Rilasciata in tutto il mondo il 19 febbraio, Love è la comedy di Netflix creata da Lesley Arfin, Paul Rust e soprattutto Judd Apatow, una delle personalità più importanti della commedia americana contemporanea. Pioniere della cosiddetta “bromantic comedy”, commedie dissacranti, demenziali e politicamente scorrette che usano i canoni della classica commedia romantica su storie riguardanti le grandi amicizie fra uomini, il nome di Apatow sta dietro (come produttore, sceneggiatore e regista) a successi di pubblico come 40 Anni Vergine, Molto Incinta, Zohan e Anchorman; è chiaro quindi che ci fosse parecchia attesa e curiosità attorno a questa serie.
Il risultato finale, purtroppo, non è all’altezza delle aspettative iniziali.
Avete presente la proprietà commutativa dell’addizione (se si cambia l’ordine degli addendi il risultato non cambia)? Ecco, questo è quello che Love esattamente fa, ma con qualche variante (e problema) in più. L’incipit della serie è di quelli visti un migliaio di volte al cinema e in televisione: Gus (interpretato dallo stesso Paul Rust) è un trentenne timido, insicuro e nerd che per lavoro dà lezioni private alle star adolescenti di Wichita, una seguita serie tv, mentre Mickey (Gillian Jacobs, la Britta di Community) è una bella ragazza estroversa e problematica che lavora in una stazione radiofonica; la cosa che li accomuna è che entrambi hanno rotto con i loro fidanzati e, per uno “strano caso del destino” (le virgolette sono d’obbligo), i due si incontrano casualmente in un supermercato e cominciano a frequentarsi. La prima parte della stagione segue, per filo e per segno, tutti i cliché della classica romantic comedy: i due diventano amici, lui non fa altro che pensare a lei, lei è interessata a lui solo come amico e fa in modo che la sua coinquilina ci esca assieme, l’appuntamento tra lui e la tipa va male, lei si pente di aver organizzato l’appuntamento perché lui è l’unico ragazzo che l’abbia trattata con gentilezza ed, alla fine, i due capiscono di essere fatti l’uno per l’altra.
Fin qui, nulla di nuovo.
Ma è nella seconda parte che gli autori cambiano le carte in tavola, con l’intento di rivoltare il canovaccio stereotipato (questa mossa rappresenta la “croce e delizia” della serie, ma ci ritorneremo tra poco sulla questione): l’elemento destabilizzante della coppia, quello che metterà a dura prova la loro relazione sentimentale sarà lui. Non, come si potrebbe immaginare all’inizio, la bella, ribelle e incasinata Mickey ma lo sfigato, l’impacciato, l’insicuro Gus. Infatti il ragazzo, all’improvviso sicuro dei suoi mezzi, combina di tutto: tratta male Mickey, ha una relazione parallela con un’avvenente starlette di Wichita, riesce ad entrare anche nella squadra di sceneggiatori dello show ma, con un comportamento assolutamente irrazionale, rischia di farsi licenziare; alla fine di tutto ciò, egoisticamente e opportunisticamente, Gus si riavvicina a Mickey (ormai innamorata di lui) e, con un bacio nella scena finale, suggellano il loro amore.
Allora, la scelta da parte degli autori di far interpretare ad un personaggio come quello di Gus la parte del “cattivo” dello show è una scelta indubbiamente coraggiosa, bisogna darne atto; coraggiosa perchè inaspettata e innovativa, che dà freschezza ad un genere che di solito ha delle regole abbastanza rigide e ben definite. Peccato però che la serie abbiamo almeno tre grossi problemi di fondo:
- l’evoluzione del personaggio di Gus è troppo incoerente, repentina e soprattutto non credibile;
- la sceneggiatura, nella seconda parte di stagione ma soprattutto nelle ultime due puntate, dà la sinistra sensazione di essere stata scritta in maniera approssimativa e raffazzonata;
- ci sono, all’interno della serie, troppe situazioni sopra le righe e ai limiti del ridicolo che stonano con il taglio che lo show dovrebbe avere (questo andrebbe bene se si trattasse di una commedia demenziale, cosa che Love non è).
Una nota di merito però va alla scrittura del personaggio interpretato da Gillian Jacobs (davvero bravissima), lei sì un character credibile e a tutto tondo.
La sua esuberanza e vitalità non sono nient’altro che una maschera costruita ad arte per nascondere tutte le sue fragilità e le sue debolezze (la ragazza, con un passato da tossicodipendente, è in fase di riabilitazione); frequentare un tipo come Gus, all’apparenza tranquillo ed affidabile (a differenza dei suoi disastrosi ex fidanzati), per lei è come voltare pagina, perchè lui rappresenta la sua scialuppa di salvataggio in una vita di inferno.
Un pò Harry ti presento Sally e un pò commedia stile Sundance (alla Juno, per intenderci), Love sicuramente è un esperimento interessante da parte di Netflix (che ha già rinnovato lo show per una seconda stagione) ma alla fine bisogna considerarlo per quello che effettivamente è: una semplice commedia sentimentale.