Non è dato sapere se il denaro possa comprare la felicità, ma quel che è certo è che c’è un prezzo da pagare per tutto, come ci ricorda la straordinaria pellicola cinese The Donor (Juan Zeng Zhe), vincitrice della 34a edizione del Torino Film Festival. Il regista cinese Qiwu Zang presenta un dramma costruito sui rapporti di classe e le disparità economiche, che ci restituisce un aspro confronto tra ricchezza e povertà mai così attuale come nella Cina degli ultimi decenni. Protagoniste, nella Shangai contemporanea, due famiglie che si trovano in posizioni opposte nella scala sociale: la famiglia indigente composta da Yang Ba (Ni Dahong), sua moglie e il loro figlio studente, e quella facoltosa dell’uomo d’affari Li Daguo (Qi Dao).
Yang Ba, vittima della disoccupazione di massa, riceve pochi clienti nella sua baracca e a stento può sostentare i suoi. Per pagare gli studi del figlio e riscattare lo scontento della moglie, l’unica soluzione è quella di trovare un altro impiego. L’occasione propizia si presenta grazie a Li Daguo, alla ricerca di un rene per salvare la vita della sorella Daguo Hui, che soffre di una grave insufficienza patologica. Data la compatibilità, il ricco businessman offre trecentomila yuan a Yang che, in enormi difficoltà economiche, decide di accettare. Tutto però verrà messo in discussione quando il corpo di Daguo Hui rigetterà il nuovo rene, con la famiglia di Yang Ba che verrà nuovamente coinvolta per tentare di salvare la vita della giovane donna. Un climax inarrestabile percorrerà tutta la pellicola fino ai colpi di scena del finale, che coinvolgerà tutti i protagonisti.
Il film, che dal punto di vista stilistico assume coloriture noir, più che concentrarsi sulla donazione dell’organo mira a rappresentare una natura umana intrisa di avidità e brama. Il tema, certamente sensibile nella cultura contemporanea e ad alto rischio di banalizzazione, è invece affrontato da Qiwu Zang con molto equilibrio: ricchezza, povertà, malattia e salute sono rappresentati in tutta la loro forza ma senza ricorrere a ovvietà. Viene mostrato come da ragioni assolutamente legittime si possano scegliere strade sbagliate, baratri di disumanità il cui motore è sempre lui, denaro. Zang non ci presenta buoni o cattivi: non c’è alcuna distinzione morale infatti, e le antitesi vengono dipinte semplicemente come (il)legittime posizioni opposte.
I dialoghi sono limitati all’essenziale, lo svolgimento è di una rara pulizia e la regia è capace di toni straordinariamente intimi, complice l’intensità dei ripetuti primi e primissimi piani. Nonostante non vi sia una ricerca del virtuosismo, nulla è lasciato al caso, che lo scopo sia raccontare i lunghi silenzi e i lenti movimenti di Yang Ba, o lo stato d’animo ben delineato di Daguo Hui. Il sound design è straordinario (evidente l’influenza di Zhang Yimou, con cui Qiwu Zang ha collaborato in diverse occasioni), mentre colpisce l’assenza di una colonna sonora: una scelta imparziale ma mai asettica, mirata a lasciar spazio alla libera interpretazione dello spettatore.
The Donor è dramma di straordinaria efficacia, che mira senza pietismi a concentrare il focus su valori e disvalori della società cinese – altresì universali – e che per farlo si avvale di grandissime interpretazioni. Assolutamente da vedere; non resta che sperare in una distribuzione italiana.
TFF34 – The Donor: la recensione del film vincitore del Torino Film Festival
Il premio di miglior film va a una straordinaria pellicola cinese che riflette sull'avidità e il compromesso.