Con Star Trek Beyond torna la storica saga di fantascienza che quest’anno compie mezzo secolo di vita, al terzo installment da quel reboot firmato J.J. Abrams che ha conferito insperata linfa a un prodotto che dava segni di stanchezza.
Questa volta dietro la macchina da presa pero non c’è più l’uomo dei lens flare (di cui si sente la mancanza) e al suo posto arriva l’adrenalinica regia di Justin Lin, noto per aver firmato ben quattro capitoli della saga Fast & Furious. Il taiwanese apporta il suo stile al mondo di Kirk & Co, cercando negli intenti di realizzare un film di avventura che sfrutti le potenzialità del franchise senza per questo rimanerne imbrigliato.
L’occhio di Lin indugia con un po’ troppa insistenza sullo spettacolare e non sa quando fermarsi nel raccontare l’azione, ma quel che in occidente potrebbe esser motivo di demerito è in realtà linfa vitale per il mercato asiatico cui, come spesso accade negli ultimi tempi (si pensi a Warcraft: L’inizio e Tartarughe Ninja: Fuori dall’Ombra), Hollywood ambisce senza compromessi.
Questa coproduzione realizzata con le cinesi Alibaba Pictures e HuaHua Media vede il ritorno di tutti i volti che abbiamo imparato ad amare sin dall’ultimo reboot, e purtroppo segna anche l’ultima partecipazione del recentemente scomparso Anton Yelchin, qui molto presente ma senza mai una vera possibilità di mostrare il proprio talento (e doppiato come in un cartone animato). A brillare tra i character non è tanto il villain interpretato da Idris Elba, che sembra confezionato per nascere e morire nei 122 minuti del film senza lasciare traccia, quanto l’iconica aliena interpretata dalla carismatica Sofia Boutella, che brilla tanto da rendere quasi trascurabile tutto il resto della pellicola.
Star Trek Beyond è una pellicola fracassona e ambiziosa, che ammicca ai trekkies e regala momenti di shock per i fan di vecchia data, ma al contempo esplora figurativamente e letteralmente nuovi territori, offre qualche momento di ironia ma anche qualcuno di sincero imbarazzo (il brano rock sparato a tutto volume per sconfiggere lo sciame di navi nemiche è una perla trash). La base stellare Yorktown è meravigliosa, ma ricorda troppo quanto già visto nell’Elysium del geniale Neill Blomkamp; in alcuni momenti poi la vocazione per le corse del regista ha la meglio sul contesto, come nel finale in motocicletta, e la scelta di raccontare l’azione in modo volutamente caotico per lunghe decine di minuti porta inizialmente ad appassionarsi ma poco dopo a distrarsi e perdere il filo di quel che accade sullo schermo, a tutto vantaggio del bailamme che giustifica i 185 milioni di budget senza per questo essere di particolare aiuto nella narrazione.
Lo sceneggiatore Doug Jung, subentrato a Roberto Orci a inizio del 2015, firma lo script a quattro mani con Simon Pegg e i due riescono a dare forma a una storia non propriamente originale ma ben congegnata; il problema è la sconcertante prevedibilità dei dialoghi, che potrebbero essere tra i più banali presentati di recente in una grande produzione.
In fin dei conti Star Trek Beyond è un film che di certo non eccelle ma si propone come una buona scelta nel poco affollato mercato estivo, apporta qualcosa di nuovo al franchise (scommettiamo e speriamo di ritrovare il personaggio di Jaylah nelle puntate future) ma al contempo risente di alcuni suoi limiti anacronistici (l’affollamento di creature con il corpo perfettamente umano e una maschera e dei guanti ipertrofici piazzati a simularne la provenienza aliena ha un sapore da b-movie difficilmente digeribile). Lo spirito, quello che spinge da sempre l’Enterprise “ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima”, è intatto, e dopo mezzo secolo non è un risultato da poco.
Star Trek Beyond: fast and chinese
Il capitano Kirk e il suo equipaggio tornano sullo schermo e devono affrontare la perdita della leggendaria USS Enterprise.