientazione e le regole del “gioco”, anche se in maniera così frettolosa da disorientare il pubblico in sala (problema principale del trattare un manga fantascientifico in 90 minuti di film).
Questo tempo limitato però è un pregio (non si sa se involontario o voluto dal regista e dagli sceneggiatori) perchè tutti gli elementi trash presenti nel fumetto sono stati rimossi, rendendo un manga a tratti abbastanza squallido e ridicolo un godibile film di animazione. Altra scelta azzeccata del regista è sicuramente l’utilizzo del 3D stile Tekken, che regala allo spettatore un’esperienza quasi videoludica (con un uso massiccio di rallenty e scene POV). I primi 40 minuti della pellicola sono quelli più coinvolgenti, grazie alla sua ottima realizzazione visiva e sonora, ma alla lunga stanca ed annoia, con il solito loop, presente in maniera anche più esagerata nel manga, del “personaggio ammazza mostro, si rigenera e diventa più potente”.
Chi conosce il manga Gantz non può non pensare al gore e allo splatter presente nel fumetto: ovviamente anche nel film è presente una quantità discreta di amputazioni e mutilazioni, ma nella versione cinematografica sono state dosate meglio rispetto a quella cartacea (dove il gore è veramente esasperato).
Fandom palesi per gli appassionati del manga sono la presenza nel film del personaggi di Reika Shimohira, la classica idol prosperosa presente in innumerevoli fumetti giapponesi, e di Kei Kurono, il protagonista della versione cartacea, che nella pellicola appare per pochissimi minuti. Anche l’altro personaggio femminile, Anzu Yamasaki, è un cliché che gli appassionati conoscono fin troppo bene (la ragazza diffidente che poi si innamora del protagonista).
Se nel 2013 la presentazione fuori concorso di Capitan Harlock 3D era giustificata per lo più da motivi pubblicitari e commerciali in Italia, quella di Gantz:O invece è il risultato di un compromesso tra motivi puramente artistici (un’opera prima di un esperto di videogiochi e computer grafica) e motivi commerciali (solo in Giappone, però); sicuro successo in Sol Levante (la data di uscita nelle sale nipponiche è il 14 ottobre 2016), in Italia è quasi certo che non verrà mai distribuito, anche a causa della diffidenza e indifferenza del pubblico italiano nei confronti della produzione cinematografica provieniente dal Giappone (dimostrazione di ciò la fredda accoglienza di Gantz:O da parte di pubblico e critica qui a Venezia).
Venezia 73: la recensione in anteprima di Gantz:O
Presentato a Venezia fuori concorso il lungometraggio animato in 3D ispirato dal famoso manga di Hiroya Oku.