Ora che Star Wars: Il Risveglio della Forza è uscito in Blu-ray non solo non c’è limite al numero di visioni cui chiunque voglia togliersi ogni dubbio sul film si può dedicare, ma è anche passato abbastanza tempo dal debutto in sala per dare un giudizio scevro da ogni eccessiva aspettativa emotiva.
Dopo la valanga di informazioni emerse nel frattempo sulla realizzazione del film, sappiamo che il team guidato da J.J. Abrams ha valutato di osare molto (Luke sepolto vivo sotto la sabbia, il Millennium Falcon come sottomarino, il fantasma di Anakin/Hayden Christensen a tratti si trasformava in Vader) ma probabilmente la maggior cautela adottata ha preparato il terreno nel migliore dei modi possibile per le sperimentazioni future (e le foto dal set di Ep.VIII già promettono discontinuità). Oggi più che mai ci sentiamo di dire che, con questo anomalo sequel che somiglia molto a un remake, la Disney e Kathleen Kennedy hanno fatto un lavoro eccellente. Tra sabbie di Jakku che rimandano a Tatooine, le nevi della base Starkiller che sembrano Hoth e i boschi di Takodana che ricordano Endor, ogni amante della saga potrebbe tranquillamente dirlo: “Siamo a casa”, e ora più che mai ci sentiamo pronti a ripartire.
The Force Awakens ha ‘resettato’ l’atmosfera dei prequel e preparato il terreno a tutte le avventure future.
Sin dai titoli di testa, che con la loro premessa asciutta e intrigante pongono le basi per la ricostruzione di quel senso di avventura e mistero tipicamente anni ’80 totalmente dimenticato dalla trilogia iniziata con La Minaccia Fantasma, è chiara la volontà di prendere le distanze dalle incomprensibili beghe amministrative e commerciali tra muppet con l’accento russo.
Ovviamente il ritmo serrato, la macchina a mano, una diversa narrazione delle incursioni militari, i lens flare, le carrellate circolari e la ricerca avida di una nuova prospettiva fotografica fanno capire che in 30 anni il linguaggio cinematografico è cambiato e non ha senso far finta che non sia successo; ma anche se J. J. Abrams rivendica il proprio elegantissimo stile (con cui ci regalerà le più belle evoluzioni aeree mai viste sul grande schermo), l’impressione è quella di essere tornati su Tatooine, mentre un citazionismo inequivocabile si fa carico di riallacciare il rapporto emotivo con gli spettatori prima di lanciare la storia verso lidi inesplorati.
I personaggi sono il primo grande segno di discontinuità col passato.
La freschezza della sceneggiatura de Il Risveglio della Forza passa infatti attraverso un gruppo di comprimari inediti e mai banali, cui la penna di Lawrence Kasdan affida dialoghi naturali e pungenti che son degni dei suoi migliori lavori. Così ad alternarsi sullo schermo abbiamo Finn che pur mantenendo una forte carica comica è alla disperata ricerca di redenzione, Rey che vive di stenti e in solitudine ma brilla di luce propria, Kylo Ren che pur potentissimo è imprigionato dalle proprie scelte e vive in una velenosa irrazionalità, Han Solo che pur non essendosi mai preso sul serio è stato messo in ginocchio dalla vita e Luke Skywalker (per ora trasformato in un MacGuffin) che essendo caduto da troppo in alto è alla ricerca di se stesso. Una costruzione duale delle maschere narrative che sembra rispecchiare quell’equilibrio instabile su cui si regge il fascino di tutta la mitologia spaziale fondata da Lucas. Il tutto senza dimenticare figure minori ma non meno riuscite come la piratessa partigiana e un iconico droide che è l’equivalente tecnologico di un fedele e adorabile cane (in un certo senso un Chewbacca innocuo). Il Capitan Phasma ha molto potenziale ma per ora è solo una comparsa (e col senno di poi è quasi una trollata l’onnipresenza di Gwendoline Christie nella campagna promozionale che precedette il film).
Per la sensazione di déjà vu date la colpa a Jurassic World.
Paradossalmente, come già detto, la scrittura cade nel ripercorrere troppo pedissequamente il già visto, pur offrendo con l’operato della base Starkiller una definitiva risposta e chiusura alle elucubrazioni su cosa ne sia stato della democrazia dopo gli eventi de Il Ritorno dello Jedi (portando a ultimo compimento l’opera di cancellazione dell’extended universe iniziata un paio d’anni fa). Tuttavia non c’è da stupirsi di una scelta che a tratti sa non poco di reboot, dato che l’importantissimo precedente di Jurassic World (al cui regista Colin Trevorrow sarà affidato Star Wars IX) ha dimostrato come per riavviare con straordinario successo un franchise che sembrava esausto serva un ‘effetto nostalgia’ che recuperi il vecchio fandom e ne costruisca uno nuovo. Nonostante questo comunque la sceneggiatura gioca sul pesante e non lesina in originalità, regalando ad Harrison Ford la fine che bramava dai tempi della trilogia classica. Per essere un primo episodio è così grande la portata di alcuni eventi (il parricidio è una carta di un certo peso da calare) che viene da chiedersi quali plot twist scioccanti possano arrivare nei prossimi capitoli, se queste sono le premesse. Il ribaltamento delle prospettive sembra una costante della pellicola e offre più di una volta uno sguardo nuovo su tematiche e archetipi che ormai sembravano consumati.
Il vero protagonista del film è la Forza.
