“Soprano, Draper, Underwood, Horseman”: la tagline pubblicitaria della terza stagione della serie animata Netflix parla molto chiaro, BoJack ormai fa parte, meritatamente, di quel club esclusivo dei grandi antieroi protagonisti della rivoluzione televisiva in atto ormai da quasi vent’anni. Dopo lo scorso anno ci si aspettavano grandi conferme da BoJack Horseman, unanimemente riconosciuto dalla critica come uno degli show più importanti attualmente in onda, e non solo la serie ha rispettato tutte le aspettative ma alza ulteriormente l’asticella qualitativa dimostrando una straordinaria maturità artistica.
Il tema centrale di quest’anno è l’incapacità del nostro protagonista di essere felice anche quando si trova sulla cresta dell’onda.
BoJack (nella versione originale doppiato da Will Arnett) ha la concreta possibilità di poter ottenere una nomination agli Oscar per il suo film Secretariat ma, nonostante abbia assunto la migliore PR in circolazione per centrare questo obiettivo, la sua natura autolesionista prevarrà nuovamente entrando in un vortice di depressione, alcol e droga che non solo gli farà perdere la chance di una vita ma rovinerà i rapporti con le persone che gli stanno accanto (ad una di queste costerà la vità l’aver assecondato la sua follia).
Etichettare BoJack Horseman come una semplice serie animata oggigiorno è alquanto riduttivo.
Lo show creato da Raphael Bob-Waksberg, che critica in maniera spietata lo star system hollywoodiano, è un ritratto brillante e accurato della tragedia umana del mondo moderno che nel corso di questi anni la televisione, medium di riferimento in questo inizio Millennio, continua a rappresentare in maniera lucidissima (in America questo argomento è oggetto di studio grazie al libro di Brett Martin Difficult Men – Behind the Scenes of a Creative Revolution: From The Sopranos and The Wire to Mad Men and Breaking Bad); come le grandi serie appena elencate, anche BoJack Horseman racconta la vita di un personaggio complicato, depresso, infelice, moralmente compromesso e profondamente umano (nonostante abbia le sembianze di un cavallo). Se proprio vogliamo cercare un parametro di paragone, più che ai Simpson (show che in questi ultimi anni non riesce più a stare al passo della contemporaneità) il prodotto Netflix è accostabile alla serie AMC Mad Men, sicuramente una grande fonte di ispirazione per Bob-Waksberg (confrontate le sigle delle due serie e fate caso agli elementi in comune); Don Draper e BoJack infatti sono molto simili fra loro perché sono entrambi ricchi, egocentrici, fedifragi, donnaioli e detestabili ma con una sostanziale differenza: se il protagonista di Mad Men ha avuto un’evoluzione che può portare lo spettatore a comprendere le ragioni del suo malessere (un uomo mediocre che, prendendo in guerra l’identità di un altro uomo, si rifà una vita) il nostro cavallo antropomorfo è un character ancora più complesso perché non riusciamo a capire fino in fondo le reali cause della sua depressione e delle sue manie suicide (ed è questo elemento a renderlo così affascinante).
Il lato drama non offusca però la grande vena comedy della serie.
BoJack Horseman, con il suo mix di satira e commedia surreale, è un continuo susseguirsi di situazioni originali e divertentissime (legate anche a temi importanti come per esempio l’aborto) che sono frutto del geniale universo creato dalla fumettista Lisa Hanawalt e della brillantissima scrittura degli autori dello show, che hanno il merito, tra le altre cose, di affiancare a BoJack dei personaggi secondari di grandissimo spessore come l’agente Princess Carolyn, l’amico eccentrico Todd (doppiato in lingua originale da Aaron Paul, produttore esecutivo della serie assieme ad Arnett), la ghostwriter Diane (il character che ha più affinità con il nostro protagonista) ma soprattutto la “nemesi” di BoJack ovvero il labrador Mr. Peanutbutter, il vero personaggio positivo del cartoon; un discorso a parte merita il quarto episodio di questa terza stagione (Un pesce fuor d’acqua), un episodio praticamente muto ambientato nella città dei pesci che rappresenta per chi vi scrive, assieme al pilot di Scorsese di Vinyl, il momento di televisione più alto del 2016.
Non è più un mistero che Netflix consideri BoJack Horseman, assieme ad House of Cards e ad Orange Is The New Black, il suo prodotto di punta: la serie, il giorno stesso del rilascio (il 22 luglio), è stata rinnovata per una quarta stagione, segno della fiducia incondizionata in questo prodotto da parte della piattaforma streaming più popolare al mondo (l’hype è già pazzesco in vista del prossimo anno, dato che la puntata finale ha regalato molti colpi di scena). Se quest’estate avete tempo, recuperate questa serie animata: non ve ne pentirete.