Spionaggio, doppiogiochismo, azione, politica, culture orientali che si incontrano tra di loro: questo è quello che riesce ad offrire The Age of Shadows, film presentato in anteprima mondiale il 1° di settembre, fuori concorso, alla 73^ edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
La pellicola, diretta da Kim Jee-Woon (A Bittersweet Life, The Last Stand), è l’ennesima dimostrazione, dopo Arrival di Denis Villeneuve, di come il Festival di Venezia cerchi sempre di più di proiettare in anteprima film che riescano a mescolare il più possibile cinema d’autore con quello commerciale.
Il film, ambientato nella Corea degli anni ‘30 durante la dominazione giapponese, racconta di come la Resistenza coreana, un gruppo di rivoltosi guidato da Kim Woo-Jin (Gong Yoo), cerchi di organizzare il trasporto di un grosso carico di esplosivi, da Shanghai a Seoul, da usare per un attentato ai più importanti palazzi del regime giapponese; durante il film però i ribelli verranno messi alle strette dalla polizia nipponica presente in Corea, guidata dal commissario Lee Jung-Chool (Song Kang-Ho) e dal suo superiore Hashimoto (Um Tae-Goo).
Il personaggio del commissario, coreano al servizio dei giapponesi, all’inizio del film può essere definito come il classico voltagabbana, una volta amico dei ribelli e della propria patria, poi vendutosi agli invasori stranieri per mero profitto; durante lo sviluppo della storia, però, si può notare come l’apparenza possa trarre in inganno, e spesso e volentieri durante la visione della pellicola non si capisce da che parte stia il personaggio, ovvero se sia fedele ai suoi “datori di lavoro” o ai suoi vecchi amici rivoluzionari. Questo tipo di incertezza, che non è altro che il principio dello yin & yang applicato alla settima arte, è molto utilizzata nel cinema orientale, rendendo lo spettatore sempre dubbioso sulla natura benigna o maligna dei characters.
Quello che rende molto interessante la pellicola, oltre al personaggio del commissario, è il contesto geografico, che mostra una Seoul e una Shanghai in mano ai giapponesi (che permette al regista di far parlare ai personaggi principali sia il coreano che il giapponese), e storico/temporale, con il dominio giapponese in Corea e in Manciuria in primo piano; questa dettagliata ricostruzione ci indica una forte connotazione politica da parte della pellicola, specialmente in un periodo storico come quello attuale in cui sta prendendo piede un certo revisionismo nazionalista in Giappone e il film può essere interpretato anche come un avvertimento, da parte della Corea, di non incappare negli errori commessi in passato dai nipponici (in molte parti del film viene evidenziato spesso come i giapponesi non erano molto indulgenti nei confronti dei loro cugini coreani).
Da un punto di vista stilistico, questa pellicola è influenzata sia dal cinema di genere di Hong Kong (diverse sono infatti le scene di azione, splendidamente coreografate) che dal classico noir (non dimenticando, ovviamente, l’elemento spy di fondo della trama), fino a passare ad un certo Quentin Tarantino, il cui riferimento è palese in una scena che omaggia Bastardi Senza Gloria.
Prima produzione Warner in lingua coreana (il film è il candidato per la Corea alla nomination come miglior film straniero all’Oscar), questo lungometraggio è il risultato di come il cinema orientale può benissimo andare incontro alle esigenze anche del pubblico americano/europeo, ed è un peccato che ancora non si sappia se in Italia verrà mai distribuito (non è presente una data di rilascio) perchè questa è una pellicola di genere che non ha niente a che invidiare alla stragrande maggioranza di quelle rilasciate negli ultimi anni in Occidente; inoltre è la dimostrazione di come il mix di generi considerati “commerciali” dalla critica cinematografica (thriller, spy movie, azione) riesca, oltre al mero intrattenimento, anche a far riflettere lo spettatore in sala.
Venezia 73: la recensione in anteprima di The Age Of Shadows
Presentato fuori concorso, il nuovo film di Kim Jee Woon è una coinvolgente spy-story ambientata nella Corea sottoposta all'occupazione nipponica.