Se ancora vi state chiedendo come siano state costruite le piramidi, strutture colossali capaci di sopravvivere alla storia dell’umanità, vi state concentrando sul problema sbagliato. La vera domanda è com’è possibile che un paio di massi fatti scivolare nei punti giusti da qualche antico egizio compiacente possano far implodere la più grande piramide mai vista. La risposta è in fin dei conti irrilevante – è cinema – ma la primissima scena di X-Men: Apocalisse, già anticipata dalle clip promozionali, riassume perfettamente i due principali difetti che minano la riuscita di quello che si rivela un film tutt’altro che indimenticabile: la ricerca ostinata della spettacolarità e la pretestuosità delle scelte e dei personaggi.
Come suggerisce il titolo, la posta in palio è (ancora una volta) la fine dell’umanità. Il primo mutante della storia, trasposizione cinematografica del potentissimo e iconico villain Apocalypse, si risveglia negli anni ’80 dopo un sonno millenario e raduna quattro ‘cavalieri dell’apocalisse’ per sterminare la razza umana. Ferma restando la simpatia e la comprensione per un personaggio cui basta posare lo sguardo su un televisore per desiderare lo sterminio dell’uomo – sì, accade sul serio –, rimane il fatto che Bryan Singer ci sta raccontando più o meno la stessa storia sin dal lontano 2000, e dopo 16 anni il senso di déjà vu inizia ad essere indigeribile.
La retorica dello scontro tra mutanti e umani, della lotta dei ‘mutanti buoni’ per la salvezza del mondo e della parziale redenzione del mutante cattivo è stata fin qui declinata in ogni modo possibile, e se nel precedente X-Men: Giorni di un futuro passato il regista era riuscito almeno a confezionare una pellicola dalla struttura non banale che si sviluppava attraverso due distinte linee temporali, con questo nuovo lavoro ci consegna soltanto un trionfo del già visto. Il punto è che i cinecomic del 2016 fin qui usciti (Deadpool, Batman v Superman: Dawn of Justice e Captain America: Civil War) hanno fatto di tutto per rinnovare un genere a dir poco inflazionato e per portare la narrazione lungo nuovi binari, quindi l’abuso da parte di Singer dei soliti cliché risulta più che mai anacronistico e insipido.
Come se non bastasse, mentre i Marvel Studios della Disney seguono da anni una strategia di rinnovo dei protagonisti, la Fox ripropone per l’ennesima volta gli stessi personaggi degli ultimi tre lustri, con la modesta aggiunta di qualche comprimario. Il ‘reboot mascherato’ fatto nel 2011 con X-Men: Origini ha di certo esteso la vita della saga, riposizionandola al contempo verso un target young-adult, ma i personaggi principali, seppur più giovani, sono sempre quelli, e ormai li conosciamo a memoria.
Nulla da dire sugli attori: gli interpreti sono eccellenti, il casting particolarmente furbo e le performance sempre all’altezza. Michael Fassbender e Jennifer Lawrence, tanto talentuosi quanto attraenti, garantirebbero da soli l’appagamento degli spettatori, ma anche James McAvoy e i suoi ‘allievi’ contribuiscono al risultato. L’ammiccamento al pubblico della serialità televisiva è evidente (Sophie Turner da Il Trono di Spade e Evan Peters da American Horror Story) e la scelta dell’eccellente Oscar Isaac per il cattivo di turno – che avrebbe potuto essere interpretato da chiunque, tanto è nascosto dal make-up – ha di certo a che fare con l’exploit di Star Wars: Il risveglio della forza. L’amatissimo Hugh Jackman, buttato totalmente a caso nel bel mezzo della storia, fa il suo dovere in termini di richiamo del pubblico.
Il problema, per riagganciarci a quanto detto sopra, è che la riproposizione di un canovaccio abusato viene accompagnata da scene in CGI tanto colossali e finte quanto ormai incapaci di stupire, e che il susseguirsi degli eventi sembra seguire un percorso prestabilito in cui le motivazioni profonde dell’agire non vengono mai sfiorate.
Il personaggio di En Sabah Nur/Apocalisse, tanto caro agli amanti dei comics Marvel, è oggetto di una trasposizione pessima, e in barba all’efficacissima iconografia dei fumetti finisce per sembrare uscito da un film dei Power Rangers. A detta degli autori del film l’intenzione era di creare un personaggio non eccessivamente alieno o minaccioso, in cui i mutanti potessero rispecchiarsi; ma se sulla carta il discorso non fa una grinza, di fatto il risultato è tutt’altro che convincente e i pesanti e confusi interventi prostetici sull’attore non solo non ne aumentano il carisma ma ne indeboliscono sensibilmente la presenza scenica. Se non fosse che lo script è piuttosto rispettoso del background fumettistico, verrebbe da fare un paragone con la vergognosa trasposizione di Deadpool fatta da Fox nel 2009. Come se non bastasse, l’insistenza degli executive Fox per inserire Wolverine nella pellicola porta a bruciare impietosamente una delle più belle storie a fumetti di sempre – non diamo altri dettagli per non spoilerare – riducendola a una citazione e trasformandola in un ibrido tra una violenta ‘sfilata’ e un ridicolo cosplay: tanto ormai a Jackman è rimasto un solo film e quindi possiamo spararci tutte le carte “a cazzo di cane”, direbbe René Ferretti.
Per fortuna la Psylocke della bellissima Olivia Munn (che per avere la parte ha rifiutato il ruolo poi andato a Morena Baccarin nel Deadpool del 2016) rende abbastanza giustizia al personaggio originale. Quicksilver è quasi onnipotente e a tratti sembra addirittura più forte dell’antagonista (e non è l’unico), ma è di gran lunga il personaggio più divertente e soddisfacente del film. Magneto minaccia l’umanità manipolando metalli e Xavier la salva con la telepatia, as usual.
X-Men: Apocalisse non è un brutto cinecomic, ma di certo non è bello. Ha un grande cast, grandi effetti speciali, tanta (non ottima) azione e tanti personaggi che amiamo. Il problema è che, usciti dalla sala, rimane in bocca il sapore della minestra riscaldata. E il fatto che gli interpreti abbiano più o meno la stessa età che si suppone avessero nelle due precedenti pellicole, ambientate rispettivamente venti e dieci anni prima, ci fa venire il sospetto che alla Fox reputino gli spettatori un po’ troppo stupidi. Certo, in sala c’è la sospensione dell’incredulità; ma qui semplicemente sembra che la malcelata intenzione di monetizzare senza rischi stia portando lo studio allo sbando creativo. Speriamo non rovinino anche il fantastico nuovo Deadpool.