Il cadavere di Gennaro Ruotolo viene trovato sulla spiaggia di Torre Annunziata, mentre quello della moglie verrà rinvenuto più tardi nella loro abitazione. Sarà chiaro a tutti, e fin da subito, che il delitto è legato alla camorra. L’indagine del giovane e coraggioso giudice Spinacci (Amedeo Nazzari) fatica ad andare avanti a causa dell’omertà dei cittadini napoletani e soprattutto del mancato appoggio da parte non solo dei colleghi funzionari, ma anche della moglie (Mariella Lotti9, preoccupata per l’indignazione dell’opinione pubblica dopo gli stati d’arresto attuati dal marito a carico di numerosi sospettati appartenenti alla bella Napoli. Proprio quando Spinacci è sul punto di abbandonare l’indagine, un nuovo delitto lo convincerà a continuare, accusare quegli intoccabili napoletani, inaugurando così il “processo alla città”.
Nonostante il film, proprio come la vicenda da cui trae origine (il processo Cuocolo, primissimo procedimento giudiziario contro esponenti della camorra), si svolga nei primi anni del Novecento, il merito del regista è stato quello di mostrare implicazioni sociali che appartenevano ancora agli anni Cinquanta, quando la pellicola uscì nelle sale e si avviava ad essere un grande successo internazionale. Non a caso fu giudicato da molti il miglior lavoro di Luigi Zampa, né la censura mise mano alla sceneggiatura, privilegio che mancò decisamente ai successivi suoi lavori.
La ricostruzione della Napoli di inizio Novecento fu sorprendente e Zampa riuscì magistralmente a trasmettere tutto il suo impegno civile e sociale senza mai sovrastare la sceneggiatura o il ruolo degli attori. Nonostante il film abbia una forte componente dialettale, una trama complessa e argomenti estremamente delicati, l’attenzione dello spettatore non incontra pause. Merito senz’altro anche della fantastica corona di attori presenti nella pellicola: accanto ai già citati Amedeo Nazzari e Mariella Lotti, spiccano Silvana Pampanini, Paolo Stoppa, Franco Interlenghi nel ruolo di Luigi Esposito e Irène Galter in quello della moglie Nunziatina.
La regia abile e l’accuratezza storica, sociale e culturale dell’ambientazione, rendono Processo alla città uno dei film più importanti e belli della cinematografia italiana. E non è certo il successo di botteghino che il film ebbe a farlo restare nella memoria. Il suo essere un “classico” deriva da una necessità di riscoprire una coscienza tutta italiana di fronte a quegli argomenti che ancora oggi sono più che presenti nella nostra società. Processo alla città è un classico perché, per usare le parole di Calvino, è un film che non ha mai finito di dire quel che ha da dire, nascondendosi “nelle pieghe della memoria, mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale”.
Venezia 73: la recensione di Processo Alla Città
Di Elena Pisa
Il film di Luigi Zampa sul processo Cuocolo presentato in versione restaurata nella sezione Venezia Classici.