Eeny, meeny, miny, moe catch a tiger by the toe
if he hollers let him go, eeny, meeny, miny, moe…
Parliamone.
Dopo mesi di attesa, di polemiche, di appostamenti sul set, dopo che è stata girata la morte di ogni componente del gruppo, The Walking Dead è tornata. O forse è il caso di sottolineare che Negan è tornato.
Le critiche per il finale della scorsa stagione sono piovute in rete pochi istanti dopo la messa in onda: c’era gente che minacciava di non seguire più la serie, chi sperava che Lucille, l’amata mazza filospinata di Negan, colpisse gli sceneggiatori e risparmiasse il cast, chi – ancora – riversava la propria delusione sulle mamme degli autori e chi, come me, si augurava che l’estate raffreddasse, almeno in parte, la potentissima scena di chiusura della sesta stagione. Chiamatelo trucchetto da sceneggiatori, chiamatelo cliffhanger o come accidenti vi pare: arrabbiati o meno per quel finale, davanti a Negan, in ginocchio come Rick, ci siamo tornati tutti. E se anche l’estate aveva alleggerito un po’ quel senso di lutto preventivo che abbiamo provato al cospetto di Lucille, sono bastate poche folli parole di un magnifico Jeffrey Dean Morgan per farci ripiombare in quell’ansia che comincia a giustificare, alla voce The Walking Dead su Wikipedia, la presenza della categoria horror.
Si è speculato tanto su chi potesse essere la vittima di Negan che nei nostri film mentali abbiamo già visto la morte di tutti. Eppure quei geni del male degli autori hanno trovato, in quaranta minuti di episodio, il modo di sorprenderci comunque.
Andrew Lincoln, nei panni di Rick, è semplicemente straordinario, e il suo affiatamento con Jeffrey Dean Morgan è un gioiello per una serie che, a fine stagione, toccherà la puntata numero 99.
I più critici troveranno almeno un’incongruenza in questo episodio, qualcuno si lamenterà del fatto che non c’è quasi nessun vagante, ma in linea di massima credo che The Walking Dead abbia perso gli spettatori molesti durante la (noiosa) quarta stagione, quella in cui Rick si diverte a fare il fattore e va in giro disarmato; chi è rimasto fin qui ha capito che non sono gli zombie il punto del racconto. I non-morti rendono palese la precarietà della vita e, probabilmente, un’innata propensione degli umani ad essere pericolosi; raccontano che anche un fratello che si sacrifica per salvarti – come Merle Dixon – può trasformarsi in un pericolo.
Il male che Rick e il suo gruppo hanno affrontato fino ad ora si è innalzato sempre più di livello: i vaganti, Shane, il Governatore, Garreth, i Lupi e ora i Salvatori. Un nome biblico, come d’altronde estremamente biblico è il loro capo. Negan agisce come il Dio crudele dell’antico testamento, quello che detta legge senza spiegarla e che punisce l’intera umanità con un diluvio universale, che manda i propri angeli della morte ad azzerare intere comunità come Sodoma e Gomorra, quello che chiede ad Abramo di sacrificare il proprio figlio Isacco. C’è Jesus, da qualche parte a Hilltop, e King Ezekiel che aspetta di entrare in scena.
A questo punto della storia è necessario ricordare bene il finale della seconda stagione: dopo la fuga dalla fattoria Rick raduna il gruppo e, al cospetto di una gigantesca luna piena pronuncia il proprio discorso di insediamento a capo di quel branco dicendo “This isn’t a democracy anymore”, questa non è più una democrazia. Rick è un leader che si assume la responsabilità di tenere in vita ogni singolo elemento del branco, un lupo alfa che, in quanto tale, non può non ululare la propria autoproclamazione sotto la luna piena. Da uomo di legge che non uccide i vivi arriva ad essere capace di ammazzare un uomo con un morso alla gola. Con la prima puntata di questa settima stagione, però, le carte in tavola cambiano completamente. La vita del gruppo è ancora nelle mani di Rick, ma in maniera totalmente diversa: per proteggerli deve essere servile, silenzioso, impaurito. Deve stare in ginocchio. Ce la farà davvero? Io consiglio di prepararci emotivamente, perché di fronte a Lucille tutti sembrano avere una data di scadenza.
Rick e Negan, follia a parte, sono profondamente simili, ed è così che si costruisce un antagonista. Più è spaventoso, più è difficile da sconfiggere, e più eroiche saranno le gesta di chi lo affronta. Rick e Negan sono due facce della stessa medaglia: per rimanere a capo delle loro rispettive comunità devono uccidere; Rick lo fa per proteggere il gruppo, Negan per mantenere alto il livello di paura e quindi di rispetto. Nella sesta stagione noi spettatori abbiamo giustificato il massacro dei Salvatori durante il sonno perché siamo con il gruppo di Rick fin dall’inizio di questa apocalisse, ma se fossimo stati con i Salvatori avremmo visto semplicemente degli assassini spietati.
Non vi diremo chi viene ucciso da Negan, magari qualcuno ancora è riuscito a stare alla larga dagli spoiler, ma quel che vi possiamo dire è che tutti i sopravvissuti hanno dei validissimi motivi per essere divorati dai sensi di colpa. Come aveva già profetizzato Rick chiuso in quel fienile poco prima di arrivare ad Alexandria, ora sono loro i morti che camminano.