Susan (Amy Adams) è una gallerista che affronta un periodo di ristrettezze economiche, ma considerato che nella sua villa da rivista trovano posto un Koons e un Hirst, non è proprio sul lastrico. Un ventennio prima era sposata con Tony (Jake Gyllenhaal), uno scrittore dal carattere fragile ma dai sentimenti sinceri; più o meno l’opposto del suo attuale compagno, per cui l’aveva spietatamente lasciato allora e che adesso si rivela un algido e carismatico traditore. Tony, a due decenni di distanza, torna a farsi vivo in modo del tutto inaspettato: fa recapitare alla ex moglie il manoscritto del suo ultimo libro, a lei dedicato e da lei ispirato.
La pellicola è tutta incentrata sulla lettura del testo da parte della donna, che si svolge come un film nel film. Gli inquietanti eventi del libro – un thriller – si svolgono in un montaggio parallelo, che lascia al contesto di partenza lo spazio di piccole parentesi tese principalmente a dipingere il profondo turbamento di Susan. La donna infatti, provata da un momento delicato della propria vita, ha paura di capire quale sia il reale scopo di quel ‘regalo’, ed è proprio questo non detto ad essere la vera anima del film.
IN ANIMALI NOTTURNI TOM FORD RICERCA LA ‘PERFEZIONE SARTORIALE’
In Animali Notturni è evidente che anche se i tempi di Gucci e YSL sono ormai lontani, Tom Ford non ha affatto interrotto la sua ricerca estetica, e sulla celluloide continua il percorso già esplorato come stilista. Il suo nuovo lavoro trasuda in ogni dettaglio una consapevolezza realizzativa che suggerirebbe un’esperienza ben superiore a quella realmente maturata dal regista, qui alla seconda opera. Il film è cinematograficamente bellissimo.
Dai movimenti di macchina alle scelte compositive, dalla ricorrenza di temi visivi (si pensi al nudo, costatogli già aspre critiche per le campagne del suo passato nella fashion industry) all’eleganza del montaggio (opera di quella Joan Sobel che si è fatta le ossa come primo assistente all’editing con Paul Thomas Anderson e Tarantino), Animali Notturni è uno di quei film che di certo non passano inosservati e che, con la loro identità fortissima, si insidiano nell’immaginario dello spettatore più di quanto non si ci si potrebbe aspettare alla prima visione.
L’IMPORTANZA DI UN CAST TECNICO D’ECCELLENZA
L’ambientazione riflette tanto l’alta borghesia patinata decisamente familiare a Ford quanto la crudezza e la realtà della ‘vita vera’, quella che il regista dimostra con le proprie opere di non aver affatto scordato. I dettagli e le scelte coraggiose ma misurate poi contribuiscono, come accadrebbe con un abito, a fare la differenza. Si pensi agli scioccanti e meravigliosi titoli di testa, la cui pretestuosità è irrilevante davanti alla forza figurativa con cui accolgono lo spettatore. O al riuscitissimo commento musicale, incalzante ma mai invasivo, che ricorda non poco quello della serie Showtime Penny Dreadful (il compositore, indovinate un po’, è lo stesso: il polacco Abel Korzeniowski). E ancora, come non ammirare le luci impeccabili di Seamus McGarvey (direttore della fotografia anche in Avengers), che dividono come rasoi il glam di Amy Adams dalla spontaneità di Jake Gyllenhaal, e nel rapido nudo perfetto della figlia della protagonista regalano un’estasi artistica prorompente?
Ford ha un talento vero e profondo e si circonda di collaboratori di altissimo livello. E, se credete che riesca a brillare solo nella scelta di confezionare un film in modo molto ruffiano e al contempo sofisticato, sappiate che non è così: c’è anche tanta sostanza, come salta all’occhio nelle scene d’azione magnificamente girate.
ATMOSFERE CANGIANTI PER IL DIFFICILE ADATTAMENTO DEL LIBRO TONY & SUSAN
C’è solo un aspetto, tutt’altro che secondario, che non convince del tutto in Animali Notturni, ed è la sceneggiatura. Tom Ford fa troppo affidamento su se stesso e decide di sobbarcarsi da solo anche l’onere di adattare il difficile soggetto di Austin Wright (il romanzo Tony & Susan, che è direttamente colpevole di uno dei passaggi meno convincenti del finale), ma se uno sceneggiatore di maggiore esperienza l’avesse quantomeno affiancato, il film non avrebbe potuto che giovarne, magari sfiorando la perfezione.
Alla fine della pellicola il parallelismo tra l’esperienza di vita dello scrittore e quello del suo personaggio sarà comunque evidente – seppur non esplicito – ma l’insistito senso di pericolo che vorrebbe suggerirci la narrazione, quello per il quale Susan dovrebbe sentirsi minacciata dalle pagine inviatele, rimane quasi tutto nelle intenzioni del cineasta, dato che sullo schermo ne troviamo appena traccia. Non sappiamo quanto sia una scelta volontaria o meno, ma il pathos che ci aspetteremmo di trovare nella pellicola rimane sotto traccia, e cede progressivamente il posto a un sentimento molto più subdolo che si muove dalle parti del rimpianto e dell’impotenza. Scelta brillante e apprezzabilissima, ma gestita in modo perfettibile.
In conclusione Animali Notturni è un lavoro di grandissimo impatto e qualità (d’altronde ha vinto il Gran Premio della Giuria alla 73a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia) che per la sua stessa natura lascerà un sapore indefinibile e non troppo piacevole sul palato di un grande pubblico abituato ad atmosfere meno sofisticate. Ma l’opera è straordinaria e una seconda visione lo conferma senza dubbio, aiutando a coglierne gli aspetti più simbolici. D’altronde l’essenza della vita e della seduzione risiede proprio nei contorni indefiniti.