Fanboy più o meno estremisti si sono accaniti nel criticare la facilità di Rey nel padroneggiare immediatamente e senza alcun addestramento la Forza. Come se fossero già a conoscenza delle sceneggiature dei prossimi due film o come se si aspettassero la verosimiglianza di un documentario con Alberto Angela (celeberrima icona sexy cara alle nostre lettrici). Il punto è che il film si chiama The Force Awakens e il trailer recitava “the Force is calling to you, just let it in“. Non è che ci sia da stupirsi se in una pellicola con tali premesse i poteri della Forza siano più vigorosi ed immediati… Inoltre non solo non sappiamo praticamente nulla del personaggio interpretato da Daisy Ridley (se non per l’appunto che manifesta doti da Jedi senza precedenti), ma sappiamo anche che in Una Nuova Speranza quel tordo di Luke Skywalker (un contadino che per guardare dentro “l’arma più potente della galassia” se la puntava nell’occhio) dopo mezza scena era in grado di deflettere i colpi dei fulminatori con il paralaser abbassato e alla fine del film distruggeva un ‘pianeta’ a occhi chiusi.
Un cattivo come Kylo Ren non si era mai visto.
Il villain interpretato da Adam Driver merita una riflessione a sé, tanto è peculiare non solo nei film di Guerre Stellari ma nel cinema tutto. Chiunque insista a sminuirlo nel paragonarlo a Darth Vader non ha minimamente capito la straordinarietà di questo cattivo totalmente sui generis, che coniuga in modo del tutto inedito eccessi tanto nella sua potenza quanto nelle sue debolezze. L’impressione che molti hanno manifestato all’uscita dalla sala era che il ‘cattivo’ non fosse abbastanza cattivo, cioè che non fosse in grado di incutere lo stesso timore reverenziale del nonno cui tanto si sentiva legato. Eppure è proprio questa la sua forza: riesce a risultare originale in un confronto con il più temibile antagonista della storia del cinema.
Anziché essere un supernemico bidimensionale con delle certezze granitiche (come era il pur iconico Vader in Episodio IV), è un villain in divenire; un giovane uomo dilaniato dai dubbi e dal dolore, un ragazzo pieno di talento che nonostante sia cresciuto circondato da affetti è arrivato a fare scelte così sbagliate da fargli intraprendere una strada di corruzione morale dalla quale lui stesso non ha la forza di redimersi, un nipote che si raccoglie in preghiera per resistere al richiamo di un pentimento che non saprebbe gestire e al contempo un consapevole manipolatore che indossa una maschera per intimorire gli avversari, un sith con una capacità di controllare la forza senza precedenti (pensate ancora una volta al titolo del film) e che però non ha il controllo della propria vita ed è sospeso in un’irrazionalità violenta e incontenibile.
Non è ancora dato sapere quali strade seguirà l’arco narrativo del personaggio, ma è certo che raramente un film di fantascienza o avventura ha raccontato un antagonista con un tale approfondimento psicologico e una tale intensità emotiva. Da questo inizio non possiamo che aspettarci una straordinaria evoluzione del personaggio nelle prossime pellicole, e non escludiamo importanti colpi di scena. Inoltre diciamolo: l’idea che il tavolo su cui depone il proprio elmo quando non lo indossa sia riempito dalle ceneri dei suoi nemici è grandiosa.
Non è tutto rose e fiori. John Williams non ha dato il suo meglio.
Da estimatori di quel genio assoluto di Williams non avremmo mai creduto di trovarci a dire qualcosa del genere, ma il problema principale della pellicola sono le musiche di un John Williams ormai stanco e pigro (le sue parole a riguardo qui). Se si esclude un accenno di tema che ben rende l’ambiguità e il senso di questo episodio della saga (The Jedi Steps) e la freschezza del Rey’s Theme che ritrae perfettamente lo spirito innocente e avventuroso della protagonista (risultato non scontato per un ultraottuagenario), non solo manca un commento musicale degno di questo nome alla pellicola, ma la costruzione del climax nella scena più importante e più emotivamente coinvolgente del film – il confronto di Han con Ben, ovviamente – fallisce miseramente per colpa di una colonna sonora totalmente inadeguata. Una grandissima occasione sprecata e il momento tecnicamente meno convincente (complice un Driver la cui interpretazione della scena ci lascia un po’ perplessi) dell’intero film.
Gli effetti speciali permettono movimenti di macchina mai visti eppure creano un mondo sporco, usato, credibile e soprattutto familiare.
Finalmente possiamo considerare un capitolo chiuso gli effetti speciali fintissimi e le location patinate della trilogia prequel: i risultati ottenuti nel film di Abrams sono semplicemente incredibili, sia che si tratti degli effetti pratici (a partire da BB-8 che in alcune scene è un robot completamente reale), sia che si tratti di scene interamente costruite in CGI (che regalano evoluzioni mozzafiato con cui J.J. si diverte come un bambino). Eccellente la realizzazione di Maz Kanata e sottile ma efficacissimo l’intervento in CGI per ringiovanire Carrie Fischer di cui prevedibilmente non si fa menzione nei contenuti speciali dell’home video (sparisce il naso collassato da cocainomane dell’attrice, che comunque somiglia molto poco alla Leia che conoscevamo). Permane più di un dubbio su Snoke, che soffre di qualche incertezza di troppo nel character design.
Ora la patata bollente è nelle mani di Rian Johnson.
In conclusione con Il Risveglio della Forza Abrams ci regala un ottimo primo episodio che pone le migliori premesse per una trilogia mozzafiato (ed è la migliore operazione di marketing possibile). Se però fin qui ci si è mossi sul sicuro consolidando le atmosfere della trilogia classica, dal prossimo episodio l’unica soluzione sarà una vera innovazione. Sarà Johnson a doversi prendere il vero rischio.
Ps: L’enigmatico ma carichissimo sguardo finale di Mark Hamill (Luke Skywalker) fa molto Un Posto Al Sole. Speriamo bene…
Pps: la qualità tecnica del Blu-ray è eccellente e i contenuti speciali sono avvincenti. Avevate dubbi?