Sono parecchi i motivi per andare a vedere Mine, il primo lungometraggio di Guaglianone e Resinaro o Fabio e Fabio, come si firmano nei titoli di testa. La pellicola è girata da due giovani italiani che raccontano una storia americana con protagonista un famoso attore americano (Armie Hammer) ed è prodotta da The Safran Company, una casa di produzione britannica; la commistione di nazionalità era una sfida e gli autori l’hanno superata bene.
Il problema più grande è relativo all’acerbità degli autori che, in qualche scena, non riescono ad esprimere al massimo le potenzialità di un film più filosofico di quanto suggeriscano titolo e locandina.
Un Marine, dopo una missione andata male, cerca di tornare al villaggio più vicino per rifornisi di acqua e provviste. A circa un’ora di cammino dal villaggio, si ritrova con un piede sopra una mini anti-uomo, conscio che se si alzerà, la mina esploderà e lo ucciderà. Dopo aver parlato con altri marine, scopre che, per causa di forza maggiore, dovrà restare ad aspettarli per circa 50 ore.
Se ci limitassimo a vedere Mine come un survival movie, in stile 127 ore, resteremmo ampiamente delusi; se lo pensassimo solo come un survival movie, penseremmo a Mine come una brutta copia del film di Boyle e Franco.
Si sente poco la sfida fra uomo e natura e in un ambiente impervio e duro come il deserto, specialmente quando la notte, gli animali e le tempeste assalgono gli uomini, questo può essere un grande problema. Lo spettatore non si sente così partecipe della sofferenza fisica del protagonista, disidratato ed affamato per più di due giorni, con i cani e le tempeste di sabbia che lo attaccano senza pietà; purtroppo la sua condizione di immobilità viene sfruttata poco e male, tanto nei momenti in cui deve prendere degli oggetti lontani, quanto nei suddetti attacchi notturni degli animali del deserto, girati in modo frettoloso e confuso, privi di quella suspence e paura che un film del genere deve suscitare.
L’altro guaio è la prima parte del film, decisamente troppo lunga e poco al servizio del resto. Ci racconta poco e quello che c’è di più importante lo impariamo dopo, durante il corpo centralle e il finale (ottimo) del film.
Kubrick diceva che il pubblico ha una resistenza massima di venticinque minuti. Se, scoccato l’ultimo minuto, il film non li ha ancora conquistati, allora si annoieranno e lo disprezzeranno.
Ma con Mine dobbiamo andare oltre. Non si tratta solo di sopravvivenza. Il film vuole raccontare anche l’umanità, in un certo senso, timorosa della morte e di andare avanti.
C’è un uomo, che parla poco, con la barba, che saltella nel campo minato e va a parlare con Armie Hammer. Un berbero, scalzo, che conosce il campo minato e sa come evitare le bombe. Lo vediamo portare per due volte l’acqua al protagonista, parlare con lui, confessarlo, raccontargli la sua vita. Ci chiediamo, allora, chi sia questo berbero. Esiste davvero? Perché aiuta il protagonista? Perché se conosce così bene le bombe non lo tira fuori da quel guaio? Perché non lo salva?
Fabio e Fabio lavorano benissimo su questo personaggio, anonimo, di poche parole, saggio, generoso e meschino allo stesso tempo. Un diavolo tentatore che cerca di convincere il protagonista ad andare avanti, sempre avanti, come fanno i berberi, perché loro sono “liberi”.
Questa è la cosa che rende Mine un film estremamente interessante. L’uomo sfida la sua natura interna, se stesso, dubita delle possibilità e si affida alla resilienza del Marine, del soldato in missione che deve tornare a casa. I motivi per cui lo deve fare non sono originalissimi, ma non importa. I clichè passano in secondo piano, servono per mettere in moto il tema centrale del film, per raccontare un viaggio, alle volte allucinatorio e lisergico, fra i ricordi di infanzia e le possibilità di futuro.
Quello che accade dentro viene rappresentato egregiamente, mentre i problemi, già citati, si ritrovano in ciò che accade all’esterno. Da buoni italiani, capaci di creare cinema, se la cavano meglio coi sentimenti che con l’azione. Meglio così.
Mine è un film di cui si deve andare comunque orgogliosi; accontenta gli spettatori più esigenti e fare bene al botteghino contemporaneamente. Cosa rara e preziosa. Bravi Fabio e Fabio.
La recensione di Mine: più di un survival movie
Fabio Guaglianone e Fabio Resinaro dirigono un'interessante pellicola inglese che ha per protagonista l'americano Armie Hammer.