Gioivano i due programmatori depressi de l’Estensione del dominio della lotta di Michel Houllebecq a Vandea, in discoteca, mentre guardavano agitarsi i corpi dei giovani francesi nella discoteca. In mezzo alla musica e nel buio anche il depresso e ninfomane Tisserand vedeva una possibilità di una conquista, rapida e senza legami; un amplesso da consumare prima di tornare alla sua vuota vita di solitario programmatore informatico. Gli autori di Black Mirror, tramite la città fittizia di San Junipero, che si compone di soli clubs e discoteche, vogliono raccontarci un topos dell’era moderna: la fugacità di rapporti, poco profondi e legati al sesso, che accadono, come si dicono spesso tra di loro i protagonisti, solo di sabato sera.
Yorkie (Mackenzie Davis) è una giovane e bella ragazza, timida e impacciata, vestita male e con una scarsa familiarità nelle relazioni. La vediamo apparire a San Junipero, una città fatta di luci e discoteche, simile alla psichedelica metropoli di Enter the void; entra al “Tucker’s”, un locale con musica anni ‘80, flipper, giochi arcade come Supermario e Pac-man e intravede la possibilità di conoscere qualcuno, proprio come il Tisserand di Houllebecq. Per caso, allora, si imbatterà in Kelly (Gugu Mbatha-Raw), una ragazza, giovane e bella come lei, ma più pratica del mondo della notte. Tra le due nascerà un rapporto di amicizia e amore che si consumerà soltanto il sabato sera, fino al classico colpo di scena in tipico stile Black Mirror, con il quale verremo a conoscenza del quadro completo.
Quello che sorprende è che la struttura, il canovaccio di Black Mirror, ormai consolidato nelle tre stagioni, sia così pronto ad adattarsi ad ogni episodio. San Junipero è un episodio diverso dagli altri. Non parte dal futuro ma dal passato, raccontando la nostalgia di una generazione che in fondo non era così diversa da quella attuale. Se è vero, infatti, che oggi viene recriminato a molti di usare troppo gli smartphones e di farlo in luoghi in cui dovrebbero socializzare, come le discoteche, è vero anche che negli anni ‘80 si giocava a flipper e a Pac-man nei club, isolandosi dagli altri e chi ci sapeva fare “vinceva” trenta anni fa come vince oggi. Viene in mente Mark Renton che si dispera perchè Sick Boy e Begbie si portano a casa una o più donne dalla discoteca mentre lui è costretto ad assumere varie droghe per poter passare la serata.
Per sviluppare la storia, Charlie Booker preferisce fare affidamento alla musica, diegetica ed extra-diegetica, inserendo pezzi come Girlfriend in Coma degli Smiths, Living in a Box dell’omonimo gruppo, Don’t you (forget about me) e Something against you dei Pixies e Heaven is a Place On Earth di Belinda Castle, tutti connessi alla storia e autentiche voci fuori campo. Butta nella storia un Club maledetto, il “Quagmire”, che viene raccontato dai personaggi come un luogo mistico, un tempio della perdizione e dell’alienazione, tipo il Paranoid Park del film di Van Sant, per il quale, come dice il protagonista “Nessuno è mai pronto” o una delle discoteche malfamate de Noi, I ragazzi dello Zoo di Berlino. L’autore ci disorienta sempre, ci spinge a crede che questo club sia il fulcro della storia, il luogo in cui avverrà il “Plot-twist” che ci si attende in un episodio di Black Mirror.
In pochi anni la serie ha stabilito un canone estetico e filosofico. Lo schema Black Mirror funziona anche con un episodio che sembra così estraneo alla serie eppure può essere facilmente considerato come il migliore della terza stagione.
Un mucchio di Cenerentole e Cenerentoli che devono sempre tornare a casa a mezzanotte si incrociano, solo il sabato sera, in una città che potrebbe essere nata dalla fantasia di Gaspar Noè e cercano, come Tisserand, un po’ di felicità e rivincita dalle vite grigie e monotone che stanno vivendo. Forse.