Loro sono marito e moglie. Belli, ben educati, sensibili, buona posizione sociale, bella casa. Ma hanno un grave lutto alle spalle e il dolore per la perdita del piccolo figlio, morto in un incidente domestico, è ancora vivo. Sono le persone giuste per ricevere in affidamento un bambino prima abbandonato senza un motivo apparente da una coppia affidataria e successivamente tolto anche ad un’altra famiglia ritenuta inadatta dal servizio sociale. Il bambino, Cody, si mostra da subito molto responsabile e molto più maturo dei suoi sette anni. Ha il terrore di addormentarsi perché teme che nel sonno arrivi l’uomo cancro, quello che ha portato via sua mamma. La consapevolezza della sua paura lo tiene sveglio per intere notti, tanto da aver bisogno di potenti tranquillanti. Ma quando Cody si addormenta accadono strani fenomeni che frappongono grossi ostacoli alla speranza di Jessie e Mark, i genitori adottivi, di ricostruire i loro rapporti affettivi e familiari tramite l’affidamento del bambino.
Il film, presentato come un horror-thriller, in realtà è anche una favola e il suo principale punto di debolezza sono proprio le continue virate da un genere all’altro, sebbene il plot abbia una sua coerenza di fondo. Lo stesso limite che ha tarpato le ali al regista Mike Flanagan in Oculus – Il riflesso del male, il suo precedente lungometraggio, che almeno ha avuto il merito di aver portato a casa il genere (horror-thriller) dall’inizio alla fine, grazie soprattutto a un buon montaggio, lento e incalzante nei punti e nei modi giusti. La stessa cosa non è avvenuta in Somnia dove troviamo un andamento medio(cre) per tutti i novanta minuti della pellicola.
Il film del regista statunitense ha un alto tasso di “sfarfalleggiamento” ma ciò non è dovuto all’effetto farfalle, che invece è abbastanza suggestivo, quanto alla sovrapposizione di generi che tolgono tensione e sgonfiano quasi subito quei pochi momenti in cui nello spettatore si creano aspettative e la continua attesa di qualcosa, che però, purtroppo, non arriverà mai. La perenne indecisione di Flanagan discosta Somnia da The Boy, film non eccellente ma dove, in compenso, sono applicati i registri del genere nonostante i dieci minuti finali da dimenticare. Né, tantomeno, si può fare un parallelo, come da qualche parte è stato fatto, con Babadook, dove l’horror non ha nulla di truculento se non (scusate se è poco) il rapporto angoscioso nel triangolo ancestrale bambino-mostro-madre. In Somnia, al contrario, più che l’angoscia prevalgono i buoni sentimenti, tanto che alla fine il regista non ci fa mancare anche una viratina sul melò.
A tutto questo aggiungiamo che i due protagonisti, Kate Bosworth e Thomas Jane hanno facce e physique du role troppo rassicuranti e tutt’altro che ansiogeni. Certo, come altre volte detto su Anonina Cinefili, l’horror è uno dei generi più difficili da rappresentare, ma se non inquietano neanche gli attori, difficilmente si arriva al risultato, del quale resta solo da pensare che sia voluto così.
Alla fine ci si consola col fatto che chi dorme non piglia pesci, ma farfalle…
Somnia: uno sfarfallio tra generi
Il nuovo horror di Mike Flanagan va in troppe direzioni e il risultato è un'identità incerta.