Miglior film, miglior attore non protagonista a Dev Patel, miglior attrice non protagonista a Nicole Kidman, miglior sceneggiatura non originale a Luke Davies, miglior fotografia a Greig Frase, miglior colonna sonora a Dustin O’Halloran e Haushka: delle sei nomination agli Oscar 2017 è altamente probabile che Lion -La strada verso casa ne conquisti qualcuno. Il film diretto da Garth Davis porta infatti sul grande schermo una storia vera che piace tanto ad Hollywood e in fin dei conti non può non toccare le corde emotive degli spettatori. Lion trae la sua forza dalla stessa grande forza insita nell’incredibile vicenda legata a Saroo, il personaggio principale. Ma questo non basterebbe a farne un ottimo film, come in realtà lo è. Il regista australiano ha fatto un grande lavoro, tuttavia nel bilancio complessivo del prodotto finale si nota la mancanza di una coerenza e di un collegamento omogeneo tra le parti temporali che gli impediscono di sprigionare tutta la “potenza di fuoco” che una storia del genere porta naturalmente con sé. Da questo punto di vista non ci sono lacune di sceneggiatura, quanto di uno stile registico che ha puntato all’essenziale senza troppi complimenti, tralasciando di imbattersi nell’elaborazione creativa che probabilmente avrebbe ulteriormente arricchito il lavoro. Detto del limite, occorre però aggiungere che nella direzione (e nella scelta) degli attori Davis ha sfoderato tutte le sue abilità. Non soltanto perché sono nomi di peso come ad esempio Nicole Kidman e Rooney Mara, cosa che non sempre garantisce il risultato, quanto per aver connotato gli interpreti ai profili dei veri personaggi, in alcuni casi somiglianti anche fisicamente. Ma è nella direzione dei bambini che il regista si supera, in particolare in quella di Sunny Pawar che interpreta nella prima parte del film il piccolo Saroo.
Siamo nel 1986, Saroo ha cinque anni e vive insieme a sua madre e ai suoi fratelli nella periferia degradata di un villaggio indiano. La famiglia è molto povera e tutti si devono dare da fare per tirare avanti. Il bambino fa coppia fissa con il fratello maggiore Guddu (Abhishek Bharate) e insieme ricorrono a piccoli espedienti per portare a casa un po’ di cibo. Un giorno si allontanano in bicicletta e giungono in una stazione dei treni, qui Saroo si lascia vincere dal sonno, si addormenta su una panchina e Guddu, dopo aver tentato inutilmente di svegliarlo, lo lascia. Al suo risveglio il bambino chiede aiuto e comincia a cercare il fratello. Mentre lo sta cercando anche nei vagoni che stazionano sui binari, il treno dove è salito parte e si ritroverà suo malgrado ad affrontare un viaggio di due giorni che, dopo aver percorso 1.600 chilometri, terminerà a Calcutta. Nel caos della metropoli indiana, dove non comprenderà neanche la lingua locale, il Bengali, il piccolo si troverà immerso nella drammatica realtà di un’infanzia deturpata e violentata da cui fortunatamente non resterà impigliato. Approdato in un orfanotrofio, viene dato in adozione ad una coppia australiana (Nicole Kidman e David Wenham). Saroo si integra perfettamente in famiglia e nel nuovo ambiente. Quando cresce (Dev Patel) rimane un figlio modello e affettuoso. Il suo profitto è ottimo anche all’università e si fidanza con Lucy (Rooney Mara). Ma un giorno, improvvisamente, avverte il richiamo della famiglia naturale, inizia perciò a documentarsi e a scavare nei propri ricordi per poterla rintracciare. Cosa che avverrà nel 2012 e a cui seguirà dopo un anno anche l’incontro tra le sue due madri.
Lion (il senso del titolo non lo sveliamo) si divide sostanzialmente in due parti: la prima con Saroo bambino e la seconda dalla sua adozione verso l’età adulta. La prima parte è sicuramente la migliore. Il regista australiano cala lo spettatore nelle realtà degradate dei quartieri, delle città e soprattutto dello spirito. Lo fa con crudezza ma anche con poesia, avvalendosi di bambini-attori con cui scatta immediatamente una grande e profonda empatia, ma ricostruendo anche la vicenda con ritmi incalzanti e una progressione ben costruita. La seconda parte è più lenta, più didascalica, meno incisiva. Non tanto per la prevedibilità, quanto perché Davis si lascia andare a toni troppo sfruttati nel panorama del cinema melodrammatico che probabilmente non sono esattamente messia a fuoco e in linea con il resto della storia. Per sua fortuna gli vengono in soccorso le interpretazioni della Kidman e della Mara che danno colore e spessore anche dove il pur bravo Dev Patel è costretto ad andare fuori personaggio per i motivi appena detti. Una citazione di riguardo per Rooney Mara è d’obbligo. L’attrice statunitense è una ventata di freschezza ed esce alla grandissima anche dal confronto con Nicole Kidman, così come era già avvenuto con quello con Kate Blanchett in Carol.
Al tirar delle somme, sia detto con chiarezza, qualsiasi nomination si trasformasse in Statuetta non sarebbe demeritata. I film tratti da storie vere arrivano al pubblico un po’ come quelli tratti dai libri di successo, con la platea sbilanciata sempre per “il libro è più bello”. Per quanto ci riguarda i paragoni sono improponibili perché i linguaggi sono diversi. Nel cinema esistono film buoni o meno buoni. Lion è un buonissimo film, oltretutto con fotografia e colonna sonora eccellenti.
Lion – la recensione del film con Nicole Kidman in corsa agli Oscar
Dev Patel e Nicole Kidman sono i protagonisti di questa toccante pellicola di Garth Davis candidata a sei premi Oscar.