In un divertente sketch promozionale degli Emmy di qualche anno fa, la star di Breaking Bad Aaron Paul, che in quel video impersona uno dei titolari di un banco dei pegni, per comprare a poco prezzo la statuetta che Julia Loius-Dreyfus (la star di Veep) vuole vendere le dice una frase che purtroppo è un luogo comune molto diffuso e molto fastidioso: “Comedy is easy, drama is hard”; la commedia, checché se ne dica, è forse il genere più difficile da fare e, cosa ancora più difficile, da innovare, specialmente se parliamo del suo sottogenere più nobile, quello della commedia satirica. Come proporre quindi, nel 2016, un prodotto che riesca ad essere divertente e al tempo stesso sappia tirare fuori tanti spunti intelligenti ed estremamente attuali? HBO, spesso e volentieri network pioniere in TV, ha la risposta: oltre alla già citata Veep, la comedy che rispecchia alla perfezione i parametri sopra elencati è Silicon Valley, la serie ideata da Mike Judge che prende in giro, smitizzandolo, il polo tecnologico più famoso del mondo.
In questa terza stagione l’allegra combriccola di Pied Piper rischia seriamente di chiudere i battenti una volta per tutte.
Il fondatore di Pied Piper Richard Hendricks (Thomas Middleditch), dopo essere stato costretto a lasciare il suo posto di CEO dell’azienda, ha la tentazione di andare a lavorare altrove ma viene convinto dal nuovo CEO Jack Barker a collaborare insieme; i due però hanno idee completamente diverse sul futuro della società e, dopo essersi fatti la guerra, Richard riesce a mandarlo via e a sviluppare la versione beta di Pied Piper che potrebbe rivoluzionare il mercato e mettere in difficoltà l’azienda rivale Hooli, gestita dallo spregiudicato ed eccentrico Gavin Nelson (Matt Ross). Il risultato del lancio del programma però non è quello sperato, portando in questo modo la società sull’orlo del precipizio; solo in extremis Pied Piper verrà salvata, grazie all’apporto di capitale dei due reietti dell’azienda ovvero Big Head (Josh Brener) e Erlich Bachman (T.J. Miller).
Silicon Valley, da qualche anno a questa parte, è ormai una delle migliori comedy americane in circolazione.
Lo show HBO, appartenente alla categoria delle visual comedy (che hanno come prerogativa quella di far ridere non solo con le battute ma soprattutto con la costruzione registica della scena, creando in questo modo situazioni parodistiche), prende di mira quelli che a tutti gli effetti possono essere considerati come i Padroni dell’Universo del terzo millennio ovvero i magnati dell’informatica; questi personaggi, circondati notoriamente da un’aura leggendaria quasi mistica (come Steve Jobs e Bill Gates), vengono invece rappresentati nella serie come individui sì geniali ma imbranati, privi di senso pratico e totalmente incapaci di saper leggere e adattarsi al mondo che li circonda. Quello che Mike Judge e il suo team di autori mostrano allo spettatore è molto chiaro: far vedere l’altra faccia della medaglia, in chiave satirica, di chi de facto controlla il mondo in questo periodo storico, rappresentandone tutti gli eccessi e tutti i vizi (e se il ritratto è fedele, c’è da preoccuparsi seriamente). La scrittura, vero punto forte di Silicon Valley, è molto brillante perché riesce a far ridere in maniera mai sguaiata e sorprende la dovizia di particolari nella descrizione di quel particolare ambiente (lo slang degli addetti ai lavori, il funzionamento di determinati meccanismi societari, l’utilizzo di alcuni trucchetti per gonfiare le performance aziendali); anche nelle scelte di casting Judge e co. hanno fatto centro, dato che gli attori, gran parte di loro caratteristi, sono tutti perfetti e credibili nei loro ruoli, specialmente Middleditch e Miller (visto recentemente in Deadpool).
Silicon Valley, in onda qui su Sky Atlantic, può essere una potenziale outsider agli Emmy di quest’anno (è infatti candidata, tra le altre cose, al premio come miglior serie comedy) e, con il rinnovo della quarta stagione già in tasca, non ha alcuna intenzione di smorzare a breve la sua forza ironica e irriverente.