Un’imbarcazione è in balia delle onde. Sul ponte si intravedono due persone. In alto, nel cielo, un angelo osserva la tempesta sotto di sé. Non è una vera e propria scena, ma il dipinto che apre Marie et les Naufragés, la commedia (romantica) scritta e diretta da Sébastien Betbeder, regista francese che porta questo suo ultimo lavoro in Festa Mobile, al Torino Film Festival.
Parigi, oggi. Siméon (Pierre Rochefort, che abbiamo visto nella serie tv Les Revenants) è solo in un locale e un tizio, uno sconosciuto, gli offre da bere. Insieme brindano al fallimento e cantano al karaoke. A fine serata, all’uscita del locale, così come si sono incrociate, le loro strade si dividono. Amici per una serata, sanno che non si vedranno mai più. Tornando a casa Siméon trova un portafoglio a terra, lo apre e tira fuori il documento d’identità di una ragazza. Una certa Marie. È a questo punto che Siméon guarda in macchina e, parlando direttamente allo spettatore, si presenta; racconta qualche evento che ha caratterizzato la sua infanzia e poi l’adolescenza. Soprattutto, parla delle donne della sua vita, è un inguaribile innamorato. Ora è un trentenne che recentemente ha perso se non tutto, quasi. Separato dalla propria compagna (con la quale ha avuto una figlia) e disoccupato da pochissimo, ha deciso di prendere un appartamento in condivisione con il suo migliore amico Oscar (un adorabile Damien Chapelle). Di Oscar sappiamo una cosa sola, ma piuttosto rilevante: è sonnambulo. Nonostante le batoste, Siméon è una di quelle persone che continua a sperare di trovare l’amore, o almeno di non rimanere da solo. Com’è ovvio, vuole restituire il portafoglio a Marie. Cercandola trova però il suo ex, Antoine (Éric Cantona), uno scrittore in crisi che si raccomanda con Siméon di stare alla larga da Marie, è pericolosa. Anche Antoine guarda in macchina e si racconta, e attraverso il suo punto di vista cominciamo a conoscere anche Marie (Vimala Pons, che sembra essere in un momento favorevole per i propri ingaggi, dato che l’abbiamo vista al TFF 2016 anche con La loi de la jungle e Elle).
Non c’è bisogno di essere professionisti del racconto per capire che Siméon delle raccomandazioni di Antoine non se ne fa nulla, anzi, più l’uomo gli dice che Marie è pericolosa, più Siméon desidera incontrarla, conoscerla. Al punto che, sbolognata la faccenda del portafoglio, decide di seguirla, innescando uno spassoso gioco di pedinamenti che porterà Siméon, Antoine e addirittura Oscar fino all’isola di Groix, dove Marie (dopo aver usato anche lei lo sguardo in camera per raccontarsi) è andata ad incontrare Cosmo (André Wilms), un attempato signore che si occupa di musica elettronica e consigli di vita.
I personaggi di Sébastien Betbeder sono tutti un po’ naufraghi nelle loro stesse esistenze, ed effettivamente il collante tra loro, in questa piccola porzione della loro vita, è proprio Marie. Naufraga anche lei, in un certo senso.
Betbeder, in modo amaramente ironico, mette in scena trentenni squattrinati in cerca del loro posto nel mondo – e nel cuore di qualcuno – e cinquantenni squattrinati con gli stessi desideri e bisogni dei trentenni di sopra. Come a dire che, forse, non sarà mai meglio di così. Anche lo sconosciuto del karaoke, nella scena di apertura, vive il suo personale naufragio, e offre al regista la possibilità di gettare subito un velo di tristezza che, di tanto in tanto, riemerge durante il film. Una storia tragica a dire il vero, ma condita da un elegante uso della parola e alleggerita dal tono lieve della rassegnazione, che ha fatto divertire molto la sala (al cinema si rideva, si rideva davvero).
Il vero incipit del film si deve rintracciare nel ritrovamento, casuale, del portafoglio di Marie. Il trucco con cui il protagonista entra in contatto con la donna (e quindi, probabilmente, con l’amore) non è dei più originali, ma lo sguardo in camera, i flashback, i dialoghi divertenti, le situazioni paradossali e Oscar (davvero il migliore, secondo me) possono sopperire a quell’iniziale mancanza di novità. Almeno fino all’Ile de Groix. Perché quando lo scalcinato gruppo mette piede sull’isola cambiano i toni e i colori. Viene introdotto un elemento surreale e mistico di cui c’era traccia nell’angelo del quadro iniziale. Forse Betbeder voleva scrivere una commedia romantica diversa dal solito, ma nella seconda metà del film perde il filo del discorso che, fino a quel momento, sembrava padroneggiare bene al punto da farci credere che Siméon sia un tipetto tenero, e non un pazzo che si apposta sotto casa di una ragazza e la segue di nascosto per quasi seicento chilometri.
Il pezzo forte del film è il personaggio di Oscar e l’interpretazione che Damien Chapelle ne fa. Il suo piccolo naufragio è stato scoprire da adulto il proprio sonnambulismo, con tutte le conseguenze emotive che questo può comportare. In primis, la paura di dormire, raccontata da Betbeder in maniera molto divertente. Tirando le somme Marie et le Naufragés può dividersi in due film: il primo, leggero e divertente e il secondo più critico e macchinoso. Ma comunque da vedere e rivedere.
TFF34 – Marie et les Naufragés: la recensione in anteprima
Dalla Francia arriva alla sezione Festa Mobile di Torino una divertente commedia diretta da Sébastien Betbeder.