È ormai una realtà dirompente quella delle trasposizioni dei classici Disney in live action. Dopo il successo di botteghino -meno di critica- di film come Alice in Wonderland (Tim Burton, 2010), Maleficent (Robert Stromberg, 2014) e Cenerentola (Kenneth Branagh, 2015), i titoli continuano a crescere. È già uscito il trailer di Alice Attraverso lo Specchio, di James Bobin, mentre a Tim Burton sembra sia stato affidato il compito di riportare sugli schermi la storia dell’elefantino Dumbo, ancora senza una data d’uscita. Nel 2017 arriverà invece il remake della storia de La Bella e la Bestia con Emma Watson, Stanley Tucci e Ewan McGregor per la regia di Bill Condon.
Su questa stessa linea è stato realizzato il remake live-action di uno dei classici Disney più amato di sempre: Il Libro della Giungla di Jon Favreau. Se ci soffermiamo a pensare che il suo Iron Man è stato il primo lungometraggio del Marvel Cinematic Universe, senza il successo del quale probabilmente non avremmo oggi così tanti prodotti di casa Marvel, è più che ovvio che ci troviamo davanti a qualcuno che la sa lunga su come creare un vero blockbuster: una parte tecnica eccellente, effetti speciali all’avanguardia e un’attenzione alla narrazione che il genere d’azione solitamente non richiede.
La storia è più o meno quella già raccontata dal classico Disney nel 1967: Mowgli è un orfano trovato nella giungla dalla pantera Bagheera, la quale decide di affidarlo ai lupi per farlo crescere forte e rispettoso delle leggi della giungla. Suoi genitori saranno il capobranco Akela, saggio e nobile, e la lupa Raksha, madre dolce e apprensiva. Durante la tregua dell’acqua, una sorta di patto grazie al quale prede e predatori possono bere pacificamente dall’unica pozza d’acqua rimasta dopo la secca, compare per la prima volta la tigre Shere Khan, che fiutando tra tutti gli animali presenti, riconosce l’odore di un cucciolo d’uomo. Ormai braccato da Shere Khan, Mowgli è costretto ad intraprendere il viaggio con Bagheera che dovrà portarlo al villaggio degli uomini, l’unico luogo in cui potrà essere al sicuro.
Se la regia non ha grandi slanci virtuosistici è perché si è deciso di centrare tutta la parte tecnica del film sugli effetti speciali: scenografia e animali sono stati interamente ricostruiti in digitale grazie alla tecnica del CGI, mentre la performance capture è stata riservata solo al volto degli attori in modo da rendere il labiale dei personaggi più verosimile possibile. Sotto questo punto di vista, credo di poter dire tranquillamente di trovarci di fronte a uno degli esperimenti digitali più riusciti di sempre: l’aspetto degli animali è quasi documentaristico, in vista anche del fatto che si è scelto in questo caso di non antropomorfizzarli come invece avviene spesso in film di questo genere. Questo significa che il piccolo Neel Sethi, interprete di Mowgli, ha lavorato sul set completamente da solo per tutta la durata delle riprese, già dalla sua primissima esperienza da attore. Nonostante questo, il suo Mowgli è assolutamente credibile e naturale, rendendo ancora più verosimile la storia, l’ambientazione e gli altri personaggi.
I protagonisti sono gli stessi che animano il cartone animato, mentre mancano alcuni invece presenti nell’originale letterario, scritto da Rudyard Kipling nel 1894. Bagheera è la pantera nera che ha la voce di Ben Kingsley nella versione inglese, mentre è Toni Servillo a prestargli la voce sui nostri schermi. Saggio e protettivo, cerca di educare Mowgli come un abitante della giungla, che non ha quindi bisogno di ricorrere a “trucchi” tipici dell’uomo.
Baloo, l’orso doppiato da Bill Murray nell’originale e da Neri Marcorè in Italia, è uno dei personaggi più riusciti. Nonostante sia stato reso un po’ più vecchio, mantiene il suo lato giocoso e le sue memorabili canzoni, ma lungi dall’essere solo i burlone della storia, è in realtà un importante motore d’azione, che rende possibile la crescita esistenziale di Mowgli e l’individuazione della sua natura di uomo.
