Mai come in questo momento la diatriba tra sostenitori della pellicola e del digitale è attuale. Nonostante i continui progressi dei nuovi supporti di ripresa rendano il digitale una soluzione sempre più performante, economica e pratica, alcuni dei più influenti nomi dell’industria cinematografica difendono strenuamente il supporto analogico.
Il più celebre tra questi è probabilmente Christopher Nolan, che da tempo ha fatto sua la battaglia in difesa della pellicola, ma gli straordinari risultati conseguiti da Quentin Tarantino con il “glorioso 70mm” di “The Hateful Eight” (e soprattutto le meravigliose luci ‘invadenti’ che il supporto ha consentito al direttore della fotografia Robert Richardson) sono sotto gli occhi di tutti. Mentre però anche Colin Trevorrow, legittimato dal successo commerciale di “Jurassic World”, promette per il nono episodio di “Star Wars” (previsto per il 2019) un ritorno alla celluloide, c’è anche chi riconosce gli indubbi vantaggi del digitale. E non parliamo di nomi da poco.
Uno dei casi cinematografici dell’anno, il tanto ambizioso quanto pretenzioso “The Revenant” di Iñárritu, è stato girato proprio in digitale. E se la regia del messicano e l’interpretazione di Di Caprio si sono rivelate estremamente divisive, c’è una cosa che ha messo d’accordo tutti: l’ispiratissima fotografia dell’inarrivabile Emmanuel Lubezki. Per le sue riprese al 100% con luce naturale, il ‘cinematographer’ specializzato in piani sequenza ha immediatamente capito di aver bisogno della sensibilità e flessibilità offerte dalle nuove tecnologie, optando per una Arri Alexa 65 e regalandoci alcune delle più suggestive inquadratura del cinema degli ultimi anni.
Ora, a gettare benzina sul fuoco nella contesa tra tradizione e innovazione, arriva un altro nome d’eccezione: il leggendario direttore della fotografia Roger Deakins.
Deakins, con alle spalle 13 candidature agli Academy Awards e (per ora) nessuna statuetta, non è mai stato un partigiano ascrivibile a una delle due fazioni, eppure ora si lascia andare sulle pagine di Variety! a dichiarazioni sconfortanti in occasione dell’uscita del nuovo film dei Coen cui ha prestato il suo sguardo: “Ave, Cesare!“.
Troppi problemi tecnici con la pellicola. Mi spiace, è finita.
“Mi sembra di aver capito che a un certo punto addirittura Ethan (Coen, ndr) stesse parlando di girare il prossimo film in digitale, e poi ci ha ripensato. Ne stanno davvero discutendo. Ero ad Albuquerque a girare “Sicario” e mi chiedevano di girare in pellicola. Ho detto che per me cambiava poco, se lo avessero preferito avrei anche girato con un cellulare. Non mi faccio problemi.” Se però per Deakins la scelta del supporto non rappresenta un problema tecnico, rappresenta un serio problema in termini di possibilità stilistiche.
“Oggi le pellicole non sono lontanamente paragonabili a quel che erano in passato. Avete capito no? Non hai proprio scelta. Non puoi nemmeno avere il controllo pieno dello sviluppo, ormai. Non hai opzioni, le tue possibilità creative sono decisamente ristrette… Quanti tipi di pellicola ci sono orma? Quattro o cinque? È limitante.”
Come se non bastasse, secondo il direttore del fotografia britannico la scelta della celluloide comporta anche spiacevoli problemi logistici. A proposito della sua più recente esperienza con i fratelli Coen aggiunge:
“Abbiamo avuto problemi. Problemi di approvvigionamento e problemi tecnici, il che è stato decisamente sconcertante. E ho sentito che ultimamente siamo in tanti ad avere problemi di magazzino e di laboratorio. È snervante. Fino ad ora non mi era veramente mai capitato, ma adesso c’è da perdere le staffe. Sinceramente non voglio più trovarmi in questa situazione. Ormai non c’è più l’infrastruttura.
Insomma, a dire di Deakins la fine della pellicola è già stata scritta da un’industria cinematografica che ha sostanzialmente abbandonato il supporto.
Come credete andrà a finire? Avranno la meglio le previsioni apocalittiche dei direttori della fotografia o la passione di registi ancora innamorati dell’analogico? Diteci cosa ne pensate nei commenti!