Sono poche le certezze nella vita. Tra queste c’è il fatto che in Italia, ogni qual volta un comico televisivo superi una certa soglia di successo, ci sia qualche produttore pronto a monetizzare il consenso portando quegli sketch sul grande schermo. Se questa premessa generalmente ci ha garantito alcune delle peggiori pellicole di cui il sottoscritto abbia memoria, è pur vero che molte di queste fortunatamente tendono presto a cadere in un imperscrutabile oblio.
È troppo presto per dire se tra un paio d’anni ci ricorderemo di Quel Bravo Ragazzo, ma quel che è certo è che il film supera di gran lunga le aspettative che è lecito avere da un prodotto di questo tipo e che, a dispetto dell’insulsa accozzaglia di gag che avrebbe potuto essere, si rivela invece una commedia degli equivoci a tratti ottimamente costruita, ben scritta e con comprimari di altissimo livello.
La storia è sviluppata da un soggetto del giovane esordiente Ciro Zecca ed è incentrata su Leone (Herbert Ballerina, al secolo Luigi Luciano), il figlio esasperatamene tardo di un potentissimo boss mafioso che, alla morte del padre, si ritrova suo malgrado a ereditarne l’impero. Aiutato e al contempo osteggiato dal ‘consigliori’ del padre (Antonino ‘Ninni’ Bruschetta) e da due sgherri (Enrico Lo Verso e Tony Sperandeo), dovrà presto imparare a guidare una tentacolare organizzazione criminale in cui – nel suo stolido candore – non vede nulla di male, mentre la bellissima poliziotta Sonia (Daniela Virgilio, la Patrizia di Romanzo Criminale – La Serie) cercherà di entrare nelle sue grazie allo scopo di estorcergli quante più informazioni possibili.
Herbert Ballerina, fino ad ora noto al massimo come “l’uomo che usciva la gente” o come Fernandello nella serie Infinity Mariottide, al suo primo inaspettato ruolo da protagonista ripropone nella parlata e nella prossemica la maschera che l’ha reso noto sul web nei video di Maccio Capatonda (che ha un cameo nella pellicola insieme a Ivo Avido) ma, pur con i suoi evidenti limiti, si rivela perfettamente in grado di reggere sulle proprie spalle una pellicola vera e propria.
Infatti Luigi Luciano/Herbert Ballerina, che contribuisce anche allo script, è tanto a suo agio nella parte da essere spiazzante, e se dovessimo cercare una chiave di lettura al suo approccio alla recitazione lo potremmo probabilmente trovare – con i dovuti distinguo – nel grande teatro napoletano, nei confronti del quale Luciano si dichiara debitore. L’ottimo cast principale è coadiuvato da nomi eccellenti anche nei ruoli minori (Jordi Mollà ed Ernesto Mahieux, per dirne un paio) e, pescando tra gli interpreti di alcune delle più importanti pellicole drammatiche sul tema mafia, conferisce un’inaspettata solidità a questa commedia a tratti demenziale e al contempo sembra voler ricordare la serietà dell’argomento in un film che di certo non ambisce ad essere di denuncia. La pellicola infatti, pur essendo tutt’altro che politically correct, riesce a trovare un tono perfetto nel rifuggire la mitizzazione del contesto mafioso e nel sottolinearne anzi la profonda immoralità.
Il regista Enrico Lando (dietro la macchina da presa nei passaggi sul piccolo e sul grande schermo degli indigeribili Soliti Idioti) contribuisce anche lui allo script e si dimostra perfettamente a proprio agio col materiale, con movimenti di macchina ben ponderati e una ricerca estetica tutt’altro che scontata per un film del genere, che trova nelle luci e nel setting caravaggesco del finale una soluzione climatica forse un po’ troppo teatrale ma perfettamente funzionante. La scelta di ricorrere frequentemente al flashback e a un montaggio alternato per inserire gli sketch più televisivi di Luciano si dimostra particolarmente efficace, anche se alcune delle soluzioni proposte affossano improvvisamente il lavoro riportandolo al trash web/televisivo (la luce irradiata da un assegno o l’effetto sonoro su dei pantaloni che calano) e la scelta indugiare troppo su alcune scene (il gioco dei versi durante il viaggio in macchina) denuncia un controllo non perfetto del ritmo.
In ogni caso a lui va riconosciuto il merito principale di aver saputo guidare l’umorismo nonsense di Luciano verso la comedy of errors, e aver confezionato un film che, pur essendo a tratti decisamente demenziale e di modestissima ambizione, sa anche sorprendere, offrire una comicità molto ben scritta e far ridere di gusto.