A pochi mesi dall’uscita in sala, l’acclamato Steve Jobs di Danny Boyle è arrivato in Blu-ray e DVD. Rivedere un film nella calma del proprio salotto è un esercizio quasi irrinunciabile per un cinefilo che si rispetti, e i contenuti speciali dell’edizione home video – ne parleremo più avanti nella recensione – non possono che offrire spunti di riflessione interessanti per un’opera come questa: un lavoro sospeso tra realtà e finzione in cui il difficile compito di riassumere una vita è affidato alla maestria di regia, sceneggiatura e montaggio.
L’impressione avuta in sala esce rafforzata dalla seconda visione: nel guardare un bio-pic il giudizio è indissolubilmente legato a quali sono le aspettative in termini di aderenza alla realtà. Se quel che cercate sono la completezza e la neutralità di una buona (in questo caso eccellente) biografia, allora fareste meglio ad accompagnare alla visione della pellicola le pagine del libro di Isaacson che ne fanno da soggetto. Ma se quel che cercate è un’esperienza cinematografica che, prendendosi le dovute libertà creative, vi offra un ritratto appassionante di uno degli imprenditori di maggior carisma di sempre, allora troverete in Steve Jobs un prodotto capacissimo di soddisfare ogni vostra aspettativa.
Gli ingredienti per un film di successo ci sono tutti: un personaggio magnetico che in vita ha esteso il proprio straordinario carisma su qualsiasi cosa abbia toccato, un testo di partenza che è una miniera inesauribile di spunti e opportunità, e un cast artistico e tecnico da far tremare le vene ai polsi.
Il fondatore di Apple era un uomo sì geniale e spirituale ma anche decisamente ingannatore, viscido e sgradevole, un’icona imprenditoriale ma, in gioventù, anche un freak maleodorante e ridicolo. Un uomo dalle fortissime contraddizioni ma anche dalla straordinaria capacità di controllare la propria immagine, al punto di attirare magneticamente l’attenzione del pianeta a ogni sua apparizione pubblica. La pur straordinaria sceneggiatura di Sorkin purtroppo può rendere in minima parte quell’aura magica emanata dal CEO di Cupertino, e di conseguenza la scelta di mitigare e smussare gli aspetti più indigeribili della sua biografia risulta funzionale alla ricerca di un equilibrio narrativo. A tratti il tono è ai limiti dell’agiografico, ma sembra una scelta imposta più dalla produzione che dalla regia (i fanboy sono un pubblico pericoloso), e così mentre il fondatore della tech company Californiana viene trasformato egli stesso in un brand, si perde quel mordente che avrebbe dovuto consegnarci un grande personaggio sospeso tra l’eroe messianico e il villain che non conosce redenzione e assistiamo alla storia di un uomo geniale, motivatore, prepotente ed egoista che però solo in parte ha le dimensioni ciclopiche del personaggio cui si ispira. Un perfetto sunto cinematografico all’insegna della normalizzazione – probabilmente l’unica soluzione proponibile per raccontare una vita più grande di qualsiasi finzione – che risulterà ‘incoerente’ agli occhi dei lettori di Isaacson ma probabilmente entusiasmante a tutti gli altri spettatori.
Michael Fassbender è un grande attore che fa il proprio meglio per ritrarre il protagonista, ma non c’è scena in cui riesca a nascondere al pubblico femminile la propria avvenenza, a scapito di una perfetta immedesimazione nel protagonista (è impossibile non chiedersi come sarebbe andata se Christian Bale non avesse rifiutato la parte). La regia di Danny Boyle non è più corrosiva e nervosa come ai tempi d’oro (gli anni e un Oscar lo hanno trasformato in un pur eccellente mestierante) ma le giuste soluzioni stilistiche fanno sì che i minuti scorrano come secondi; Sorkin è pungente e brillante come sempre e riesce a trasformare le parole in azione e a coniugare con disinvoltura ammiccamenti ai nerd più smaliziati con eleganti e sintetici spiegoni per il grande pubblico; il non eccellente montatore Elliot Graham pur nella stessa discontinuità che ha caratterizzato tutta la sua carriera esegue con maestria e le musiche di Daniel Pemberton esordiscono con un’ispiratissima elaborazione del Sosumi (il suono d’avvio dei sistemi operativi Mac) per poi incedere dubbiose tra atmosfere troppo eterogenee e deboli. Kate Winslet non invecchia di pezzo nei 15 anni in cui si svolge la storia e Jeff Daniels ruba la scena a Fassbender ogni volta che compare sullo schermo.
La scelta di raccontare l’ascesa, caduta e redenzione di Jobs come fosse un redivivo Charles Foster Kane è un’intuizione notevole, ma Boyle non è Orson Welles e la scelta di riassumere la vita di Steve Jobs in tre specifici episodi (tre keynote) è una soluzione coraggiosa che però impedisce ogni climax.
L’impressione è che la carne al fuoco fosse troppa, e che la pur riuscitissima pellicola di Boyle funzioni molto meglio come film di fiction che come bio-pic. In un’epoca in cui la serialità televisiva è in grado di sviluppare archi narrativi straordinariamente ricchi e complessi, la formula del bio-pic è sempre più anacronistica e lo sforzo di condensare un’esistenza in un paio d’ore o giù di lì trova ormai unica giustificazione nel botteghino. Però sospendendo la credulità tutto cambia, e il geniale ed egoista imprenditore di Fassbender diventa un protagonista convincente in una pellicola ben riuscita nonostante sulla carta sembrasse impossibile.
La conferma di quanto sia stata difficile la sfida della realizzazione della pellicola viene dai contenuti speciali dell’edizione home video: nel making of del film e nei commenti del regista, dello sceneggiatore e del montatore è evidente quanto il lavoro di preparazione sia stato tutt’altro che superficiale. Ma si sa: Sorkin non improvvisa.
One more thing. Nella calma della proiezione casalinga vi lanciamo una sfida: quanti Sorkinism riuscite a trovare?
Steve Jobs è disponibile in Blu-ray, DVD e in digital download.
Lo Steve Jobs di Fassbender tra passione e aridità
Esce in Blu-ray e DVD il bio-pic diretto da Danny Boyle. Aaron Sorkin sceglie tre keynote per raccontare la vita dell'iCEO.