(La Writers Guild Italia nasce con l’intento di valorizzare la professione degli sceneggiatori. La sezione “Scritto Da”, sotto l’egida di “Written By”, la prestigiosa rivista della WGAw, tenta di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori di cinema, tv, e web vengono penalizzati dagli organi di informazione.)
Federico Starnone è co-sceneggiatore del film Tommaso, presentato fuori concorso alla 73a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, diretto e interpretato da Kim Rossi Stuart, che firma anche la sceneggiatura.
Ciao, Federico. Prima di tutto ti chiediamo di raccontarci in breve la storia di Tommaso, di fare un pitch. Tommaso è la storia di un uomo che entra in conflitto con il suo ruolo maschile. Cercando accanitamente un diverso rapporto con l’universo femminile, Tommaso precipita nelle sue contraddizioni smarrendo sempre di più se stesso. Riuscirà ad affrancarsi soltanto… questo non te lo dico, lo scoprirai guardando il film.
Come è nata l’idea? Che cosa volevate raccontare?
La protagonista di un film che ho visto da ragazzo diceva: “Un uomo deve essere forte per poter essere amato, e debole per amare”. È drammaticamente vero, e orribilmente difficile. Ma fosse solo questo: le richieste che la società fa agli uomini sono sempre più contraddittorie sotto ogni aspetto, la crisi del ruolo maschile è un fatto consolidato. In questa tempesta ogni uomo si barcamena alla meglio, cercando di comporre le incoerenze alla ricerca di un introvabile equilibrio. Noi abbiamo cercato di dar voce a uno spicchio di questa realtà raccontando la crisi di un uomo attraverso il suo rapporto con la controparte, l’universo femminile.
Hai scritto anche Anche libero va bene, il film di esordio alla regia di Kim Rossi Stuart. Quanto importante è la collaborazione stretta tra sceneggiatore e regista? Com’è andata questa seconda esperienza?
Lavorare con Kim è un vero piacere: vorrei avere alcune ore per spiegare con chiarezza quanto lo stimi come persona, sceneggiatore, regista e attore. Un motivo su tutti: quando hai un’opinione diversa dalla sua, Kim ti ascolta davvero, senti che per lui la tua opinione è preziosa, ci riflette finché non ha capito davvero il tuo punto di vista e mette sinceramente in discussione il suo. Il suo approccio al racconto è più emotivo, mentre il mio è più razionale; questo, nella stesura di Anche libero va bene, ci era costato non pochi confronti. In questo secondo lavoro, forti dell’esperienza precedente, siamo riusciti a sfruttare meglio questa differenza come un vantaggio, integrando reciprocamente i punti di vista. Lavorando con Kim, che nella scrittura conserva sempre vivo l’occhio del regista e la sensibilità dell’attore, riuscivo a vedere più nitidamente del solito ogni scena, mentre la scrivevamo. Quando, terminata l’ultima stesura, ho abbandonato la sceneggiatura nelle sue mani, mi sono reso conto di avere un vantaggio che, come sceneggiatore, mi capita raramente: sapevo per certo che il regista avrebbe girato davvero il film che avevamo scritto.
Quali sono secondo te i punti di forza di questa sceneggiatura?
L’universalità. Sembra una storia molto specifica e peculiare, ma la crisi che racconta attraversa, secondo me, tutti gli uomini che si confrontano con ciò che li circonda. Nelle fragilità, nelle incertezze, nelle contraddizioni di Tommaso io mi riconosco profondamente, e penso che ogni maschio possa ritrovare le proprie, magari espresse diversamente, magari vissute in un altro modo, ma essenzialmente le stesse.
Ti sei, o vi siete, ispirato a qualche modello?
Per Anche libero va bene posso dire senza esitare che il meraviglioso Truffaut è stato la nostra stella polare; per Tommaso, però, devo confessare che non abbiamo trovato un modello altrettanto pregnante. In una riserva mentale io tenevo sempre da parte la trilogia di Woody Allen, ma questo a Kim non l’ho mai confessato…
Qual è la tua scena preferita del film, quella che reputi più bella?
Forse non è la più bella, ma è una scena a cui sono molto affezionato: la goffaggine, la costante inadeguatezza di Tommaso sono state per me le cose più dolci da raccontare, quelle che davvero mi hanno fatto amare questo personaggio.
