Guardando The Dressmaker – Il diavolo è tornato (di Jocelyn Moorhouse) ho provato la stessa sensazione di Vizio di forma di P.T. Anderson: disorientamento. In entrambe le pellicole è quasi impossibile capire qualcosa nei primi trenta minuti. Ma se nella storia di Larry “Doc” Sportello l’incapacità di comprendere si tramutava in interesse, in quella di Myrtle “Tilly” Dunnage ( si, Myrtle-Tilly mi ha fatto ridere) si trasforma in confusione.
Il film si apre con una serie di inquadrature incomprensibili, fra gli incipit del moderno Lars Von Trier e quelli di Zack Snyder, si alternano scene a rallenty che comprendono dei bambini a delle inquadrature in larghissimo piano di un autobus che procede su una strada deserta. Due fotografie diverse per due momenti diversi: i bambini sono un flashback, mentre il presente è l’arrivo, o meglio il ritorno, di Kate Winslet ( Myrtle “Tilly” Dunnage) nella sua città natale, un paese rurale australiano, perso “in the middle of nowhere”.
Da qui in poi la storia è un susseguirsi di segreti, misteri e bizzarrie degne del miglior episodio di Twin Peaks e delle migliori scene di Wake of fright.
La Winslet è una stilista che, accusata quando era bambina di aver ucciso un ragazzo, torna per vendicarsi delle angherie e dei torti subiti dagli abitanti della città. Si stabilisce da Molly “la matta” ( Judy Davis), una vecchietta che vive isolatissima dal resto del paese e che non ricorda chi sia Myrtle, nonostante quest’ultima sostenga di essere sua figlia. C’è Liam Hemsworth che interpreta un bellissimo, sexy contadino pompato con un fratello ritardato; Hugo Weaving veste i panni di un sergente che sembra innamorarsi di Myrtle e poi c’è la coppia di coniugi Pettyman, genitori del ragazzo morto.
Per la prima ora il personaggio della Winslet è semplicemente meraviglioso.
Durante una partita di football tra i rozzi contadini austrialiani, si presenta agghindata come Rita Hayworth in Gilda, decisa a distrarre i giocatori e dimostrare a tutti la sua superiorità. Si sfila i guanti come Rita, si muove come Rita e ammicca come Rita quando canta Put the blame on Mame. Arriva a denudarsi, tutti la fissano e capiscono, da subito, che Myrtle è tornata ed è pronta a sconvolgerli tutti. Gli uomini si innamorano di lei, le donne vedono come ha trasformato la ‘brutta’ del villaggio in una donna sensuale e irresistibile, Tilly è la star e nessuno può farci nulla. Ma a fare da contraltare alla sua sensualità e sicurezza vi è un segreto, o meglio un ricordo svanito: Tilly non ricorda se ha ucciso davvero il ragazzo o no. Certe donne dicono che sia maledetta, certe donne dicono anche che sia il diavolo, ma Teddy McSwiney ( Liam Hemsworth), comincerà a frequentarla comunque e fra i due nascerà una storia d’amore banalissima e pronosticabile.
È proprio l’amore che rovina il film.
Certe trovate di regia e scenografia sono davvero originali e divertentissime, su tutte, oltre alla scena del football, l’albero di specchi di Molly e la vecchietta che si calma mangiando biscotti con l’Hashish. La Winslet non è neanche lontanamente Rita Hayworth, eppure non sfigura nel suo ruolo, così come non sfigura il resto del cast. Come abbiamo già detto il problema è proprio l’amore di Tilly e il rapporto che ha con gli altri abitanti del villaggio.
Passata la prima ora la sceneggiatura inizia a ragionare con il “m’ama, non m’ama” che fanno i bambini con le margherite. Dopo un inizio slapstick, bizzarro, comico, il film prende una piega noiosissima di storia d’amore, storia d’odio con il villaggio, poi ancora storia d’amore e poi ancora storia di odio. La vogliono e non la vogliono, la detestano l’ammirano, vogliono che faccia i costumi per lo spettacolo teatrale e poi non lo vogliono più. Sua madre le vuole bene e poi la odia e poi non si ricorda e poi si ricorda di nuovo. Il tono del film diventa talmente insopportabile da voler uscire dalla sala, insultare sceneggiatori e regista per il modo in cui hanno rovinato una buona idea. Il film allora da grande episodio di Twin Peaks diventa una storia noiosa ambientata in una città piena di personaggi strani e piatti, non troppo normali ma mai davvero folli, mentre di Tilly e il contadino non ci interessa più nulla, guardiamo l’orologio e attendiamo impazienti la fine.
Il film è quindi un peccato, un treno che viaggia senza rotaie e si schianta contro tutto quello che incontra. La Winslet non è la Hayworth ma il suo lavoro è comunque apprezzabile. La soluzione del ‘misterioso omicidio’ è deludente e l’uso smodato del grigio nei Flashbacks diventa ripetitivo e inutile, come tutta la seconda parte del film. Se non siete interessati ai pettorali e al fisico di Gale di Hunger Games, consiglio di contrattare con il cassiere per pagare metà biglietto e vedere solo la prima, divertentissima parte del film.