Cosa accadrebbe se un giorno una donna si svegliasse scoprendo di avere improvvisamente genitali maschili? Questo è l’incipit, decisamente inusuale, di Qualcosa di Troppo (titolo originale Si J’Etais Un Homme), secondo lungometraggio dell’attrice francese Audrey Dana che uscirà nelle nostre sale l’11 maggio distribuito da Adler Entertainment.
La Dana, oltre ad occuparsi della regia, è anche la protagonista di questa commedia grottesca.
Jeanne è una madre di famiglia fresca di divorzio che, dopo cocenti delusioni in campo amoroso, non vuole più sentir parlare di uomini. Una mattina però, dopo un violento temporale notturno, la sua vita cambierà totalmente: superficialmente non sembra essere cambiato nulla in lei, ad eccezione di un particolare anatomico maschile non proprio trascurabile. Questa situazione paradossale le creerà moltissimi problemi e per questo motivo farà di tutto per cercare di risolvere la sua spiacevole condizione ma, allo stesso tempo, la fiducia in sé stessa aumenterà a dismisura.
Qualcosa di Troppo, pur essendo godibile, è un film non esente da grossi difetti.
Dopo l’opera prima 11 Donne a Parigi, Audrey Dana torna dietro la macchina da presa riproponendo una tematica a lei cara ovvero quella del ruolo della donna all’interno della società occidentale, soprattutto in relazione al modo di confrontarsi con il genere maschile; se però il primo lungometraggio aveva grossi problemi di fondo nello script per quanto riguarda la presenza di ben undici storylines diverse (solo un grande regista può gestire efficacemente un numero così alto di personaggi, come ad esempio François Ozon), in questo film l’attrice compie un passo in avanti imparando da alcuni errori del passato (tra le altre cose, è anche co-sceneggiatrice). Qualcosa di Troppo, che è a tutti gli effetti una commedia fuori dalle righe e politicamente scorretta, nella prima parte funziona benissimo: prendendo spunto dalla comicità demenziale d’oltreoceano (la Dana ha dichiarato di ammirare Judd Apatow e i fratelli Farrelly), il film non guarda in faccia a nessuno giocando con i cliché tipici legati agli uomini e alle donne e lo fa con un ritmo a tratti indiavolato, con alcune trovate genuinamente dissacranti (Jeanne si rende conto di essere fortemente attratta dal genere femminile). Se la pellicola, nel corso dei suoi 98 minuti di durata, avesse mantenuto fino in fondo questo atteggiamento caustico e provocatorio avremmo quasi gridato al miracolo. E invece no, perché l’opera gradualmente si trasforma (o, per meglio dire, involve) in una scadente romantic comedy: quando infatti entrerà in gioco il personaggio di Merlin (Eric Elmosino), collega per cui Jeanne aveva una cotta prima del fatidico evento, Qualcosa di Troppo mette all’improvviso il freno a mano; i tempi purtroppo rallentano drasticamente e le incoerenze narrative emergono in maniera fragorosa, con un finale ridicolo e scontato. E’ un peccato perché, con il materiale di partenza a disposizione, il potenziale era incredibile e, soprattutto nella prima metà, la commedia è davvero molto divertente, merito anche della bravura degli attori capitanati dalla Dana (anche se, in alcuni momenti, l’interprete eccede troppo nel overacting); da sottolineare in particolare le prove della bella Alice Belaïdi (nel ruolo di Marcelle, amica di Jeanne) e soprattutto dello straordinario Christian Clavier (che impersona il personaggio migliore della pellicola, il ginecologo dottor Pace).
Se anche in Italia ultimamente abbiamo prodotto film con soggetti analoghi (come il recente Moglie e Marito dell’esordiente Simone Godano), dal punto di vista del coraggio abbiamo ancora tanta strada da fare per raggiungere i francesi, coraggio che certamente non manca ad Audrey Dana. Questa giovane autrice ha ancora molta strada da fare ma, se continuasse a migliorare in linea con ciò che ha fatto vedere nei suoi due primi lungometraggi, può aspirare ad un futuro pieno di soddisfazioni professionali.