Si sono aperti i ‘cancelli’ della dodicesima edizione del Lucca Film Festival e fino al 10 Aprile fra Lucca e Viareggio si alterneranno proiezioni, master-class, incontri con gli autori e retrospettive, senza dimenticare l’originalissimo concorso internazionale di cortometraggi, suddiviso in quattro categorie: documentario, sperimentale, fiction e animazione.
Una settimana di celebrazioni cinematografiche, nella quale i festeggiati d’onore saranno quattro grandi maestri del cinema: George A. Romero, William Friedkin, il premio oscar Paolo Sorrentino e il grande Marco Bellocchio, sempre più sicuro di un’ennesima partecipazione a Cannes con Fai bei sogni.
Tuttavia il concorso lucchese non è un concorso come tutti gli altri. Il presidente e fondatore Nicola Borrelli si è dimostrato lungimirante e mai banale, quindi, da grande cinefilo anarchico, nell’anno in cui ci si sarebbe potuti aspettare una retrospettiva su Pier Paolo Pasolini, il festival omaggia un regista, intellettuale, giornalista e visionario senza il quale, forse, il cinema e il popolo italiano, non avrebbero apprezzato Pier Paolo Pasolini: Gualtiero Jacopetti.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo all’inizio degli anni ’60.
L’Italia è disorientata, indecisa, persa fra la vita agricola e artigianale del primo novecento e la nuova cultura borghese, figlia del grande boom intellettuale e cultura del dopoguerra. Siamo più precisamente nel 1963, il cinema italiano si è lasciato alle spalle, senza grandi rimpianti, il neorealismo, marciando verso un nuovo cinema fantasioso, d’inchiesta, drammatico. Sono i ‘migliori anni’. Vinciamo tutto.
8½ e Fellini tornano in Italia con l’oscar, Visconti trionfa a Cannes con Il Gattopardo e mentre Gian Luigi Polidoro e Sonego vincono la Berlinale con Il diavolo, la giuria di Venezia dichiara all’unanimità vincitore del leone d’oro Le mani sulla città di Francesco Rosi, rendendoci per un anno, almeno, padroni del mondo. Facciamo un altro passo indietro.
Nel ’62, in modo del tutto insperato, approda a Cannes un film inusuale, particolare, semplicemente coraggioso. Un giornalista de L’Espresso, insieme a una troupe di nemmeno dieci persone e sotto l’egida di Angelo Rizzoli, ha messo insieme un documentario.
Quel documentario si chiama Mondo Cane ed è destinato a segnare la storia del cinema.
Con Mondo Cane nasce un nuovo genere, quello che da ora in poi verrà chiamato shockumentary, ovvero documentari che vogliono scioccare lo spettatore e la società, mettendo in scena un vero e proprio inferno, un complesso ‘Satyricon‘ in mezzo al quale si snodano le vicende, sempre e rigorosamente riprese dal vero, di tribù africane e di alcolizzati, di riti cristiani del meridione nei quali gli uomini e le donne per il Venerdì santo si autoflagellano fino a perdere litri di sangue, oppure di feste asiatiche nei quali vengono decapitati i tori o ancora certi funerali bizzarri e certe donne che ingrassano fino a 135 chili per poter trovare marito e poter essere considerate ‘belle’.
Il film sarà anche candidato per la migliore musica agli Oscar e vincerà il premio come miglior produzione ai David di Donatello. Dopo un grande successo internazionale la pellicola cade un po’ nel dimenticatoio, d’altronde, come combattere contro quei mostri sacri di cui abbiamo parlato?
Eppure basti pensare al mantra di Pier Paolo Pasolini:”Il mio compito è quello di scandalizzare e chi non si fa scandalizzare è un moralista”. Jacopetti è in prima fila nella guerra ai moralismi borghesi e alla nuova società; scende, in prima persona, nell’inferno del mondo mettendo insieme una collezione di ritratti, didascalie, segmenti brevi, di quello che potremmo definire, semi-citando Woody Allen, “Tutto ciò che avreste sempre voluto sapere sul male, ma che non avete mai osato chiedere”.
Oltre a Pasolini possiamo citare l’acclamato The act of killing di Joshua Oppenheimer, film del 2012 che racconta, in modi cinematografici, la ‘death-squad’ dei genocidi indonesiani, seguendo probabilmente gli insegnamenti di un guerriero coraggioso come Jacopetti.
Pasolini fu un maestro della provocazione. Pensiamo alla potenza di Salò, ultima fatica del regista: un’opera sulla perversione sessuale del potere nei confronti della gioventù. Oppure si può citare il romanzo incompiuto Petrolio, ritratto terribile del potere italiano degli anni 70’. Ma mentre Pasolini lo abbiamo celebrato tanto, forse molto più di quanto l’abbiamo realmente letto e visto – al cinema in questi giorni una nuova, ennesima, pellicola sul poeta bolognese: La Macchinazione, di David Grieco – ci siamo dimenticati, quasi completamente, di Jacopetti, colui che ha creato il genere dello scandalo.
Un applauso, quindi, al comitato organizzativo della rassegna toscana, il quale, con grande coraggio, cerca di riportare in auge un genio della cultura italiana, scomparso nel silenzio cinque anni fa.
Per dare un’idea sommaria di Mondo cane, alleghiamo il cartello iniziale del film, scritto, ideato, inventato, diretto e montato dal compianto Gualtiero Jacopetti, giornalista come non ne fanno- né faranno- mai più. “Tutte le scene che vedrete in questo film sono vere e sempre riprese dal vero. Se spesso saranno scene amare è perché molte cose sono amare su questa terra. D’altronde il dovere del cronista non è quello di addolcire la verità, ma di riferirla obiettivamente.”