Nel panorama televisivo contemporaneo, pieno di criminalità e antieroi, il ruolo delle comedy non è passato in secondo piano anzi, se vogliamo, è diventato ancora più importante: per chi, come me, guarda moltissime serie tv e la maggior parte di queste (se non la quasi totalità) sono serie drama, le comedy hanno una funzione quasi terapeutica perché, diciamolo, ogni tanto c’è bisogno di prodotti spensierati che ci facciano staccare la spina e ci regalino una dose di positività (sempre più necessaria di questi tempi). Unbreakable Kimmy Schmidt, una delle comedy più originali ed innovative degli ultimi anni, riesce nell’intento.
La serie Netflix, arrivata alla sua seconda stagione, ci mostra una Kimmy che, assieme all’aiuto dei suoi amici, cerca di mettersi definitivamente alle spalle il suo passato.
La ex Donna Talpa (interpretata dalla meravigliosa Ellie Kemper), dopo l’arresto del responsabile della sua prigionia di 15 anni, ha una voglia matta di recuperare tutti gli anni persi ma, nonostante i suoi sforzi e la sua tenacia, non ci riesce del tutto e si rivolge, per risolvere i suoi problemi, ad una terapista che le consiglia di riprendere i contatti con la madre; intanto il coinquilino gay di Kimmy, Titus (Tituss Burgess), non ha ancora idea di cosa voglia fare nella vita per svoltare anche se, casualmente, si innamora di un operaio edile italo-americano mentre Jacqueline (Jane Krakowski), l’ex datrice di lavoro di Kimmy, divorzia dal ricco marito per emanciparsi dalla sua figura ma, costretta a rinunciare al suo alto tenore di vita, sarà destinata a mettersi insieme ad un facoltoso (ma complessato) avvocato.
Rispetto allo scorso anno però Unbreakable Kimmy Schmidt fa un deciso passo indietro.
La serie creata da Tina Fey e Robert Carlock è stata una boccata d’aria fresca nel panorama comedy americano: la brillante idea di rendere protagonista una bizzarra donna vittima di 15 anni di prigionia che, con la sua straordinaria energia e voglia di vivere, si ritrova in un mondo di persone che non sono poi molto più normali di lei è stata la vera chiave del successo dello show; le situazioni grottesche che si sono alternate nel corso della prima stagione riuscivano ad essere credibili perchè tutti noi ci mettevamo nei panni di Kimmy e dei suoi amici, dei pesci fuor d’acqua (praticamente dei losers, per dirla in inglese) che, in una New York piena zeppa di hipster e mediocri ricconi, acquisiscono un’insperata dignità. Purtroppo, nella seconda stagione, l’effetto sorpresa dell’esordio è svanito, con gli autori che sembrano meno ispirati nella scrittura: la trama orizzontale è meno prevalente rispetto allo scorso anno, il lato grottesco, in alcuni frangenti, è più accentuato (ma risulta davvero irritante) e ci sono alcuni momenti morti nelle puntate filler. Questo comunque non toglie che, ancora oggi, Unbreakable Kimmy Schmidt rimane un prodotto godibile e a tratti divertentissimo, affollata da molte guest star (quest’anno hanno fatto la loro comparsa Jeff Goldblum, Joshua Jackson e Lisa Kudrow, oltre al ritorno di Tina Fey e Jon Hamm) ma sempre con i riflettori puntati ai due personaggi più importanti dello show, ovvero Kimmy e soprattutto Titus, la vera sorpresa della stagione (il suo character è quello che ha avuto una crescita più consistente).
Il cliffhanger finale, che ci ripresenta nuovamente il reverendo carceriere interpretato da Jon Hamm, ci fa intuire che gli autori abbiano già le idee chiare per la terza stagione e questo non può che essere un bene; se l’approccio ritornerà ad essere quello degli esordi, lo show non potrà che trarne giovamento.