Con l’arrivo di Tom à la ferme (Tom nella fattoria) Xavier Dolan esce ufficialmente dalla ‘semi-clandestinità’ nelle sale italiane. Il regista canadese, classe 1989, nonostante le sue qualità di attore, sceneggiatore e regista gli abbiano fatto guadagnare a furor di popolo l’appellativo di enfant prodige, si è affacciato sul grande schermo nostrano solo nel 2014 con Mommy , film con interpretazioni memorabili di Anne Dorval e Antoine Olivier Pilon. Mommy narra di un rapporto tempestoso tra madre e figlio, tema ricorrente in Dolan, e di come due persone disturbate nella mente e nell’anima possano provare con fatica e dolore a uscire dalle loro gabbie ed essere reciprocamente ‘terapeutiche’ (geniale la scelta del formato della pellicola dove c’è spazio solo per un personaggio alla volta, senza interazione formale con altri) . La chiamata di Dolan in giuria a Venezia 2015 e la vittoria del Gran Premio della Giuria a Cannes 2016 con il suo ultimo film Juste la fine du monde hanno evidentemente convinto il forse troppo prudente sistema distributivo a recuperare in sala i suoi film precedenti. E così nel giro di un mese sono arrivati prima Laurence Anyways, il suo terzo film (2012) e ora il quarto del 2013 Tom à la ferme.
Tom, interpretato dallo stesso Xavier Dolan, è un giovane pubblicitario di Montréal che si mette in viaggio verso una fattoria isolata della campagna canadese per andare al funerale del suo amante Guillaume, morto in un incidente stradale. Il ragazzo vorrebbe parlare alla famiglia del loro rapporto e del loro amore. Tom trova ad accoglierlo la madre di Guillome, Agathe (Lise Roy), un’anziana donna un po’ strampalata, del tutto ignara dell’omosessualità del figlio e convita che fosse fidanzato con una donna. Ma ad accoglierlo c’è anche, e soprattutto, il fratello di Guillome, Francis (Pierre-Yves Cardinal), che porta avanti la fattoria di famiglia. Francis è un ragazzo dal temperamento instabile e violento, aggredisce subito Tom e gli impone di non rivelare alla madre del suo rapporto con il congiunto. Tom è impaurito ma attratto da Francis e tra loro si stabilisce una relazione di dipendenza malata, tanto che il giovane pubblicitario decide di restare nella fattoria e dedicarsi anch’esso ai lavori faticosi e “sporchi” dei campi e del bestiame.
Il rapporto fra Tom e Francis non è semplicemente quello del sottomesso attratto dal suo “carceriere”, il loro è un gioco di specchi che si proiettano in più direzioni. C’è l’esigenza di veicolare messaggi accettati e accettabili dalla famiglia e dalla comunità contadina e periferica, ci sono i ricordi che ognuno vorrebbe conservare e far conoscere: l’uno di un amore con un altro uomo, l’altro di un fratello eterosessuale. Ma a entrambi in fondo manca la forza , e forse la voglia, di affermare la propria verità più o meno alterata e ipocrita. Già, perché anche Francis, così come per altri versi Tom che lo subisce, nella sua ostentata violenza verbale e fisica deve fare i conti con sé stesso e con i suoi impulsi, anche sessuali. Le sue stesse aggressioni trasudano sessualità nei confronti del giovane pubblicitario e il tango che insieme ballano nel fienile svela molto di più di un bacio mai dato. Esemplari le parole dello stesso regista: “Questo è un film che parla del lutto, dell’essere fagocitato dagli altri, della nevrosi, del transfert emotivo. Tutti mentono in questa storia, a sé stessi e agli altri. E alla fine tutti perdono”.
Tom à la ferme, tratto da un’opera teatrale del canadese Michel Marc Bouchard, è un buon film ma non è il miglior film di Dolan. È un noir psicologico ricco anche di citazioni, ma l’inizio che richiama un po’ Shining con il protagonista che in auto va incontro ad un destino che svelerà un altro sé stesso, o la fattoria di Hitchcock sono magari dettagli che scateneranno l’ego cinefilo degli spettatori ma non così importanti al fine del risultato. Un risultato buono anche se il regista canadese sembra troppo compiaciuto come attore e un po’ troppo concentrato sulla regia. Le scene sono tutte tecnicamente al limite della perfezione, cosa che gli ‘capita spesso’ , ma che in questo caso, paradossalmente, in alcuni momenti mettono in ombra attori e racconto. Su tutti una menzione speciale va a Pierre-Yves Cardinal. A scanso di equivoci, il film è assolutamente da recuperare, anche per prepararsi all’uscita di Juste la fin du monde, dal 1° dicembre al cinema.
Tom à la ferme: Dolan esce dalla ‘clandestinità’
L'incontenibile talento di Xavier Dolan inizia finalmente a trovare un posto nelle nostre sale, in attesa dell'attesissimo "Juste la fin du monde".