Quest’anno la Mostra del Cinema di Venezia, se guardiamo le pellicole presenti in concorso, si presenta come la più eterogenea degli ultimi anni: film d’autore canonici, pellicole di genere, grandi produzioni hollywoodiane, documentari, ce n’è davvero per tutti i gusti! In mezzo a tutto questo Alberto Barbera, direttore del festival, è riuscito ad inserire nella selezione anche El Cristo Ciego, un’interessante opera prima diretta da Christopher Murray che pone molti spunti di riflessione sulle tematiche legate alla religione e la fede.
La pellicola racconta la storia di Michael, un ragazzo che vive nel deserto cileno.
Michael, fin da bambino, è convinto di essere un Cristo e la fiducia nei suoi mezzi è talmente alta che riesce a convincere anche le altre persone di questo. Il ragazzo intraprenderà viaggio per cercare di dare una mano al suo amico Mauricio rimasto ferito in un incidente di lavoro e tra parabole, bagni di folla e invettive contro le celebrazioni dei santi, alla fine dovrà fare i conti con la realtà.
El Cristo Ciego usa la metafora del presunto profeta per criticare la Chiesa cattolica.
E’ interessante notare come il cinema cileno, negli ultimi anni, abbia molto a cuore questo tema: l’anno scorso infatti uscì Il Club, il film di Pablo Larraìn (quest’anno presente a Venezia in concorso con Jackie) che prendeva di mira la Curia rea di coprire omertosamente lo scandalo dei preti pedofili (non dimentichiamo che la Chiesa in Cile, nel passato, ha anche appoggiato il regime sanguinario di Pinochet). Christopher Murray prende la vicenda di questo ragazzino per raccontare una parte remota di mondo (molto, molto rurale) dove l’ignoranza regna sovrana e la religione è l’unica fonte di conforto per queste persone, che vedono in Michael, erroneamente, il nuovo Messia. Il regista è molto bravo a giocare sull’ambiguità del suo protagonista perché noi, per gran parte degli 85 minuti di durata del film, non sappiamo se effettivamente il ragazzo sia un impostore o no e questo spiazza lo spettatore, dato che il suo carisma può ingannare anche l’osservatore esterno; la critica in chiave antireligiosa si intuisce dal fatto che il protagonista stesso non creda nei culti organizzati e dalla completa assenza di sacerdoti in quel territorio (quasi come se avessero lasciato al loro destino i campagnoli). Murray per questo film utilizza tutti attori non professionisti del luogo, un deserto che ricorda molto i luoghi dove Gesù ha vissuto (un tipo di approccio, se vogliamo, molto pasoliniano) e dimostra, al suo film d’esordio, di saper girare molto bene.
Anche se il film ha dei difetti tipici di molte opere prime, in primis una gestione del ritmo narrativo non ottimale ed un finale un pò raffazzonato, il risultato finale è sicuramente apprezzabile e Barbera, che ha molto spinto El Cristo Ciego nelle interviste concesse, vince anche in questa occasione l’ennesima scommessa.