Idris Elba dà la voce a Shere Khan, l’unico, insieme ad Akela, ad avere un doppiatore professionista in Italia. Shere Khan è in tutto e per tutto un vero villain. A differenza di quello disneyano, non è subdolo, ma, avvicinandosi più agli intenti di Kipling, è genuinamente cattivo, reso ancora più crudele dal suo essere stato sfregiato (nel romanzo, invece, era nato zoppo). A lui appartengono delle gesta terribili che non ci aspetteremmo di certo in un film che comunque nasce per un target di giovanissimi.
King Louie ha, oltre la voce, gli occhi di ghiaccio di Christopher Walken. Dimenticatevi il piccolo orango danzante e giocherellone della Disney, e fate spazio ad un’enorme scimmia sinistra, autoritaria, ambiziosa, che, come ha detto il suo doppiatore italiano, un fantastico Giancarlo Magalli, sembra più essere un politico corrotto e assetato di potere.
Kaa, è l’enorme serpente che più di tutti gli altri ha attirato l’attenzione. Questo perché, da personaggio maschile, è stato questa volta proposto in versione femminile, destando anche qualche polemica. Il suo personaggio, doppiato da Scarlett Johahnsson nell’originale e da Giovanna Mezzogiorno nella versione italiana, ha in realtà un ruolo risicato ma non per questo marginale. La sinuosità di un serpente ben si adatta, in realtà, all’immagine di una donna. Inoltre questa è stata una mossa che ha ricalcato molto l’intenzione della Disney degli ultimi anni di schierarsi a favore del Girl Power. Film come Ribelle – The Brave, i già citati Alice in Wonderland, Cenerentola e Frozen non hanno semplicemente delle donne come protagoniste principali: unicamente a loro è affidato lo svolgersi dell’azione e la risoluzione della storia. In questa versione, è stata resa più inquietante, o meglio perturbante, che, per usare le parole dello stesso Freud, “è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”.
La regia, quindi, se è tipica dei prodotti di blockbuster, è in realtà estremamente funzionale alla valorizzazione dei personaggi. Mowgli è ovviamente il personaggio più trattato e approfondito: non solo un bambino ingegnoso che parla con gli animali, ma vero e proprio protagonista di un dramma familiare che, senza ombra di dubbio, guarda al classico Amleto di William Shakespeare, esattamente come era già avvenuto in casa Disney con Il Re Leone del 1994. Shere Khan, una minaccia sia per il padre naturale che per quello putativo – Akela – di Mowgli e usurpatore del loro regno quando cerca di spodestare la lupa Raksha, sarebbe, sotto questo punto di vista, l’oggetto della vendetta del cucciolo d’uomo, che però si ritrova nel bel mezzo della sospensione dell’azione quando è costretto a viaggiare per tutta la giungla, fermandosi in varie tappe durante le quali incontra i vari personaggi che animano il film. L’attenzione si sposta perciò dal tema della vendetta privata alla riflessione sui grandi temi dell’esistenza umana. Nello specifico, quello di imparare ad essere uomo nella natura, non padrone di essa. In questa concezione del rapporto tra umanità e natura selvaggia, le “tecnologie” che utilizza Mowgli per vivere e sopravvivere nella giungla, che sono le stesse che Bagheera chiama “trucchi”, sono estremamente green, ossia non preponderanti nei confronti degli altri elementi. Tema, questo, più che mai attuale nell’era dei cambiamenti climatici e dei disastri naturali.
Se, quindi, la storia, le ambientazioni, le canzoni – che solitamente mancano nelle trasposizioni in live action, in quanto si cerca di avvicinare un target più adulto rispetto al film di animazione, ma che in questo particolare prodotto funzionano alla grande – si rifanno al classico Disney, le intenzioni sono più vicine a quelle di Kipling. E se l’unico, piccolo, e non troppo disturbante difetto è la scansione della storia in tappe troppo definite, sfavorendo un poco la fluidità dell’azione, ci troviamo comunque davanti ad un film che coniuga benissimo qualità della narrazione e effetti speciali, alzando lo standard di perfezione del CGI, e in grado di farci rivivere le stesse emozioni del classico d’animazione e creandole di nuove.
Piccola nota: il doppiaggio italiano è stato estremamente ben curato, a dispetto di quello che ci si aspetterebbe.
Decisamente promosso.
Il Libro della Giungla e la Disney inarrestabile
Di Elena Pisa
Il riuscitissimo live action con protagonista Mowgli è un punto d'arrivo per la CGI e una conferma per la nuova strategia Disney.