Il progetto di Bruno Colella è ambizioso: My Italy è un meta-film che racconta se stesso, in quanto prodotto filmico, nonché una docu-fiction su quattro artisti in Italia.
Colella (regista e protagonista della cornice filmica) e il suo assistente viaggiano per l’Europa alla ricerca degli ultimi investitori per My Italy, raccontando la loro esperienza tra la Polonia, l’Italia e Cannes come un viaggio folle, senza certezze, con pochi soldi e sistemazioni improvvisate. Si cerca di usare un linguaggio umoristico, con scene che richiamano i ruoli padrone/servo, dove uno ha il potere e l’altro si mette all’opera; non sempre però ciò che fa ridere nella vita funziona al cinema.
L’americano Mark Kostabi, pittore e disegnatore, il polacco Krzysztof Bednarski, scultore, il malese H. H. Lim, pittore e performer e il danese Thorsten Kirchhoff, video-artista e pittore, sono i quattro protagonisti del docu-drama. Li seguiamo in un viaggio attraverso l’Italia, alla scoperta dell’arte contemporanea. Bednarski vende le sue opere porta a porta, Kostabi dipinge le pareti dei ristoranti che gli promettono di ospitarlo gratis a vita; Kirchhoff ha realizzato un’istallazione all’interno di un monastero, in uno spazio adibito a bagno.
Eclettici, bizzarri e coraggiosi sono gli artisti del nostro tempo, sembrano personaggi di un fumetto, la cui arte è la stessa vita, che hanno deciso di legare con un nodo all’Italia.
La relazione delle due narrazioni è l’esigenza artistica che vuol venir fuori in un contesto spesso difficile, sia per mancanza di spazi, che di investimenti. Eppure l’arte permane a ogni costo, reinventandosi ogni volta.
Il cinema crea un ponte con l’arte contemporanea, la ospita al suo interno e si racconta sullo stesso piano della medesima. Se da una parte quindi si cerca di riportare l’attenzione sulla pittura e la scultura dei nostri tempi, dall’altra si vuole affermare il valore artistico del cinema.
Un grande riconoscimento va all’intenzione di questa operazione, a cui hanno partecipato diversi artisti come Rocco Papaleo, Nino Frassica, Eugenio Bennato, Alessandro Haber, Edoardo Bennato, Remo Remotti, Luisa Ranieri e Achille Bonito Oliva.
Le buone intenzioni però non possono nascondere l’ingenuità della realizzazione, si utilizza il mezzo cinematografico per arrivare con facilità al pubblico e per le possibilità espressive che permette. Ma non si valorizzano artisticamente le sue qualità, giacché nessuno degli aspetti tecnici del linguaggio filmico brilla particolarmente. Gli altri elementi insomma si piegano al contenuto, che pur essendo artistico non colma le defezioni dell’uso cinematografico.
I momenti comici che volevano essere i pilastri dell’opera ricreano delle mere variazioni estemporanee che non riescono a restituire la stessa verve. Il cinema è un artificio che ha bisogno di seguire delle regole per funzionare, nonostante si presti come testimonianza della realtà. Haber ha proposto di mostrare questo prodotto alle scuole, e sicuramente potrebbe trovare una distribuzione migliore nell’istruzione che al cinema. In ogni caso lo troverete in sala a partire da giovedì 18 maggio.
My Italy: un racconto sull’arte italiana tra metacinema e documentario
Bruno Colella, in un progetto ambizioso ma non privo di difetti, racconta le storie di quattro artisti e la stessa realizzazione del suo film.