Stiamo attraversando una fase storica in cui la riproposizione di vecchie idee di successo, siano esse nella forma del reboot o in quella del sequel, è la pigra garanzia di successo cui si affidano gli studios hollywoodiani. Il mondo dell’animazione non si sottrae a questo trend, e così a tredici anni di distanza dall’amatissimo Finding Nemo arriva nelle sale lo spin-off incentrato sulla smemorata amica del pesce pagliaccio: il pesce chirurgo blu Dory.
Le aspettative verso la pellicola erano proporzionali solo ai dubbi sulla sua capacità di eguagliare l’originale, ma sappiate che Alla Ricerca di Dory è un film semplicemente meraviglioso, che intrattiene ed emoziona quanto e più del precedente capitolo, e che saprà parlare tanto agli ex bambini ormai cresciuti quanto alle nuove generazioni di piccoli fan.
La pellicola Pixar distribuita da The Walt Disney Pictures è ambientata un anno dopo Alla Ricerca di Nemo e racconta la storia di come Dory, ricordatasi improvvisamente dei genitori che non vedeva sin da quando era poco più che una neonata, intraprenda un rocambolesco viaggio irto di insidie allo scopo di ritrovarli e scoprire le proprie origini.
Gli ingredienti per un prodotto di successo ci sono tutti: tornano i personaggi che abbiamo amato, ci sono ammiccamenti alle avventure mostrate in sala tredici anni fa, e c’è tanta adorabile ironia, che garantisce 97 minuti non spensierati ma di certo divertenti ai più piccoli. Quel che però colpisce è come sia stata rincarata la dose sulla componente emotiva della storia, di fronte alla quale gli spettatori adulti non potranno che riflettere e, probabilmente, commuoversi.
Se la diversità, rappresentata dalla celebre pinnetta atrofica di Nemo, era uno dei temi principali del primo installment, la malattia diventa un tema preponderante in questo episodio. Il disturbo alla memoria di Dory è chiaramente il motore della storia, ma la necessità di accettazione e convivenza con problemi fisici o psicologici in quasi tutti i personaggi comprimari (da un polpo ectapode – nulla a che fare con gli alieni di Arrival – a uno squalo balena ipovedente, passando per un beluga incapace di geolocalizzare) diventa un elemento così importante da fare da morale principale alla pellicola, che non a caso si svolge in larga parte in un’oasi marina che potrebbe essere perfettamente letta come un ospedale.
Se credete che però sarà la malattia a strapparvi i lacrimoni più generosi, allora non avete fatto i conti con una delle scene più profonde e simboliche mai viste in un film d’animazione (segue spoiler minore): sfido qualsiasi adulto, nei momenti in cui Dory passa la propria infanzia a cercare i genitori smarriti fino a smarrirsi a sua volta e non ricordarsi cosa stesse cercando, a non leggervi un racconto per immagini di tutte quelle volte in cui nella nostra vita ci siamo tanto ostinati a voler raggiungere qualcosa da arrivare a perdere noi stessi. Grandissimo cinema.
A dispetto di tanta intensità, come abbiamo già anticipato il cartoon in CGI della Pixar è percorso da gag irresistibili e tanti momenti divertenti e teneri, ma l’importanza educativa delle vicende raccontate ne fa una pellicola che potrà sedimentarsi come momento fondamentale nella formazione cinematografica dei più piccoli.
In conclusione una storia di solidarietà e determinazione che farà capire l’importanza tanto delle proprie origini quanto delle persone che ci ritroviamo intorno nelle diverse fasi dell’esistenza. Un altro capolavoro Pixar, insomma.
Alla Ricerca di Dory: la recensione in anteprima (NO SPOILER)
Torna dopo tredici anni la smemorata amica di Nemo, protagonista di una pellicola meravigliosa sulla malattia e sulla determinazione.