97. PIAZZA GIARDINETTO. EST. GIORNO
Tommaso, ai giardini pubblici, individua con lo sguardo la ragazza col chihuahua. È incerto, gli costa un grande sforzo, addirittura trema, ma infine si decide. Si avvicina.
<Tommaso>
Ciao.
Lei sorride. Lui le porge un pacchetto.
…(con discrezione) Caramella?
Hai pensato ad un pubblico a cui rivolgerti quando hai scritto il film?
Spero di aver scritto con Kim un film nel quale molti uomini potranno riconoscersi, ritrovare le proprie incertezze, scoprire che appartengono a tutti. Ciononostante, mentre lavoravamo alla sceneggiatura, mi sentivo come se stessi raccontando la storia a un’amica. Mi ci è voluto un po’, poi ho capito perché: sinceramente vorrei che questo film potesse dischiudere all’universo femminile le difficoltà di chi vive il ruolo maschile. Nessuno può, meglio delle donne, aiutare gli uomini a reinventare questo ruolo, a trovare un sentiero praticabile tra contraddizioni impossibili. Abbiamo bisogno del loro sostegno.
Quanto è cambiato il copione sul set, rispetto allo script? E cosa ha indotto i cambiamenti?
Sul set, a parte qualche taglio di poco conto, il copione è rimasto immutato: è il vantaggio di scrivere con il regista… Le modifiche più significative sono avvenute in montaggio: in sceneggiatura avevamo pensato di poter raccontare la crisi di Tommaso in maniera molto ricca e ampia; la narrazione per immagini risultava però dispersiva anziché ricca. Marco Spoletini e Kim l’hanno capito subito, e alcuni tagli drastici hanno fatto molto bene al racconto, migliorandone il fuoco.
Sei stato presente sul set? I cambiamenti sono stati concordati con te?
Un privilegio del fatto di lavorare con Kim è che lui ha sempre voluto il mio parere ogni volta che la sceneggiatura è stata modificata, sia in produzione sia in post-produzione. In molti casi i miei orari difficili gli hanno complicato la giornata, ma lui è sempre riuscito a trovare il modo di organizzarmi una proiezione o di condividere un’ipotesi di lavoro. Sinceramente, è stato in grado di farmi essere parte del processo creativo del film anche nelle parti che non mi coinvolgevano direttamente.
Per lungo tempo in Italia gli sceneggiatori sono stati una categoria molto poco tutelata e riconosciuta. Che cosa ne pensi?
Io ho imparato quello che so di questo mestiere in Italia, frequentando scuole italiane e dagli sceneggiatori italiani con cui ho avuto la fortuna e il privilegio di collaborare. È un mondo ricco, pieno di persone generose e grandi professionisti. Quello che, sinceramente, mi rammarica di più, è che questo patrimonio prezioso, come altri nel nostro paese, spesso sia misconosciuto quando non negletto, quando basterebbe davvero poco per trasformarlo in un tesoro culturale che possa arricchire tutti.
Che cosa pensi della situazione del cinema italiano di questi anni?
Malgrado tutto sono ottimista. Negli ultimi anni ho visto tante belle opere, storie raccontate in modo sapiente, intelligente, coinvolgente; mi hanno colpito molti tentativi di reinterpretare “a modo nostro” generi e spazi narrativi che fino a poco tempo fa erano del tutto estranei alla nostra cultura. Insomma, mi sembra di cogliere i segnali di una importante evoluzione in cui il nostro cinema dimostra di essere una creatura ancora viva e pimpante.
Diritto d’autore: ti senti tutelato? Che cosa cambieresti?
La storia del diritto d’autore in Italia è lunga e complessa. Per un lungo periodo le cose sono rimaste ferme di fronte a un mondo in continua evoluzione. Di recente però, come sappiamo, si è formato un diffuso e sempre più vasto movimento sull’argomento, e alcune cose sono mutate. Sinceramente, più che dal diritto d’autore in sé, mi sento tutelato dal fatto che le cose stanno cambiando, e che tante autrici e autori italiani hanno cominciato a confrontarsi e a lavorare insieme per costruire un futuro diverso.
(intervista a cura di Vinicio Canton)