Jonathan Murray Chu, regista e co-produttore di Jem e le Holograms, è nato nel 1979.
Nel 1985 è stato mandato in onda, negli Stati Uniti, il primo episodio della serie animata di Jem. Jon Chu all’epoca aveva 6 anni. Quindi lui c’era, e ha avuto la possibilità di vedere quanto fosse “bella e stravagante, sempre un po’ frizzante, tenera e raggiante”, la vera Jem.
Ma Jon (ne abbiamo parlato da poco per Now You See Me 2) ha usato il nome della nostra girlband preferita senza un briciolo di furbizia. Jem e le Holograms non è un’operazione nostalgia, al contrario, è un goffo tentativo di attualizzare il mito di Jem: non si tratta più di una giovane donna con la stoffa della rock star, bensì di una youtuber sedicenne, sui cui video piovono like.
Jerrica (interpretata da Aubrey Peeples, Nashville) e la sua sorellina Kimber, orfanelle, vivono con la zia (di cui parlerò più avanti, promesso) e altre due ragazzine. Ogni volta che le quattro adolescenti sono sull’orlo del litigio, anziché scannarsi come tutte le persone normali, vengono invitate dalla zia a intonare un do. Kimber è un’adolescente tutta internet e spam: piglia un video di Jerrica, lo posta su youtube e, in men che non si dica, fa il boom di visualizzazioni, la Starlight Music (la più grande casa discografica di quel mondo) lo nota e mette Jem sotto contratto. A patto che si mantenga il mistero sulla sua identità. Jem suona, canta, infiamma il pubblico, litiga con le Holograms e poi ci fa pace, si innamora, segue una caccia al tesoro organizzata anni prima dal padre morto e ha come amichetto un piccolo robot, Synergy (che per noi italiani, nel cartone animato, era Energy). Il robot è esteticamente identico a Eve, la robottina di Wall-e, e conserva in sé delle mappe. Le mappe (attenzione che questa è dolorosa) vengono mostrate alle Holograms ricalcando il metodo del piccolo, tenero droide di Star Wars, R2-D2.
Jerrica è una tipa timida e introversa, ma sul palco si sente completamente a proprio agio, coinvolge il pubblico e non sbaglia un colpo. Nel cartone animato credevamo a questa trasformazione perché interveniva Energy a sdoppiare la personalità di Jerrica, rendendola Jem. Nel film di Chu, invece, la trasformazione non è oggettivata, il che rende Jerrica una falsa timida, incoerente con la prima mezz’ora di racconto in cui non riesce nemmeno a scattarsi un selfie con la sorella.
La caratterizzazione dei personaggi è affidata per lo più agli abiti: la “tosta e fashion” proprietaria della Starlight Music si presenta vestita di furetto, e la regia si accanisce di primi piani sulle sue scarpe con tacco.
Ma dove accidenti sono le Misfits, lo storico gruppo punk antagonista delle Holograms? Le Misfits compaiono dopo i titoli di coda, rilanciando addirittura un sequel. Credono di essere punk perché vivono in una specie di discarica e perché Pizzazz, la leader, ha i capelli verdi.
Il punto è che da piccoli guardare un episodio di Jem e le Holograms era come vedere Joan Jett e le Runaways in versione cartoon. Erano i tagli di capelli di Cyndi Lauper. E io spero con tutta me stessa che Joan e Cyndi non abbiano mai la possibilità di accedere a questo film, ne morirebbero. Questa Jem, in versione Hannah Montana 2.0, lacera i sentimenti di chi quel cartone animato l’ha seguito nell’infanzia (che poi dovrebbe essere il target principale di questo live action). Ma diamo la possibilità a questo lavoro di essere valutato a prescindere dalla nostalgia del passato, poniamo che il film, anziché chiamarsi Jem e le Holograms, si fosse chiamato “Sul palco per caso”. La trama sarebbe comunque povera, i dialoghi banali, pieni di “segui le tue aspirazioni”, “papà farebbe così”, “sei forte, credici”. E staremmo sempre parlando di youtubers, di video-confessioni noiose come le dirette facebook di uno qualsiasi dei nostri contatti. La Jem dei cartoni animati è un’icona di stile nel suo tempo; indossa abiti con giganteschi pois o tubini rosa piumati; è una perfetta fusione tra rock e glitter; è Cristina D’Avena che, sul palco con i Gem Boy, tira fuori una chitarra elettrica rosa e suona l’intro di I love rock and roll. Con il film di Jon Chu ci ritroviamo, invece, di fronte a una versione annacquata di Hilary Duff.
E ora parliamo della zia, la donna che ha cresciuto Jerrica e le sue sorelle. È interpretata da Molly Ringwald, e questa scelta di cast non fa che aggiungere pena ai miei ricordi. Se la bambina che è in me era in crisi respiratoria per via di come è stata raccontata Jem, quando mi sono accorta della presenza di Molly Ringwald anche l’adolescente che è in me ha iniziato ad annaspare. Molly è stata la protagonista di alcuni dei migliori film del cinema adolescenziale degli anni 80. Parlo di Sixteen Candles – un compleanno da ricordare, Bella in rosa e, soprattutto, Breakfast Club (come mai, Molly, hai accettato di recitare in questo revival fallimentare? È per le rate del mutuo?).
Inoltre, se Jem diventa Hannah Montana, chi è il pubblico di riferimento? I ragazzini che impazziscono per Violetta o la nostra generazione, che si sente chiamata in causa anche per la presenza di Molly Ringwald? Questa imprecisione nel trovare il proprio target è costata cara alla Universal: negli Stati Uniti il film è uscito nel 2015, anticipato da un trailer che da solo rendeva chiaro l’approccio disastroso di questo live action. Dopo due settimane nelle sale la pellicola è stata ritirata. In Italia il film è uscito il 23 giugno e di certo non ha registrato un record di incassi.
Io capisco che noi, figli degli anni 80, abbiamo un ricordo distorto di ciò che era davvero la serie animata di Jem e le Holograms, in fondo eravamo dei poppanti. Ma se quello stesso ricordo distorto ci richiama alla mente, anche solo in maniera sfumata, il mito di un passato in cui donne del calibro di Debbie Harry erano frontwoman dei Blondie, perché non provare a raccontarlo? In fondo Jem e Pizzazz si contendevano il palco, il pubblico, le classifiche e un uomo. Ora che siamo cresciuti sappiamo bene che non sono le visualizzazioni su youtube a fare la storia, non ancora.
Jem e le Holograms: per chi è stato girato?
Il live action basato sul celebre cartoon anni '80 rivela una forte indecisione nel trovare un pubblico di riferimento.